Alcune riflessioni a margine del discorso con il quale il presidente Draghi ha presentato, ieri (26 aprile ndr) alla Camera dei Deputati, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Mi ha favorevolmente colpito l’incipit del discorso, quel suo sottolineare che la ripresa del nostro Paese passerà, sì, attraverso la realizzazione di riforme e progetti che assicurino reddito, lavoro e benessere, ma segnerà davvero un passaggio storico per il nostro Paese, specie per le future generazioni, solo se il bene comune prevarrà sulle “miopi visioni di parte”. Premessa, del resto, in perfetta coerenza con il discorso con il quale Draghi presentò alle Camere il suo governo di… emergenza nazionale.
Importante, poi, il riconoscimento del ruolo prezioso svolto dal Parlamento e dai tanti interlocutori consultati nella fase di predisposizione del Piano: Enti istituzionali e Parti sociali, associazioni di categoria ed esperti, Regioni, Provincie e Comuni. Senza dimenticare il richiamo, riconoscente, al lavoro fatto dal precedente Governo. Un lavoro di squadra, insomma, che il Governo ha dovuto sintetizzare per la ben nota scadenza di fine aprile.
Il rilancio del Paese dovrà avvenire in tre fasi. Il primo e prioritario intervento sarà rivolto, naturalmente, a riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica. Si affronteranno, poi, le criticità strutturali del Paese: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico. E, infine, si darà impulso a una compiuta transizione ecologica. C’era il rischio di rispondere all’emergenza con provvedimenti altrettanto emergenziali e settoriali. Si è saggiamente scelto, invece, di elaborare un vero e proprio programma di investimenti e di riforme.
Investimenti e riforme. Draghi ha insistito molto su questo binomio inscindibile per realizzare il quale occorre, però, uno sguardo lungimirante, disinteressato e alieno dai pregiudizi, da parte di tutti coloro che credono nella buona politica e nel modello di democrazia così ben disegnato nella nostra Costituzione. Solo lo sforzo corale, in altre parole, di tutti i soggetti che costituiscono la Repubblica – istituzioni rappresentative, organi della magistratura, partiti politici, mezzi di informazione, imprese e lavoratori, associazioni e singoli cittadini, ecc. ecc. – potrà davvero “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
La buona politica non ha bisogno di ricorrere agli ‘effetti speciali’, così cari ai demagoghi e ai populisti, sempre pronti ad indignarsi contro tutti e contro tutto e sempre particolarmente abili nel defilarsi dalle proprie responsabilità. Ha, invece, un estremo bisogno di serietà e sobrietà, di solidarietà e responsabilità. E ha bisogno – così come ha concluso il suo intervento Draghi – che “l’onestà, l’intelligenza e il gusto del futuro prevalgano sulla corruzione, sulla stupidità e sugli interessi costituiti”.
*L’autore dell’articolo fa parte del Circolo Leg di Napoli.