AUDIZIONE 27 LUGLIO 2015 – PRIMA COMMISSIONE SENATO – SUL DDL COSTITUZIONALE 1429-B
Onorevole Signora Presidente, onorevoli senatori commissari,
ringrazio per l’opportunità che mi è stata offerta di essere ascoltato su quest’importante disegno di legge costituzionale. Devo premettere che non potrò essere distaccato, quanto forse sarebbe necessario da parte di un esperto esterno, ma non posso rimuovere completamente il fatto che di questa Camera ho fatto parte nella XIIIma legislatura e proprio come membro di questa commissione in rappresentanza di un partito espressione di un’altra epoca storica, sarei tentato di dire di un altro mondo. In questa considerazione è assente ogni giudizio di valore, perché quale che sia stato il sistema di elezione tutti i parlamentari, ora come allora sono personalmente vincolati dagli stessi due articoli della Costituzione il 54 e il 67, quindi assolvere la propria funzione rappresentativa con disciplina e onore e nell’esclusivo interesse della Nazione: il che esclude che la disciplina di cui parla l’art.54 Cost. sia la disciplina di gruppo o di partito. Nella XIII legislatura si approvò la revisione del Titolo V della Parte Seconda, da allora uso con maggiore cautela la parola RIFORMA, per non banalizzarla facendola coincidere con una qualsivoglia modifica, la revisione operata con questa revisione la corregge in punti essenziali, accentuando le competenze centrali dello Stato. Tuttavia IL DDL COSTITUZIONALE N. 1429-B va piuttosto confrontato con quello che non superò il referendum confermativo nel 2006, invece che con quello approvato nella XIIIma legislatura.
Il superamento del bicameralismo perfetto è un’esigenza presente da molto tempo, ma questo ddl costituzionale nella vulgata semplificatrice, che ne è stata ispiratrice, pareva orientato verso un monocameralismo, quando tra gli argomenti vi è quello del costo della seconda Camera. Non è stato così. Nel suo complesso si tratta di una soluzione originale, forse la parola ITALICUM sarebbe stato opportuno riservarla al ddl costituzionale, invece che alla legge elettorale per la Camera dei Deputati. Nelle precedenti audizioni, cui ho partecipato, a fronte di un procedimento in itinere aveva senso entrare nel merito di alcune scelte, per questa audizione ho, invece, ritenuto opportuno rassegnare nella memoria scritta inviata alla Commissione una riflessione sul rapporto tra regolamento parlamentare e norme costituzionali, avendo maturato la convinzione che le norme regolamentari, specialmente quelle introdotte nel 1971 non siano consone allo spirito e alla lettera dell’art. 138 Cost..
Proprio l’esperienza della revisione della Costituzione nella XIIIma Legislatura, con forte contrapposizione nell’approvazione finale mi ha convinto della giustezza di una tesi della prof. Nadia Urbinati che in un sistema parlamentare rappresentativo più ancora che i sistemi di scelta dei rappresentati sia l’ampiezza del dibattito pubblico, che precede le deliberazioni, la qualità essenziale che garantisce la rappresentatività. Nel caso di revisione costituzionale a maggior ragione il dibattito pubblico merita di essere ampio ed investire non solo i rappresentanti eletti, ma anche, direi soprattutto, i rappresentati nelle loro articolazioni politiche, nelle quali determinano l’indirizzo politico, o nelle formazioni sociali, in cui si formano come individui e come cittadini.
Ampiezza del dibattito e riflessione sono garantite dal primo comma dell’art. 138, quando dispone che ” Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.” Purtroppo, nelle legislature successive a quella costituente, le previsioni del 138 si sono inverate nelle prassi parlamentari e nei regolamenti, venendo tradite perché svuotate del senso che avevano originariamente, con ciò configurando una prima rottura costituzionale con riguardo al procedura aggravata prefigurata dal Costituente.
Due sono la questioni interpretative, risolte in via di prassi e regolamenti, che hanno svuotato il 138:
- La prima è quella relativa dell’intervallo di tempo (minimo tre mesi) che dovrebbe intercorrere tra una “deliberazione” e l’altra delle Camere su testo conforme. Si è infatti accorciato il tempo del raffreddamento previsto, interpretando restrittivamente che i tre mesi dovessero intercorrere tra una deliberazione e l’altra di “ciascuna” Camera su testo conforme, e non – come dovrebbe – tra la deliberazione della Camera che adotta per ultima il testo conforme e l’inizio delle successive seconde deliberazioni di entrambe.
