Montanari: “Così non va, non cediamo ai nominati dalle segreterie”

16 Novembre 2017

“Io spero ancora in un ripensamento, che capiscano. E comunque non si aprirà l’ennesima guerra a sinistra: non faremo certe liste civiche autonome, questo lo garantisco”. Tomaso Montanari, professore di Storia dell’Arte presso l’ Università di Napoli, è uno dei motori di Alleanza popolare per la democrazia e l’ uguaglianza, la sigla che porta avanti l’esperienza dei Comitati per il No.

Parla con tono amareggiato, anche se mischiato a un certo sollievo: “Sono a casa mia, in mezzo ai libri”. In mattinata lui e Anna Falcone, l’altro volto dei Comitati, hanno annullato l’assemblea del 18 novembre a Roma “perché rischia di trasformarsi in uno scontro tra partiti. In questo clima esasperato, l’ organizzazione leggerissima su cui possiamo contare ci avrebbe impedito di garantire un andamento democratico e sicuro di questo incontro”. Tradotto, niente accordo a sinistra tra Comitati e partiti tradizionale.

Montanari, cosa è successo?
Succede che il percorso del Brancaccio (l’assemblea del 18 giugno scorso a Roma, da cui è partita l’ operazione per tenere assieme i comitati con la sinistra fuori dal Pd, ndr) si interrompe qui: almeno per ora.

Perché? Siete proprio incompatibili?
I tre leader dei partiti fuori del Pd, Giuseppe Civati, Roberto Speranza e Nicola Fratoianni, hanno convocato un’assemblea per il 2 dicembre senza spiegarci mai il metodo con cui si sarebbe tenuta. E in questi giorni abbiamo capito perché: vogliono renderla una spartizione di posti tra partiti. E all’epoca del Rosatellum o dell’ Italicum il nesso tra popolo, Parlamento e capi partito è quello cruciale. Specie per chi viene dalla battaglia referendaria.
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Magari si poteva aspettare l’ assemblea e poi valutare.
Il problema è di fondo. Noi non volevamo e non vogliamo rinunciare ai partiti, però intendevamo includerli in un progetto su base civica.
Avevamo delle richieste precise, tra cui far scegliere candidatura e leader alle assemblee. E una serie di condizioni: tenere nelle liste almeno il 50 per cento di persone mai state in Parlamento e il 50 per cento di donne.
In più, avremmo proposto a una libera assemblea di non candidare chiunque avesse avuto incarichi di governo.
Cioè Bersani e D’Alema Si può fare politica anche senza candidarsi. Io ho sempre detto che non mi sarei presentato e questa è anche la mia forza. Dopodiché a decidere chi includere nelle liste dovevano essere le assemblee territoriali.
Ma le vostre richieste sono finite nel nulla, a sentirla.
Noi volevamo un progetto che partisse dal basso, e invece i partiti hanno calato un leader dall’alto. Ma se ce l’hai già, che ti riunisci a fare?
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Cioè il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Con ogni evidenza.

Obiezione: un leader riconoscibile è necessario. E poi, senza gente nota come Bersani come si prendono i voti?
Bisogna cambiare elettorato di riferimento, e smetterla di pensare solo agli elettori del Pd. I miei studenti D’Alema non lo voterebbero mai.

E uno sconosciuto sì?
Bisogna innanzitutto riportare alle urne gli astenuti: e loro li convinci con un progetto civico, convincendoli che la politica può cambiare la loro vita, e che non è una professione. Non serve un Pd bonsai, ma un nuovo progetto a sinistra. E bisogna puntare a un elettorato molto più largo.
E invece i partiti vogliono fare una lista arcobaleno. Ma quel modello, con dentro anche Rifondazione Comunista, è stato applicato alle Regionali in Sicilia con la candidatura di Claudio Fava, e hanno preso il 6 per cento. Non mi pare granché.

Una lista civica avrebbe preso di più?
Alle Comunali di Padova una lista formata così ha preso il 23 per cento.
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Ma sul piano nazionale è un’altra cosa. Si rischia di morire di elitarismo.
Noi a difesa della Costituzione abbiamo raccolto 20 milioni di voti. Le pare elitario?
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Non erano solo voti vostri.
Certo, dentro c’erano anche il M5S e la destra. Ma noi abbiamo portato a votare i 18enni, abbiamo mosso giovani e gente che non votava da anni. È quella la rotta.

Cioè rubare consensi ai 5Stelle?
Dobbiamo essere competitivi con loro. E comunque la sinistra deve imparare qualcosa dallo spirito originario del M5S, secondo cui non bisogna essere professionisti per fare politica. Bisognerebbe essere più umili. Io ricordo spesso che la Costituzione l’ha scritta un’ assemblea di non professionisti. E forse è per questo che è così carica di futuro.

Ma in questi giorni cosa vi siete detti con i rappresentanti dei partiti?
Diciamo che ci hanno trattato come dilettanti incapaci.
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Chi?
I grandi professionisti a tutti noti. Ma l’abbiamo presa come un complimento.
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Gli strappi in politica si possono ricucire.
Io mi auguro davvero che possa accadere, spero che ci ripensino.

Altrimenti, non è che farete una lista per conto vostro?
Assolutamente no, basta con il frazionismo a sinistra. Con Renzi e Berlusconi che incombono, non starò certo a polemizzare con Fratoianni o Speranza. Potrei perfino votarli.
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Anna Falcone ha scritto su Facebook che continuerete con la vostra associazione. Stavate per rompere?
No, sono state solo ore molto tese. Ma ora io ho scritto un documento. E continueremo a lavorare assieme.
Il Fatto quotidiano, 14 novembre 2017 

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