Il No vuol diventare grande, ma ancora non ha deciso come

24 Gennaio 2017

Si ritrovano in tanti, perché vogliono continuare, assieme. Con una parola d’ ordine per salvarsi l’ anima, non trasformarsi in un partito. E l’obiettivo di condizionare la politica nazionale, (ri)partendo dalla richiesta di una legge elettorale proporzionale e dal sostegno ai referendum della Cgil. Però non sanno ancora cosa fare da grandi, neppure se scegliere o meno un nome diverso: mentre all’ uscio ci sono proprio loro, i partiti, che strizzano l’ occhio a quella massa di voti. C’è già la fila, alla porta del Comitato per il No al referendum costituzionale, che ieri a Roma ha riunito rappresentanti di tutta Italia assieme a quelli del Comitato per il No all’ Italicum. “Non può esaurirsi tutto stasera” ammettevano già la notte del 4 dicembre dal Comitato, mentre brindavano per la vittoria del No alla riforma renziana.

E allora rieccoli per un’ iniziativa che è una promessa: “Restiamo in campo”. Da tutta Italia arrivano rappresentanti degli oltre 700 comitati locali, stipati in un ex palazzo dell’ Inpdap vicino piazza San Giovanni, ora occupato da un centinaio di famiglie. Lo scenario è da centro sociale, e accresce l’effetto rosso antico. Perché l’area di riferimento è quella, la sinistra fuori dal Pd. Al tavolo dei relatori, i motori del comitato: il presidente Alessandro Pace, il vicepresidente Alfiero Grandi, Massimo Villone, Domenico Gallo. Non ci sono il presidente onorario Gustavo Zagrebesky e Stefano Rodotà. Nella sala da 220 posti la gente sta accalcata in piedi contro le pareti. Nella calca spuntano il costituzionalista Gaetano Azzariti, l’ ex presidente della Fiom Giorgio Cremaschi, il vicepresidente emerito della Consulta Paolo Maddalena, l’ ex Idv Pancho Pardi, il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero e Guido Calvi, presidente del comitato dalemiano per il No. C’ è anche un senatore dem, il battitore libero Walter Tocci. Mentre Sinistra Italiana è presente con tre parlamentari: Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Fabrizio Bocchino.

Dal microfono Gallo traccia una rotta: “Dobbiamo pensare a riorganizzare questa struttura, una volta approvata la legge elettorale bisognerà costituire un unico Comitato per la Costituzione”.

Però i comitati locali invocano peso. E non solo. “Serve trasparenza” chiede la portavoce di Venezia. In tanti chiedono “più scambio di informazioni tra di noi”. C’ è un nodo importante, come andare avanti sul piano economico. Ma se ne parla poco. “Per un po’ i finanziamenti che abbiamo raccolto nella campagna referendaria ci permetteranno di andare avanti anche se in modo francescano – spiega al Fatto Grandi – Poi dovremo fare appello di nuovo ai cittadini”. Però il nodo è soprattutto politico: perché restare assieme e come. Il primo obiettivo è una nuova legge elettorale: “proporzionale” ottiene la sala a gran voce, facendo correggere nel documento finale quel “sostanzialmente proporzionale” che era un equilibrio tra i big del comitato.

Con Grandi che non disdegnerebbe un Mattarellum modificato, e altri, in primis Villone, proporzionalisti convinti. Poi c’è il sostegno ai referendum della Cgil e la voglia di ritoccare l’ articolo 81 della Carta, quello sul pareggio di bilancio obbligatorio (“ma solo con un nuovo parlamento”). Però la domanda resta quella: cosa dev’ essere il Comitato? “Non dobbiamo diventare un partito” scandisce una signora da Brescia.

Ma gli stessi che disdegnano la politica ancien regime chiedono pure “rappresentanza”. Così si spazia dall’ idea di un comitato permanente a quello di Stati generali. Con un pensiero che tanti hanno ma pochi ammettono, testarsi nelle urne con una serie di liste civiche. Magari già nelle prossime amministrative. Perché la tentazione di correre è diffusa.

Grandi sorride: “Noi del comitato pensiamo che diventare un partito o presentarsi alle urne sarebbe un errore, vogliamo incidere sulla politica da fuori. Proveremo a resistere. Poi se qualche rappresentante più giovane volesse candidarsi, libero di farlo”. Ed è un altro tema che affiora, la voglia dei partiti di reclutare i volti della battaglia referendaria. Come Anna Falcone, la vicepresidente, che dopo la recente maternità appare per un breve saluto. Tomaso Montanari di Libertà e Giustizia invoca: “Dobbiamo fare rete”. E sono applausi. Villone scandisce: “Dobbiamo vigilare contro le forze che hanno appoggiato Renzi”.
Perché il nemico è sempre lui, l’ ex premier, accusato da più parti.
Fratoianni guarda e interviene.

Ovvio chiedergli: siete venuti a intercettare questi voti? “Ma no, noi abbiamo fatto la battaglia per il No con loro, vogliamo lavorare assieme sui temi. Poi vedremo”. In serata, si stabilisce che alle prossime riunioni dei consigli direttivi parteciperanno uno o due rappresentanti per i comitati di ogni regione.
Un passo verso un comitato più strutturato. Esposto, alle tentazioni.

 

 Il fatto Quotidiano, 22 gennaio 2017

 

 

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