Che cos’è l’autoritarismo? Semplice, il contrario della libertà. Autoritarismo viene da “autorità”. Il politologo Giovanni Sartori spiega che il termine è stato coniato dal fascismo in senso apprezzativo, per poi essere rovesciato – alla sconfitta dei nazifascismi – per denotare la “cattiva autorità”, cioè un abuso e un eccesso di autorità che schiacciano le libertà. “In tal caso – commenta Sartori – direi che oggi, più che rappresentare l’opposto di democrazia, il termine autoritarismo sta a significare il contrario di libertà” [1].
Nel discorso di Giorgio Napolitano in occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio, offerto dalla stampa parlamentare, che si è svolta al Quirinale, il Capo dello Stato – imprimendo una significativa spinta all’attuazione delle riforme istituzionali – lancia il seguente monito: non parlate di autoritarismo. Per la precisione la frase presidenziale è “non si agitino spettri di insidie e macchinazioni di autoritarismo”. Abbiamo appena detto dell’autoritarismo; ma che vuol dire questa frase, pronunciata dalla massima carica dello Stato?
E’ una tipica trappola della ‘comunicazione paradossale’ ci informerebbero gli psicolinguisti della Scuola di Palo Alto (California), che qui hanno sviluppato la teoria del ”doppio legame” a partire dagli studi di Gregory Bateson [2] e, quindi, di Paul Watzlawick, il quale ne ha portato avanti le ricerche. Ecco come descrivono la comunicazione paradossale: “una contraddizione logica che deriva dalla deduzione corretta da premesse coerenti”. Il paradosso pragmatico è caratterizzato da un’ambiguità sistematica e da una contraddizione complessa che, producendo un circolo vizioso, determina uno stato di indecidibilità o di stallo il quale, in un’interminabile oscillazione, finisce per bloccare la scelta tra alternative diverse. Il prototipo del messaggio paradossale è l’ingiunzione “sii spontaneo!”. “Chiunque riceva questa ingiunzione si trova in una situazione insostenibile, perché per accondiscendervi dovrebbe essere spontaneo entro uno schema di condiscendenza e non di spontaneità”, chiarisce Watzlawick [3].
Vediamo meglio come funziona. Per prima cosa ci sono due o più persone, coinvolte in una relazione intensa (con un alto valore di sopravvivenza fisica e/o psicologica), includendo in essa non solo legami familiari e di dipendenza materiale, ma anche amicizia, amore, fedeltà a una causa, a un’ideologia, contesti influenzati da norme sociali e dalla tradizione. In un simile ambito, viene promosso un messaggiostrutturato nel seguente modo: a) asserisce qualcosa; b) asserisce qualcosa sulla propria asserzione; c) queste due asserzioni si escludono a vicenda. Il che significa, in parole povere, che se il messaggio (nel nostro caso il monito presidenziale) è un’ingiunzione, l’ingiunzione deve essere disobbedita per essere obbedita. Il significato del messaggio è perciò indecidibile. Infine come terzo e ultimo punto, una proibizione: si impedisce al ricettore del messaggio di uscir fuori dallo schema stabilito, sia metacomunicando su di esso (ad esempio, commentandolo) che chiudendosi in se stesso (ad esempio col restare in silenzio).
Dunque, anche se il messaggio – dal punto di vista logico – è privo di significato, è tuttavia una realtà pragmatica. Non si può non reagire ad esso, ma non si può nemmeno reagirvi in modo adeguato, cioè non paradossale, perché il messaggio stesso è paradossale. “Questo – sottolinea ancora Watzlawick – spesso si ha quando si impedisce in modo più o meno evidente di mostrare una qualsiasi consapevolezza della contraddizione (in atto, ndr.) o del vero problema in questione. Una persona in una situazione di doppio legame è quindi probabile che si trovi punita (o, almeno, che le si faccia provare un senso di colpa) per aver avuto delle percezioni corrette, e che venga definita ‘cattiva’ o ‘folle’ per aver magari insinuato che esiste una discrepanza tra ciò che vede e ciò che ‘dovrebbe’ vedere”. Il riferimento ai rapporti parentali e ai toni paternalistici della coppia formata dallo stereotipo ’genitore saggio-figlio irresponsabile’ è evidente.
