Giovanni Sartori, Le riforme alla Renzi: errori e incompetenza

12 Febbraio 2016

Silvia Truzzi

Da dove cominciamo? Da dove vuole, tanto in Italia non c’è una cosa che sia a posto!”. Siamo a casa del professor Giovanni Sartori, politologo e padre della Scienza politica in Italia, a parlare di riforme costituzionali e legge elettorale che, secondo molti, sbilanceranno il sistema democratico a favore dell’esecutivo.

 

Professore, perché non c’è nulla che sia a posto?

Tutto il sistema oggi è fondato su errori e incompetenza. Abbiamo un Parlamento eletto con quell’obbrobrio del Porcellum che adesso riforma la Costituzione. Abbiamo un presidente del Consiglio che non ha vinto le elezioni, ha semplicemente vinto le primarie del suo partito. Poi ha vinto le elezioni europee, ma questo naturalmente non c’entra nulla: non si può fare un’estensione per analogia! Le primarie sono state usate come legittimazione e poi anche le Europee. Ma non va bene. Aggiungo una cosa che ho più volte scritto: l’articolo 67 della Costituzione prevede l’assenza di vincolo di mandato, un concetto che Grillo e il Movimento 5 Stelle non conoscono. La rappresentanza di diritto pubblico prevede che ogni membro del Parlamento non rappresenta i suoi elettori, ma la Nazione. Altrimenti torniamo alla rappresentanza di diritto privato, come nel Medioevo.

 

Ha detto che voterà No al referendum sulla riforma del Senato. I costituzionalisti hanno sottolineato come leda il principio di rappresentatività, dato che i senatori non saranno eletti ma mantengono competenze come la revisione costituzionale; eleggono i giudici della Consulta e il presidente della Repubblica.

Il problema vero sono le competenze, non l’elezione diretta: in molti sistemi c’è una Camera delle Regioni. Così però è un caos. I nostri futuri senatori non dovrebbero avere voce in capitolo sulla revisione costituzionale. E nemmeno l’immunità. Senza contare che i nostri cento arrivano dalla peggior classe politica di cui l’Italia disponga: basta guardare gli scandali e le inchieste della magistratura sui consiglieri regionali.

 

Il combinato disposto di Italicum e nuovo Senato cosa produce?

Il Porcellum era fatto su misura per Berlusconi con un premio di maggioranza oltre ogni misura. La famosa legge truffa del 1953, truffa non era perché il premio scattava per chi la maggioranza del 50 per cento dei voti l’aveva già raggiunta. Mentre sistemi come il Porcellum e l’Italicum trasformano una minoranza in una maggioranza. Sono sempre stato favorevole ai premi di maggioranza, a patto che servano a rafforzare la maggioranza, non a crearla.

 

Cosa si potrebbe fare?

Sono sempre stato favorevole al doppio turno, a patto di vietare le coalizioni: nel mio progetto ogni partito si presenta da solo. Questo garantisce una selezione vera: ogni forza politica presenta il suo candidato migliore, quello che più garantisce l’accesso al secondo turno. È un modo per dare una preferenza (le tanto osteggiate preferenze, che poi sono rientrate dalla finestra nell’Italicum!) che però in questo modo non sarebbe manipolabile. Il maggior difetto dell’Italicum sta nel premio di maggioranza: chi raggiunge il 40 per cento dei voti lo ottiene, prendendo 340 seggi, cioè il 55 per cento del totale.

 

Perché non ridurre il numero dei parlamentari o non abolire il Senato tout-court?

Perché sarebbe una modifica radicale, una vera rivoluzione, più difficile da far passare. Peraltro, ormai i sistemi monocamerali sono molto diffusi, il bicameralismo era figlio di un altro momento storico. Ma per fare una riforma del sistema così radicale bisogna studiare, avere competenze: invece i politici oggi passano il tempo in televisione. E quando non sono in onda si preparano per la successiva apparizione. Non è tanto che non lavorano, è che lavorano su cosa e come rispondere quando vanno in tv.

 

Qual è il suo giudizio sull’operato di Renzi?

È svelto, furbo, agile. Uno con i riflessi prontissimi. Però imbroglia le carte su tutto: un conto sono le promesse elettorali, un altro camuffare la realtà. Chi governa non può fare solo propaganda, deve rispondere del proprio operato: non è una cosa accettabile da parte di un premier.

Il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2016

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