Assistiamo, in Italia e in Europa, alla rinascita dell’ antisemitismo e del razzismo dai toni social-nazionali, con attacchi alla “lobby ebraica” dell’élite finanziaria e bancaria – storie vecchie ma con un nuovo armamentario. La nuova ideologia fascista esiste e sbaglieremmo drammaticamente a non comprendere che la democrazia ha qui un suo nemico radicale: mobilitato, agguerrito e ricco di risorse internazionali. Sta al centro della partita europea, con radicamento in tutti i Paesi.
Le parate naziste, che vediamo con orrore emergere un po’ dovunque, sono azioni di teste calde, ma non isolate; sono la punta di un iceberg ramificato. Gli storici lo hanno datato negli anni 1950-70: quelli che per i democratici furono i “gloriosi trenta”, per la destra post-fascista sono stati anni di costruzione di una nuova identità. Che oggi si manifesta. In Europa e negli Stati Uniti, quella della destra è una battaglia culturale contro la democrazia e i diritti civili.
Alla “scuola di gladiatori per le guerre culturali” (Academy for the Judeo-Christian West) Steve Bannon non è riuscito ad assicurare la Certosa di Trisulti. Ma il progetto gode di ottima salute e ha l’ambizione e i soldi per guidare un’altra Santa Alleanza, dal nome di quella che nel 1815 sognò di portare le lancette dell’ orologio politico indietro di quarant’anni.
A partire dalla crisi economica del 2007-2008, un drappello di politici ha caldeggiato l’idea che l’ isolazionismo sovranista fosse l’unica strategia per battere le forze della globalizzazione finanziaria. In Europa soprattutto, dove il sogno di Stati protezionisti che battono la loro moneta ha avuto nella Brexit il suo battesimo. La strategia sovranista si è rivelata essere un’ astuta retorica per destabilizzare questa Unione europea, non il progetto pan-europeo. La lotta sovranista è un capitolo dell’internazionale neofascista e tutto vuole fuor che l’isolazionismo degli Stati.
In questo trova una sponda nella religione cristiana, in quelle parti di essa che sono più attive contro la società aperta. Discorsi transnazionali, idee, Ong, social network, risorse online sono gli strumenti usati dagli evangelici americani, dai cattolici conservatori (anti-papa Francesco) e dalla Chiesa ortodossa russa. Insieme perseguono progetti comuni, non da oggi, ma oggi con una ricca organizzazione di iniziative controrivoluzionarie, se per rivoluzione intendiamo la cultura dei diritti civili degli anni Sessanta.
Una nuova Santa Alleanza con ancora la Russia in testa. Reprimere la contestazione nel suo Paese non è il solo obiettivo di Putin. L’Unione Europea è il suo obiettivo di attacco, perseguito con massiccio sostegno economico. La battaglia contro la democrazia liberale, il fiore all’occhiello dell’Occidente, si avvale di una rete che include i leader di destra di vari Paesi (tra i quali Matteo Salvini), perfino quelli dell’Est Europa, tradizionalmente anti-russi (o forse solo anti-sovietici).
Non ci stupisca questo misto di nazionalismo e internazionalismo. Il fascismo, dalla sua fondazione, cent’ anni fa, ha coltivato ambizioni palingenetiche e pan-europee, con un’ideologia flessibile e capace di adattarsi ai mutamenti; ispirata da pochi dogmi: il razzismo, cioè l’idea della diseguaglianza naturale degli esseri umani; il suprematismo bianco e poi euro-atlantico; l’uso strumentale della religione cristiana come base unificante la quale ha, non va dimenticato, sia una dottrina egualitaria che una pratica gerarchica. In tutti i casi l’antiliberalismo democratico dispone di soldi e di mezzi, digitali e tradizionali. La rivolta antiegualitaria è l’anima del fascismo, ieri come nella democrazia del ventunesimo secolo.
La Repubblica, 6 dicembre 2019