Gli Usa e il declino europeo

18 Gennaio 2013

Federico Rampini ha presentato a Ivrea il suo ultimo libro “Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale! Falso!” che fornisce una lucidissima analisi delle differenze dei “modelli sociali” americano ed europeo e le differenti critiche che i democratici e i repubblicani USA fanno al modello europeo.

L’ultimo libro di Federico RampiniNon ci possiamo più permettere uno Stato sociale! Falso!” ( Ed. Idòla / Laterza) presentato a Ivrea il 17 gennaio da Libertà e Giustizia e Forum Democratico del Canavese si basa su esperienze personali dell’ autore, residente da circa 15 anni negli USA come corrispondente di Repubblica a New York, fornisce una lucidissima analisi delle differenze dei “modelli sociali” americano ed europeo e le differenti critiche che i democratici e i repubblicani USA fanno al modello europeo.
Da parte della destra repubblicana vale un esempio per tutti: Federico Rampini, al seguito, come giornalista estero, del candidato Presidente USA Mr. Mitt Romney, riferisce che non c’era comizio che non fosse concluso con un attacco ad Obama colpevole, a suo avviso, di volere trasformare gli USA in uno di quegli Stati fallimentari che si vedono in Europa in cui la società è perennemente assistita da aiuti statali e dove, per questo, l’iniziativa individuale e la creatività sono depresse e il debito pubblico, come in Italia e Grecia, ha raggiunto livelli impressionanti.
Da parte della sinistra democratica le critiche verso l’Europa sono severe ma di segno opposto. Essi vedono l’Europa egemonizzata dalla Germania conservatrice che impone ai vari Stati dell’Unione politiche di austerity tali da generare recessione, disoccupazione, povertà e tensioni sociali.
In fin dei conti il declino Europeo, visto dagli americani, è terminale e irreversibile. Questa diagnosi è stata interiorizzata principalmente dalla Germania che richiede di conseguenza ad alcuni Paesi della fascia costiera mediterranea (Portogallo, Spagna, Italia, Grecia) e alla Irlanda, lo smantellamento graduale delle conquiste sociali, in quanto questi Paesi hanno sempre vissuto al di sopra dei loro mezzi. Questo innesta una spirale
recessiva senza ritorno con il conseguente crollo dei consumi e degli investimenti privati oltre a forti tensioni sociali.
In una situazione del genere bisogna, gioco forza, riconsiderare il pensiero e la teoria dell’ economista britannico Keynes il quale sostenne che quando crollano i consumi e gli investimenti, solo lo Stato può farsi avanti per riempire quel vuoto di domanda spendendo risorse che non ha, altrimenti nessun soggetto economico troverà i mezzi per rilanciare la crescita. Persino il Fondo Monetario ha recentemente ammesso di avere sbagliato nel
prevedere le conseguenze di una politica di austerity spinta.
Infine un’ ultima considerazione: in USA è opinione comune che l’ americano medio rinunciando ad avere un welfare meno generoso di quello europeo, in cambio ha una pressione fiscale nettamente inferiore. In questo caso Federico Rampini ritorna a dire della sua esperienza americana: come residente a New York lui paga le  tasse negli USA con delle aliquote che sono di poco inferiori a quelle pagate dagli italiani ( 35% di imposta federale più circa un 10% di aliquota che preleva lo Stato in cui si è residenti). A fronte di questo esborso non ha alcuna assistenza sanitaria per cui è necessaria una costosa assicurazione, la scuola e l’università per i propri figli va pagata a parte, la pensione non è finanziata dall’imposta sui redditi ma da un altro prelievo in busta paga, i trasporti sono costosissimi, i treni sono quasi scomparsi. E questo non è certo il modello di welfare ideale.

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