La sostanza del doppio legame, piuttosto comune nella comunicazione quotidiana, è un paradosso irresolubile, non una banale contraddizione. In quest’ultimo caso, infatti, si ha pur sempre la possibilità di scegliere un’alternativa praticabile, tra ‘a’ e ‘non-a’. Ad esempio, per collegarsi all’attualità politica, esiste una chiara scelta tra una democrazia autoritaria e una democrazia partecipata. Ma non esiste alcuna opzione rispetto a una democrazia autoritaria che si finge partecipata imponendoci di non discuterne. Tanto che forse non è più il caso nemmeno di chiamarla democrazia. Quando Napolitano chiosa “non parlate di autoritarismo” lancia un messaggio inevitabilmente autoritario, espresso per giunta dalla più alta carica dello Stato, che svela la vera natura del doppio legame comunicativo, incongruo e senza via d’uscita.
Da quando questo concetto è stato formulato (nei lontani anni Sessanta) è divenuto oggetto di attenzione prima in psichiatria rispetto alle manifestazioni schizofreniche, quindi nella scienze comportamentali, in ultimo nel linguaggio della politica. Un modo per non dire niente, infatti, è contraddirsi. E se qualcuno riesce a contraddirsi dicendo che non sta dicendo niente, allora – alla fine – non si contraddice affatto. E salva capra e cavoli. Come sanno bene gli esperti di comunicazione, l’uso di messaggi indecidibili, che dicono di se stessi che non stanno dicendo niente, è la soluzione perfetta di chi sta tentando di non comunicare. Di chi avverte un effettivo ‘disagio della comunicazione’ che inevitabilmente trasferisce sul proprio interlocutore che quella stessa comunicazione deve ricevere.
Sul sistema correlato dei moniti presidenziali, che sono e sono stati i veri e propri contrappesi della vita istituzionale italiana, Napolitano ha fondato (e firmato) gli ultimi anni del primo settennato e l’esordio del successivo, come già avvenne con le esternazioni di Cossiga prima di lui, sebbene attraverso una cifra completamente diversa. Servono a governare una transizione morbida verso la forma del presidenzialismo auspicata da molti? Può darsi. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, ha sostenuto che, appena approvato il nuovo Senato, “possiamo mettere a tema il presidenzialismo”.
Certo che questi precetti calati dall’alto hanno trasformato la Presidenza della Repubblica in uno scudo conservativo del premier di turno; così avvenne per Monti, poi per Letta, ora per Renzi. E come cittadini dissenzienti (politici di segno diverso, magistrati in tema di giustizia, giornalisti in tema di libertà di stampa o comuni elettori) ci hanno abituato a sentirci in difetto per quanto pensiamo e per quanto percepiamo intorno a noi. Prigionieri di una comunicazione paradossale a cui non si può ubbidire se non trasgredendo.
[1] “La democrazia in 30 lezioni“, Giovanni Sartori, Oscar Mondadori..
[2] “Verso un’ecologia della mente“, Gregory Bateson, Feltrinelli.
[3] “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi“, Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, Astrolabio.
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La situazione politica attuale è di un’estrema gravità e occorrerebbe una reazione molto forte e ben articolata su tutti i piani possibili in un sistema democratico : l’informazione libera, il consenso degli intellettuali, la protesta sociale, l’azione sul piano istituzionale di tutti gli organismi di garanzia. Quello che mi scoraggia è il fatto che tutto questo è chiaro a tanti italiani che appartengono ai livelli alti della cultura e della conoscenza e non mi spiego come sia stato possibile arrivare a questo punto di pericolo per le istituzioni democratiche già così compromesse nel ventennio berusconiano. Dobbiamo proprio ripercorrere in modo diverso ma con molti punti di contatto la tragica storia della repubblica di Weimar ? L’Italia è un paese fragile ,mai veramente unito da politici che hanno tradito la loro missione e il mandato dei cittadini, cosa si aspetta allora per prendere le necessarie iniziative per bloccare questa deriva autoritaria che ci sta travolgendo ?
