Molti applausi e un momento di contestazione, non a caso quando si è parlato di laicità e di referendum, per Dario Franceschini, che lunedì 18 maggio ha incontrato a Milano i soci di Libertà a Giustizia. Intervistato dal presidente di LeG, Sandra Bonsanti e dalla platea il segretario del Pd ha toccato tutti i temi più rilevanti del momento, a partire da quello più scottante, e cioè come convincere un elettorato deluso e demotivato a tornare anche questa volta alle urne.“Il sentimento di delusione – ha esordito Franceschini – è motivato dalla politica in generale ma soprattutto dall’azione del Pd. Quando una forza politica nasce su un’aspettativa così grande si vorrebbe tutto e in fretta. Invece non è facile mescolare provenienze e culture, elaborare un nuovo statuto, selezionare una nuova classe dirigente, e fare tutto ciò che è necessario per costruire un partito che duri decenni, che serva anche ai nostri figli e ai nostri nipoti. Ci vuole tempo, e lungo il percorso si troveranno ritardi e accelerazioni. L’importante è non smarrire la strada. Sento dire che se le elezioni europee andranno male il Pd sparirà, ma non deve accadere: si passa sempre per vittorie e sconfitte, ma l’importante è andare avanti. Bisogna però aggiungere che il distacco tra la società e la classe dirigente si è creato anche perché la classe dirigente ha perso credibilità. E questo perché siamo ormai abituati a ascoltare cose che vengono smentite il giorno dopo, davanti al sistema dell’informazione che tollera tutto questo senza mai chiederne conto ai responsabili.
Tutti noi dovremmo essere controllati ai raggi X e la nostra parola d’ordine dovrebbe essere serietà. Se questo non avviene allora nasce il distacco”.Però, ha osservato Sandra Bonsanti, LeG è stata costretta a servirsi di una pagina di pubblicità per pubblicare l’appello “rompiamo il silenzio”: perché questo è dovuto accadere?“Ma questo è positivo – ha risposto Franceschini – ed è la funzione di controllo che spetta alle associazioni della società civile”.Ma, ha incalzato il presidente di LeG, che cosa risponde il Pd al degrado crescente della democrazia italiana?“Ci sono due aspetti della questione – è stata la replica di Franceschini – Il primo è il rischio di un attacco formale al sistema democratico, e lo abbiamo visto in atto con la cosiddetta devolution, poi bocciata dal referendum. Ma c’è anche il secondo aspetto, e cioè il tentativo di svuotare le norme costituzionali senza cambiarle. E’ quello a cui stiamo assistendo adesso, e lo vediamo con la trasformazione del sistema dei decreti, che viene assunto non come modo eccezionale di legiferare, ma come normalità quotidiana. Infine c’è il degrado del sistema dei valori, che avanza attraverso il modello trasmesso dalla tv: bisogna diventare ricchi a famosi a tutti i costi. Trasferito nello scenario di crisi economica che stiamo vivendo il meccanismo è devastante, perché legittima la pulsione a salvarsi anche a spese di chi ti sta vicino, perché se la tua sfortuna determina la mia fortuna, allora peggio per te.
La destra cavalca tutto questo, mentre la sinistra sembra rassegnata a combatterlo inseguendo l’agenda dettata dalla destra. Bisogna rovesciare le cose. Guardiamo a Obama: ha vinto non proponendo correttivi alla politica di Bush, ma rovesciando il suo sistema di valori. Allora vi dico: se vinceremo sono pronto a dividere con tutti il merito del successo, e se perderemo sono pronto ad accollarmi tutta la responsabilità della sconfitta. Ma nessuno mi convincerà a dire una cosa sbagliata perché porta voti o a non dirne una giusta perché li fa perdere. E penso ai problemi dell’immigrazione. Chiamparino non la pensa come me? Dobbiamo abituarci al fatto che in un grande partito convivano opinioni diverse”.Sollecitato dalle domande di Sandra Bonsanti e anche della platea, Franceschini ha toccato anche i temi economici, sottolineando l’inerzia del governo, che ha stanziato un decimo della media mondiale per fronteggiare la crisi, secondo i dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale: “E speriamo che non lo attacchino come hanno attaccato l’Onu, cosa che non si era mai vista nel mondo civile”.Sulla laicità è arrivato il primo momento critico: “Non possiamo imporre un parere a tutti, altrimenti costruiremmo un partito identitario e non è questo che vogliamo fare. I vescovi parlano qua come parlano in tutto il resto del mondo”, e qui l’uditorio ha cominciato a rumoreggiare, “non capisco perché gli stessi che criticano i vescovi quando si occupano della fecondazione assistita poi li applaudono quando attaccano il governo sull’immigrazione”.
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