Riportiamo l’intervista di Carlo Bertini al Costituzionalista Gaetano Azzariti pubblicata su La Stampa del 28 agosto 2023 con il titolo “Il premieranno indebolisce le Camere e le funzioni del Capo dello Stato“. Ringraziamo Azzariti per la riflessione e per averci concesso di condividerla sul nostro sito in questa ideale raccolta di materiali di riflessione e confronto sulla difesa della nostra Carta Costituzionale, nella sua attualità e concretezza.
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«La cosa più saggia sarebbe rafforzare il potere del Parlamento con una riforma in senso monocamerale, associata ad una nuova legge elettorale proporzionale per garantire il pluralismo»: Gaetano Azzariti, costituzionalista di primo piano, smonta il sistema di elezione diretta del premier, «il più ingannevole, che delegittimerebbe il ruolo del capo dello Stato e che in diversi paesi produce una deriva autocratica» e indica quale dovrebbe essere nelle condizioni attuali l’approccio più sensato.
Il premierato trova un ampio fronte favorevole, che rischi comporta con il sistema di voto attuale?
Delle tre forme di governo di elezione diretta, presidenzialismo, semipresidenzialismo e premierato, la terza mi sembra la più ingannevole per due ragioni: in primo luogo perché si fa credere che governare il Paese sia come governare un comune, secondo la formula del “Sindaco d’Italia”; in secondo luogo, si afferma che non si toccano i poteri di garanzia del capo dello Stato, senza tenere presente che le forme di governo sono costruite su delicatissimi equilibri tra poteri. Ed è evidente che se ne rafforzi uno, ne indebolisci un altro. Se al capo dello Stato si sottrae il potere di nomina del presidente del Consiglio, nonché quello di sciogliere le Camere, lo si priva dei due più importanti poteri di interlocuzione col governo e il parlamento».
Si otterrebbe almeno maggiore stabilità dei governi?
«Stabilità granitica, non c’è dubbio. Ma il punto non è tanto rafforzare i poteri del governo, perché gli attuali governi hanno già poteri rilevanti, visto che l’esecutivo ormai ha assorbito tutti i principali poteri del Parlamento, togliendogli la potestà legislativa. Il premierato rafforzerebbe il governo a scapito del capo dello Stato e del Parlamento, quest’ultimo il vero soggetto debole».
Al punto in cui si è arrivati sarebbe possibile restituire alle Camere i poteri dettati dalla Costituzione?
«La crisi del Parlamento ha inizio negli anni ’80 e da allora nessuno sembra voler intervenire per cambiare rotta. Ora, con la riduzione dei parlamentari, ha anche difficoltà di funzionamento: non si riescono neppure a riunire le commissioni parlamentari. Una maggioranza e un’opposizione consapevoli dovrebbero porsi entrambe il problema delle riforme per far funzionare al meglio le Camere. Oggi, ad esempio, si registra una distorsione fortissima, che si traduce in un monocameralismo di fatto: con l’esame alternato delle leggi in una Camera mentre l’altra timbra i testi votando la fiducia. Auspico un ritorno allo spirito della Costituzione, con riforme significative: dal monocameralismo di fatto, si passi ad una riforma monocamerale, ma con un sistema proporzionale per restituire centralità all’organo della rappresentanza».
Servirebbe anche la modifica dei regolamenti che non si riesce a fare alla Camera?
«Certo, non solo la modifica dei regolamenti, ma anche un cambiamento di mentalità che sia espressione di volontà politica. Oggi è venuto il tempo di tornare a far discutere i parlamenti. Fa impressione che la discussione del salario minimo avvenga al Cnel, su indicazione del governo, fuori dal Parlamento: una scelta politica, che segnala una sfiducia nei confronti della via maestra».
E come tutelare il ruolo del capo dello Stato?
«Con il premierato avremmo un presidente dimidiato nei poteri e con minore leggitimazione, a fronte di un capo del governo iperlegittimato, il che dovrebbe far riflettere. E in futuro non basterebbe più la cosiddetta moral suasion del Presidente. Mi chiedo se ci possiamo permettere in Italia una tale debolezza del Quirinale. Le forme di governo ad elezione diretta hanno funzionato bene solo alla condizione di avere contropoteri molto forti, com’è negli Usa, almeno fino a quando è stato forte il potere del congresso rispetto al Presidente. In altri casi, si registrano invece risvolti inquientanti, altri presidenti eletti sono alla base di forme presidenziali che poi degenerano in autocrazia, quando c’è una concentrazione di poteri nelle mani di uno solo. Quindi se qualcuno vuole rafforzare il governo, dovrebbe preoccuparsi prima di rafforzare i contrappesi».
Inoltre queste riforme andrebbero a sovrapporsi alle modifiche di competenze tra stato e regioni introdotte dall’Autonomia differenziata. Non sarebbe troppa carne al fuoco?
«Il non aver introdotto il Senato delle regioni, ha prodotto una super-esposizione del sistema della conferenza Stato-regioni, che svolge funzioni rilevanti senza avere legittimazione costituzionale, il che potrebbe essere una ragione per porsi il problema »
Come si fa a conciliare l’Autonomia con il premierato?
«Invece che pensare come delegare tutte le funzioni possibili alle regioni, sarebbe meglio far partecipare le regioni all’attività dello Stato centrale. Quindi si potrebbe ipotizzare un sistema monocamerale della rappresentanza nazionale eletto con sistema proporzionale e la creazione di un Senato delle regioni con funzioni di raccordo tra l’attività statale e quella territoriale. Potrebbe essere questa una risposta allineata ai nostri tempi e allo spirito della Costituzione: che prevede un regionalismo solidale e compartecipativo e non una riappropriazione delle risorse centrali da parte delle regioni. Va invertito l’approccio attualmente prevalente».