Cara Guadagnini,
questa tua interessante riflessione su questo discorso di Napolitano, mi lascia molte certezze ma alcuni dubbi. Il dubbio principale riguarda il la contestualizzazione. Tu offri un’ottima analisi dell’affermazione “in sè” del Capo dello Stato, cioè slegata dal discorso i cui è inserita e dal contesto politico attuale. “La discussione” ha proseguito Napolitano (fonte: http://tg.la7.it/politica/riforme-napolitano-non-si-punti-ad-un-altro-nulla-di-fatto-22-07-2014-85829) “è stata libera, estremamente articolata, non c’è stata improvvisazione o improvvida frettolosità”. Ecco dunque come io avrei scritto questo passo del discorso pronunciato da Napolitano: “Parlare di autoritarismo al termine di una discussione democratica significa, di fatto, invocarlo per inficiare tale discussione e i suoi fondamenti democratici. Quindi chi, in questo contesto, parla di autoritarismo, ne fa il gioco.” Resto comunque d’accordo che la frase “Non parlate di autoritarismo” è strutturalmente identica a “La guerra come strumento di pace”, “banca etica”, “convergenze parallele”, “libertà vigilata” ecc.
Ti saluto cordialmente,
Pietro Casetta
Gentile Pietro Casetta, grazie per l’acuto commento. Purtroppo i discorsi del Capo dello Stato non possiamo certo “riscriverli” noi. Né possiamo sapere cosa esattamente avesse in mente Napolitano, di sicuro molti pensieri, tra cui un certo fastidio per i cosiddetti dissidenti. Come giornalisti dobbiamo attenerci ai documenti formali. Tuttavia sono d’accordo con te che se il Presidente fosse stato più esplicito forse alcuni dubbi non sarebbero sorti. Quanto ai suoi discorsi, si trovano tutti sul portale del Quirinale: un’ottima fonte e un’istruttiva lettura che illumina anche il contesto politico attuale e il quadro completo del monito in cui si trovano le frasi esaminate, significative di per sé. Cordialmente, RG
Da quello che si sente e si legge sono arrivato ad una valutazione che spero sbagliata. Quì si cerca di arrivare al presidenzialismo per vie traverse. Per me, siamo nel caos totale. Niente è chiaro, a cominciare dal patto del Nazareno, Quì si lotta per la poltrona non di sicuro per gli interessi del’Italia. Basta con i bizantinismi e le capriole. Sarete credibili quando direte cosa state cercando di fare, primo segnale che noi “popolo” chiediamo taglio consistente delle prebende, stipendo e privilegi che sono un insulto, eliminazione enti inutili, rappresentanti parlamentari tutti eletti e con le preferenze. Mi fermo quì altrimenti domani mattina sono ancora qua che scrivo. alfredo
I doppi legami sono presenti in modo molto diffuso nella stessa istruzione scolastica ed in particolare spesialmente nei testi scolastici dove le contraddizioni didattiche propinate come logicamente coerenti e pretese come corretto apprendiemnto cui naturalmente non può che consguire una valutazione di merito negativa, conseguono processi al pari di quelli riportati in questo articolo. Per di più si attua un utilizzo da parte della “politica”oligarchica, che gestisce il potere politico oggi in Italia, e non solo, di tali legami caratterizzando queste relazioni quali organizzazioni di stampo mafioso, in quanto queste usanoanche questo tipo di legame quale metodo aggregante nelle stesse.
Benuzzi prof Giuliano
I doppi legami sono presenti in modo molto diffuso nella stessa istruzione scolastica ed in particolare, specialmente, nei testi scolastici dove le contraddizioni didattiche propinate come logicamente coerenti e pretese come corretto apprendimento cui naturalmente non può che conseguire una valutazione di merito negativa, conseguono processi al pari di quelli riportati in questo articolo. Per di più si attua un utilizzo da parte della “politica”oligarchica, che gestisce il potere politico oggi in Italia, e non solo, di tali legami caratterizzando queste relazioni quali organizzazioni di stampo mafioso, in quanto queste usano anche questo tipo di legame quale metodo aggregante nelle stesse.
Benuzzi prof Giuliano