Gli elettori hanno girato al largo e disertato i gazebo delle primarie. Sia a Roma che a Napoli, le due grandi città chiamate a esprimere il candidato sindaco del Pd, ha partecipato la cerchia sempre più ristretta dei militanti e simpatizzanti. Certo non si tratta di fulmine a ciel sereno. E anche se lo stato maggiore del Nazareno minimizza sulla scarna, desolante affluenza, ci pensa Massimo D’Alema ad affondare il coltello nella piaga del grande flop, vedendo «più osservatori che protagonisti».
La consolazione della vicesegretaria Serracchiani, che mette a confronto i partecipanti di Roma con i tremila clic del M5S per scegliere la candidata grillina, appare perfino penosa perché mette in evidenza qual è la paura del Pd nella capitale. Mentre il vero confronto – utile per correggere gli “errori” – dovrebbe essere fatto con i centomila votanti delle primarie 2013 per il sindaco Marino (che, almeno oggi, gongola). Annacquare il voto di allora con la presenza dei mafiosi, dei «capibastone poi arrestati», come suggerisce il commissario Orfini, denota nervosismo, anche se comprensibile. I numeri dicono che da solo Marino aveva raccolto più voti di tutti i candidati messi insieme dalla primarie di domenica.
Adesso il passa parola è nascondere la realtà dell’evidente declino del partito. Una realtà raccontata dai numeri (accettando per buoni i 43mila votanti di Roma e i 30mila di Napoli), che per la capitale non si possono spiegare solo con l’effetto shock di Mafia Capitale, la pentola scoperchiata del sistema che legava a doppio filo politica e malaffare, con il conseguente distacco e disgusto dell’opinione pubblica e dei militanti. Questo flop nella partecipazione è il segno di un progressivo distacco con il “popolo della sinistra” (che probabilmente non esiste più), accentuato dal fatto che Roma e Napoli sono due città dove il Pd è stato commissariato. Ma è anche la conseguenza della strategia politica renziana (non è chiaro quanto lungimirante), di un leader cioè che mal sopporta il partito ereditato dalla stagione bersaniana.
Che non ci sarebbe stata la fila ai gazebo per scegliere tra Giacchetti e Morassut nella capitale, o tra Bassolino e Valente a Napoli, non era largamente prevedibile. Era nell’ordine delle cose. E ascoltando e leggendo le testimonianze ai seggi, risulta evidente lo sconforto di quell’elettore di centrosinistra che non trova più le motivazioni per impegnarsi in un partito che sembra andare in un’altra direzione. D’altra parte il segretario-presidente il suo rapporto diretto con l’elettore se lo va a cercare in televisione, pubblica e privata, che lo ospita generosamente offrendogli percentuali bulgare. E pazienza se il gazebo di strada resta vuoto quando a riempire quello mediatico ci pensa Canale5 con il salotto domenicale di Barbara D’Urso.
Anche se l’opposizione alza la voce, verrà messa tra parentesi. L’obiettivo principale, e non marginale, di Renzi è vincere le elezioni amministrative. Se dovessero andar male sarebbe l’inizio della sua fine politica. Tuttavia c’è ben poco da sorridere a sinistra del Pd. Al momento, soprattutto a Roma, regnano l’indecisione sul candidato e sullo schieramento che lo sosterrà. Il voto ai gazebo dimostra che tra gli elettori storici di sinistra c’è disorientamento, smarrimento. Un vuoto politico da riempire al più presto.
il manifesto, 8 marzo 2016
Tocca alla “cultura” offrirsi alla Cittadinanza per darle la possibilità di un cambiamento qualitativo della classe dirigente, per sostituire la squalificata casta.
Sia per il Parlamento che per le amministrazioni, per interrompere la trasmissione della mediocrità, è necessaria una cesura, una frattura, un punto e a capo.
E meno male che ci riprova Marchini! ma cosa ci racconta la storia del candidato Marchini? Cosa contiene l’archivio del Messaggero sul costruttore romano che vuole giustamente scalzare la politica dall’amministrazione della capitale? Quali sono stati i suoi modi di fare impresa, quali le sue frequentazioni?
Solo la storia può fare chiarezza, ma difficile che sia peggiore di quella offerta da destra e sinistra politica.
io sinceramente non lo se un popolo della sinistra esiste ancora o non esiste più.
ma una cosa la so di sicuro: un popolo di sinistra, se esiste, non ha niente a che fare con il pastrocchio cosiddetto democratico.
Il popolo della sinistra non c’è più, ormai, o almeno non quel popolo che conoscevamo trent’anni fa. Perché stupirsene? Negli anni di berlusconi il PDS/DS/PD non solo non ha mai contrastato il futuro pregiudicato – anzi lo ha legittimato due volte in Giunta per le elezioni, nel ’94 e nel ’96, in barba all’art. 10 del DPR 361/1957 – ma ha cercato con lui, il piduista, accordi di ogni genere, dalla crostata in poi.
L’attuale PD poi è sempre più un partito democristiano di destra – con tutto il rispetto (a posteriori) per la DC in cui militavano personaggi di alto livello personale e politico, anche se sulla sponda opposta. Il PD di oggi è un comitato d’affari e Verdini, ne è il gran manovratore e plenipotenziario. Oggi parlerei di un popolo “sedicente” di sinistra (“sedicente” in senso rigorosamente etimologico). Perché delle due una: o non capisce o non vuol capire.
Come scriveva negli anni ’70 Heinz von Foerster, fisico e pensatore, “non cambierai mai la realtà se non (la) sai leggere”.
il Pd è diventato un partito che insegue solo il potere per il potere, senza altro scopo e ragione. Accontentando solo i più forti e le lobby.
Ma sinistra non c’è nulla e soprattutto non c’è un pensiero e quindi siamo nel vuoto. ma chissà qualcosa potrebbe accadere….
Presentazione del volume “Sovranità popolare, partecipazione e metodo democratico fra utopia e illusioni costituzionali” Carlo Di Marco
Mercoledì 23 marzo 2016 – Ore 15 – Aula Parlamentare – Facoltà di Scienze politiche UniTE.
Se ne parla, se ne scrivono editoriali e libri importanti, se ne discute…ma resta perennemente una concetto astratto, una presa per i fondelli del “sovrano”, sempre più spogliato e nudo.
Verrà mai il giorno della Sovranità Popolare REALIZZATA, non solo enunciata e dibattuta, per cambiare il corso del destino del Paese?
Se da lustri I. Diamanti nella sua indagine demoscopica annuale rileva che fino al 95% della Cittadinanza rifiuta e disprezza l’offerta politica per l’estinzione di ogni traccia di fiducia, parrebbe possibile, persino facile e scontato, per un gruppo di professori, riconosciuti portatori di sano rigore culturale e morale, mettersi alla guida del Popolo per guidarlo ad esercitare finalmente quella Sovranità, per orientare decisamente verso il Bene Comune l’attività del Parlamento!
C’è da chiedersi solo perchè ancora non sia successo..
ferretti fa rima con Marinetti:
“un cretino con qualche lampo di imbecillità” (D’Annunzio dixit).