- La seconda, assai più delicata e rilevante, è quella relativa alle ragioni dell’aggravamento previsto dal 138 nel primo comma. Se, infatti, si doveva trattare semplicemente della inserzione, in coda ad una procedura ordinaria (priva di alcuna maggioranza qualificata necessaria), della mera ripetizione di un voto di approvazione in blocco (con la maggioranza assoluta), con violazione dell’art. 72 Cost.( voto articolo per articolo e voto finale sul comoplesso) di un testo già lavorato definitivamente con l’ordinaria navette, si sarebbe trattato di ben misera cosa. Eppure, così è stato interpretato e praticato in questi decenni di Repubblica.
Questi problemi di fondo vanno sollevati, anche se sono scomodi proprio perché con questa revisione si opera una cesura costituzionale non secondaria nel nostro ordinamento, anche per gli effetti cumulativi della parallela nuova legge elettorale per la Camera dei deputati: si cambia la forma di governo, con il rafforzamento del ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri in un contesto di superamento della tradizionale divisione dei poteri, grazie al premio alla minoranza più consistente trasformandola in una maggioranza, che non si accontenta di essere assoluta, cioè di avere il 50%+ 1 dei seggi, ma almeno il 54%. Una cesura costituzionale opera di un Parlamento della cui elezione la sentenza della Corte Costituzionale ha accertato l’incostituzionalità con la sentenza n. 1/2014 ed in presenza di sentenza, la n.8878/2014 passata in giudicato con la quale la Corte di Cassazione ha accertato che i diritti costituzionali dei ricorrenti, cioè dei cittadini italiani, erano stati gravemente violati dalla data di entrata in vigore della legge n. 270/2005 e fino alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale di annullamento dei premi di maggioranza e delle liste bloccate dei candidati deputati e senatori.
Queste circostanze eccezionali impongono di riconsiderare le prassi finora seguite per tornare ad una interpretazione stretta e rigorosa della procedura aggravata prevista dall’art. 138 Cost.. Si è infatti davanti, secondo una interpretazione testuale, logica e sistemica, alla necessità di quattro consecutive approvazioni dell’identico testo. La navette ordinaria (la cui finalità è la rapida approvazione di una legge evitando una navetta interminabile) è intrinsecamente incongruente e lesiva della procedura aggravata da tale quadrupla approvazione conforme, giacché la vanifica e paradossalmente assegna importanza decisiva a deliberazioni per le quali non è richiesta la maggioranza assoluta.
Le situazioni eccezionali e contingenti di un’altra epoca di transizione politica hanno indotto le Camere ad innovare le prassi regolamentari creando nel 1993 un precedente, che non può essere ignorata anche per l’autorevolezza dei due presidenti, che ne sono stati i protagonisti, alla Camera l’on. Giorgio Napolitano e al Senato il sen. Giovanni Spadolini e relativo ad una norma capitale come l’art. 68 Cost.. I particolari della vicenda sono alle pagine 19 e 20 della memoria. In breve nel passaggio da Camera a Senato un emendamento soppressivo si trasformò nell’aggiunta di 2 nuovi commi. Nel successivo passaggio alla Camera fu deliberato un solo comma aggiuntivo, che fu infine approvato dal Senato.
Le questioni meritano di essere approfondite e non liquidate con un formalismo regolamentare in violazione di una norma costituzionale. Se non altro si potrebbe ovviare ad una incongruenza ingiustificabile riguardo alla nuova composizione del Senato, se si vuol insistere a mantenere un’elezione di secondo grado, che ha l’unico vantaggio di conoscere l’esito di una elezione la sera prima delle votazioni. Per il nuovo art. 57 secondo comma Cost. , oltre che i consiglieri regionali possono essere eletti anche sindaci dei Comuni. Questa espressione esclude che posano far parte del Senato i sindaci metropolitani, che fossero eletti direttamente dai cittadini, come la L. n. 56/2014 all’art. 1 c. 22 pur consente, in alternativa al Sindaco metropolitano ex lege in quanto Sindaco del Comune capoluogo della Città metropolitana. Come si dice il diavolo si annida nei dettagli e sarebbe il caso di esorcizzarlo. Sistemando anche la questione della durata del mandato dei sindaci stante le diverse formulazioni degli art. 57 e 66Cost. novellata.
Ringrazio i miei collaboratori senza i quali non sarebbe stato possibile raccogliere il materiane trasfuso nella memoria: la loro modestia mi impedisce di farne i nomi e cognomi.
Grazie per l’attenzione che vorrete dedicare alle mie riflessioni.
on. avv. Felice C. Besostri