Quegli intellettuali contro: così si ribalta la democrazia

02 Apr 2014

Bonsanti: addolorata se il Quirinale dirà sì. Tra gli intellettuali e i giuristi che hanno firmato l’appello di Libertà e Giustizia contro le riforme costituzionali volute dal governo — e che Matteo Renzi, mettendo su una smorfia che è un miscuglio di scherno e di fastidio, definisce «professoroni» — c’è anche Sandra Bonsanti: e poiché alla Bonsanti, scrittrice ed ex deputata progressista, è rimasto intatto l’intuito della grande giornalista, senza cincischiare affrontiamo subito il punto politico che, in queste ore, accende il dibattito. Leggi l’articolo di Marco Revelli sul Manifesto .

Sandra Bonsanti e Gustavo ZagrebelskyBonsanti: addolorata se il Quirinale dirà sì.  Tra gli intellettuali e i giuristi che hanno firmato l’appello di Libertà e Giustizia contro le riforme costituzionali volute dal governo — e che Matteo Renzi, mettendo su una smorfia che è un miscuglio di scherno e di fastidio, definisce «professoroni» — c’è anche Sandra Bonsanti: e poiché alla Bonsanti, scrittrice ed ex deputata progressista, è rimasto intatto l’intuito della grande giornalista, senza cincischiare affrontiamo subito il punto politico che, in queste ore, accende il dibattito.
«Sì, capisco la sorpresa e, davvero, è un dispiacere per me: di là l’arroganza di Renzi e poi anche il capo dello Stato, che si dichiara favorevole a superare il bicameralismo paritario, spingendo, sollecitando il cambiamento, e di qua noi, un gruppo di persone altrettanto perbene e al di fuori di ogni sospetto che invece…».  Un sospetto, in realtà, ci sarebbe: alcuni osservatori ritengono infatti che tra voi ci sia chi si ostini a ostacolare ogni cambiamento quasi per principio.
«Guardi: premesso che tutti, ma proprio tutti, dai politici alla società civile, per arrivare a coloro che fanno informazione, tutti siamo responsabili di aver fatto precipitare il Paese nell’attuale crisi politico-istituzionale, i firmatari di quell’appello di Libertà e Giustizia non sono contrari a modificare la Costituzione per capriccio, ma perché, come ripete spesso Gustavo Zagrebelsky, la Costituzione è quella cosa che i Paesi si danno quando sono sobri, per quando saranno ubriachi. E qui, in Italia, in questo momento, mi sembra ci sia un sacco di gente un po’ brilla».
Con la Bonsanti finiremo di parlare dopo (e vedrete quanto severa sarà con il nostro giovane premier). Andiamo a sentire subito proprio il professor Zagrebelsky, 71 anni, giurista di rango assoluto, ex presidente della Corte costituzionale. E ricordiamo, intanto, un passaggio dell’appello che anche lui ha firmato.
«Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali…».
Professore, sono toni gravissimi: e tuttavia colpisce, ne converrà, che pure il presidente Giorgio Napolitano, custode della Costituzione, sia favorevole a un percorso di cambiamento.
«La pensiamo diversamente. Non c’è un monopolio di pensiero sulla Costituzione. Del resto, persino le sentenze della Corte Costituzionale, il guardiano giuridico della Costituzione, sono commentate e commentabili, o no?»
Resta la sensazione forte che voi, il gruppo di intellettuali democratici che ha firmato l’appello di Libertà e Giustizia, freni sulla riforma del Senato quasi un po’ a prescindere…
«Sa, i giornali fanno sempre piuttosto in fretta a classificare… in verità, se qualcuno si prendesse la briga di leggere fino in fondo il nostro appello, capirebbe che noi non siamo affatto contrari a che si metta mano al problema. È innanzitutto il contesto…».
Continui, professore.
«Noi manifestiamo profonde perplessità sul fatto che la cura della crisi politico-istituzionale che attanaglia il Paese passi attraverso l’abolizione del Senato. A noi sembra che il Senato sia diventato un capro espiatorio di colpe collettive, un modo di far finta. La verità è che non si può cambiare per cambiare. Occorre porsi degli interrogativi: cambiare come? Cambiare, soprattutto, in che verso? Conoscono i riformatori le ragioni profonde che, nelle democrazie, hanno le seconde camere? Se le conoscessero, forse, avrebbero fatto proposte diverse. Che poi qualcuno non la pensi come il Capo dello Stato, beh, cosa vuole che le dica? A me sembra normale».
In ogni caso, i toni che usate nel vostro appello paiono estremi, definitivi, tragici. Non starete esagerando?
«La prospettiva di un monocameralismo si somma alla nuova legge elettorale con liste bloccate, a deputati nominati, al rafforzamento della figura del premier, alla nuova forma che hanno ormai assunto i partiti, macchine nelle mani di un capo. Ecco, il nostro timore è che si arrivi rapidamente a un ribaltamento della democrazia, con tutto il potere che discende dall’alto».
Le parole sono queste. La posizione di quelli che Silvio Berlusconi, facendo sponda a Renzi, definisce «parrucconi», è netta. Ieri, un altro dei più autorevoli firmatari dell’appello di Libertà e Giustizia, Stefano Rodotà, in un’intervista rilasciata a «Il Fatto», sosteneva che «Renzi è un insicuro.
Chi alza i toni, urla e dice “me ne vado”, svela insicurezza».
I «professoroni» (cit.Renzi) non mostrano incertezze neppure quando, in questa vicenda, si ritrovano insieme a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, i capi del M5S che due giorni fa hanno firmato il loro appello. Anzi, Lorenza Carlassare ha addirittura commentato: «Sono contenta ci sia una larga adesione. E sono contenta che lo condividano persone che mi sembra tendano a gestire in modo padronale un movimento così interessante» (replica di Grillo: «Affanc… Ci avete rotto i co…»).
Comunque, Sandra Bonsanti, a parte Grillo, la questione resta questa: per una volta che sembra esserci la possibilità di modificare questo terribile bicameralismo perfetto, che blocca il Paese, voi insorgete. Perché?
«Perché, come le stavo spiegando poco fa, noi per primi siamo convinti che il bicameralismo vada scardinato: ma immaginiamo, ad esempio, che mentre una camera resti a fare leggi, l’altra diventi camera alta, di garanzia…».
Quindi lei pensa che…
«No, aspetti: l’altro giorno poi ho sentito dire alla Boschi che qui, comunque, si cambieranno circa 80 articoli della Costituzione. Ma così si scrive una nuova Costituzione! Non è un aggiustamento, ma un aggiornamento! Questi varano la Costituzione personale di Matteo Renzi… Ma dico: con quale faciloneria si procede? E con quale disprezzo, mi permetta, per chi dissente…».
Sono costretto a ricordarle che il Capo dello Stato, pur non pronunciandosi, per ragioni istituzionali, sul progetto del governo, è tuttavia convinto che un cambiamento sia improrogabile.
«Cosa posso risponderle? Se sul serio Giorgio Napolitano dovesse dare il suo assenso a questo tremendo testo di riforma, ne resterei meravigliata e profondamente addolorata».

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