Zitto tu, Parlamento

30 Luglio 2010

Il servizio per il controllo parlamentare della Camera fa le pulci al governo: su sei ministeri finiti sotto la lente, solo due superano la prova del cinquanta per cento di documenti cui è stato dato concreto seguito. I peggiori? Salute e Difesa

Ancora una volta il Servizio per il controllo parlamentare della Camera ha fatto le pulci al governo e al suo modo di (non) rispondere agli “atti di indirizzo e di controllo” proposti dai deputati a questo e a quel ministero ed approvati dall’assemblea. Ne esce ancora una volta un quadro che conferma – come nel caso dei biblici ritardi nelle risposte alle interrogazioni, quando queste più spesso non vengono letteralmente ignorate – il sostanziale non-rispetto dell’esecutivo per il lavoro e l’iniziativa del Parlamento e dei singoli deputati. Preciso la natura di questi atti: sono gli ordini del giorno e le mozioni votati al termine dell’esame di singole leggi e che impegnano (o avrebbero dovuto impegnare: insisto su questo termine, che è regolamentare) il ministro competente per materia ad attuare le indicazioni in essi contenuti. Subito una desolata annotazione: nel giugno scorso “sono state trasmesse al Servizio, da parte dei ministeri competenti, le note relative all’attuazione di 26 ordini del giorno e 2 mozioni (…) Si riscontra pertanto una sensibile diminuzione delle attuazioni: 26 a fronte delle 62 del mese di maggio”. E dire che a giugno ordini del giorno e mozioni approvati sono stati più numerosi del mese precedente. Ma questo è niente, rispetto al confronto steso sui primi due anni di questa legislatura.

Sotto le lenti del Servizio sono questa volta (il rapporto è mensile) sei ministeri. Nella percentuale di attuazione dei documenti approvati dalla Camera dall’inizio della legislatura – dunque appunto nel biennio – due soli dicasteri superano la prova almeno del cinquanta per cento di documenti cui è stato dato concreto seguito. Sono gli Esteri e l’Interno. Alla Farnesina sono stati segnalati 165 atti di indirizzo: le note di attuazione pervenute alla Camera sono 112, pari al 68%, decisamente una buona percentuale. Al Viminale ne erano stati segnalati 229. Note di attuazione pervenute 126, pari al 55%. Poi comincia la frana, cioè un dato percentuale inferiore, anche assai più basso almeno della quota mediana.

Dal ministero del Lavoro sono arrivate 147 note di attuazione, meno della metà (il 48%) degli atti di indirizzo che gli uffici della Camera avevano segnalato a Maurizio Sacconi. Evidentemente costui è troppo impegnato, da mane a sera, nel dichiarare a proposito e a sproposito. Ma il bello è che, sotto Sacconi, in questa significativa graduatoria c’è niente di meno che il massimo teorico dell’efficienza, il nemico pubblico numero uno dei “fannulloni”, il pianificatore dei tornelli Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione. Eppure gli atti d’indirizzo che il Servizio gli aveva segnalato erano appena 69. Niente, solo 31 le risposte, pari al 45%. Non male per il mago dell’efficienza.

Ma, quanto a inefficienza, Renato Brunetta si può consolare: c’è chi sta peggio, assai peggio di lui: Ferruccio Fazio (Salute) e Ignazio La Russa (Difesa). E dire che a Fazio erano stati segnalati appena 91 atti, tra ordini del giorno e mozioni impegnative. Risposte? Solo 15, pari al 16%. Si consoli anche lui: c’è chi fa ancora peggior figura: La Russa, appunto. Ora, come ognun sa, il ministro della Difesa ha molti altri impegni: è nella terna dei coordinatori del Pdl, dichiara a raffica (Sacconi gli fa letteralmente un baffo, il terzo), e trova tempo e modo anche per i night club. Così ben poco tempo gli resta per rispondere ai 279 atti di indirizzo che gli erano stati segnalati. Tant’è che ha spedito solo 42 note di attuazione: il 15%.

Ragioniamo un momento su queste cifre. Tutti i ministeri hanno identici uffici o dipartimenti chiamati a confrontarsi regolarmente con gli uffici dei due rami del Parlamento per le verifiche d’istituto, per le risposte ad interpellanze e interrogazioni, per l’attuazione appunto degli atti di indirizzo, ecc. Se dunque ci sono le differenze abissali tra un dicastero e l’altro, questo può esser dovuto solo in parte a inefficienza: quella che pesa davvero è (siamo alle solite) la volontà politica di confrontarsi con il potere legislativo, di subire costanti verifiche, e soprattutto di voler rispettare davvero gli “impegni” assunti ufficialmente nella sede parlamentare. Ecco, di questa volontà c’è poca o punta traccia. Non è una novità, d’accordo. Ma è bene sottolinearlo ogni volta che se ne presente l’opportunità.

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