La lotta elettorale è il luogo dove si mostrano al meglio le culture (e le non culture) politiche e chi le rappresenta. Senza esclusione di colpi, alleati di governo si prendono a male parole, come se fossero nemici per la pelle: non su temi secondari o pratici, ma su fondamenti e principi. Nella speranza che coloro che assistono allo spettacolo, i cittadini potenziali elettori, ignorino che gli antagonisti governano insieme.
Certo, l’ipocrisia non fa scandalo nella vita politica; è anzi la cornice nella quale operano le regole della democrazia elettorale. Promettere e dichiarare, negare e proporre sono parte dell’arte della politica rappresentativa; ma sono efficaci a condizione che chi le pratica sappia porre limiti. Non si può promettere tutto e il contrario di tutto senza incorrere in contraddizioni troppo stridenti da essere ignorate o dimenticate con facilità. Non si può, soprattutto se, tra i protagonisti di questo teatro c’è chi, come i pentastellati, ha costruito la propria immagine sul giuramento di trasparenza, di verità, di fatti provati.
I 5 Stelle sono il movimento dei puri che l’esercizio del potere costringe all’impurità; degli amanti della coerenza che piroettano senza troppi patemi d’animo in giravolte morali che lasciano impietriti anche i più scafati realisti. Nell’uscente Parlamento europeo, i pentastellati sono per volere degli iscritti (consultati con referendum online dopo le passate elezioni europee) nel gruppo che riunisce movimenti decisamente di destra: l’Efdd (Europe of Freedom and Direct Democracy Group) raccoglie infatti gli inglesi dell’Ukip, i tedeschi di Alternativa per la Germania, i cechi del Partito dei Liberi Cittadini, i polacchi di Korwin ( una costola del partito della Nuova Destra) e i lituani di Ordine e Giustizia. Gruppi di destra ed estrema destra che non hanno scrupoli a negare l’esistenza dell’Olocausto. Eppure oggi i 5 Stelle attaccano Salvini sul negazionismo.
Il Movimento si trova nella scomoda situazione di chi ha alla destra un alleato di governo in sicura crescita elettorale, e alla sua sinistra una compagine con la quale non ha mai tenuto buoni rapporti. E in questa difficile posizione, la strategia di Luigi Di Maio sembra imitare quella della mosca nella classica bottiglia che sbatte la capoccia di qua e di là nel tentativo di trovare la sua strada per uscire dai problemi.
In questo andare altalenante, i 5 Stelle scoprono oggi che il vero antagonista elettorale sta alla loro destra, dal quale è quindi gioco forza smarcarsi. Cercando di far dimenticare con chi sono alleati a Strasburgo, il leader dei pentastellati lancia dunque l’offensiva contro Matteo Salvini su temi scottanti come il negazionismo sull’Olocausto e l’antisemitismo. Sono ovviamente problemi serissimi che dovrebbero essere un discrimine. Disturba anche i più cinici vedere come questi movimenti post-ideologici siano pronti a far di tutto un’ideologia prêt- à- porter.
Salvini dovrebbe indubbiamente essere incalzato su questi temi; si dovrebbe smontare l’ideologia neutra del “fare” che egli sbandiera – se non che è legittimato proprio dal “contratto di governo” che è “solo” sulle cose, non sulle idee! La risposta del capo leghista – “io sono pagato per fare il ministro degli interni, non per parlare di idee astratte” – dovrebbe sollevare una durissima critica.
Non solo perché chi governa non è per nulla un ragioniere e ha idee che vuole attuare (per esempio la xenofobia), ma soprattutto per l’effettiva negazione dell’Olocausto che si ricava dalla frequentazione giornaliera di Salvini con i gruppi neo-nazisti italiani e dalla sua alleanza con le destra xenofobe e antisemite europee. Salvini ha idee! Il problema è che chi lo incalza non solo è il suo alleato di governo, grazie a un contratto che è solo sulle “cose” non sulle idee, ma inoltre non si è per cinque anni fatto scrupolo di fare gruppo insieme ai negazionisti nel Parlamento europeo. Tristissimo che le buone cause siano sollevate da attori sbagliati.
La Repubblica, 8 aprile 2019