Napolitano monita, garantendo di essere rimasto al Quirinale solo per “il percorso delle riforme”. Quagliariello (ri)detta la linea alle Camere. E il Senato ascolta da bravo, pronto a dire il suo secondo sì all’assalto alla Carta. Con uno schema che è il paradigma delle larghe intese, ieri il Colle ha “preparato” il voto di Palazzo Madama, che oggi dovrebbe approvare in seconda lettura il ddl costituzionale 813-b, quello che stravolge l’articolo 138 e istituisce un comitato di 42 parlamentari che potrà riscrivere i titoli I, II, III e V della seconda parte della Carta, più le norme “strettamente connesse”. Di fatto, metà della Costituzione. Ultimati i passaggi in Senato, non rimarrà che la seconda lettura alla Camera, prevista a metà dicembre.
LA GIORNATA inizia di buon mattino, con il ministro per le riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, che a Montecitorio illustra la relazione della commissione dei “saggi”, gli esperti nominati da Letta, su ispirazione di Napolitano. E in mattinata è proprio il presidente della Repubblica a dare l’avviso ai naviganti: “Al cammino delle riforme ho legato il mio impegno all’atto di una non ricercata rielezione a presidente. Lo porterò avanti finché sarò in grado di reggerlo”. Vietati gli scherzi in aula, insomma. “Occorre – ripete Napolitano – andare avanti con le riforme istituzionali come quella elettorale e quella della seconda parte della Costituzione”. Il miglior sostegno possibile per Quagliariello. In aula, il ministro si spiega: “Non possiamo permetterci un fallimento sulle riforme, produrrebbe il ripetersi dell’instabilità e ostacolerebbe la rimozione delle forzate coabitazioni tra forze politiche diverse”. Mette un paletto: “Occorre sgombrare il campo dall’illusione di porre rimedio al deficit di stabilità con un ennesimo intervento sul solo sistema elettorale”. E comunque, “anche se sono cosciente che serve un intervento di correzione, questo non potrà essere efficace e stabile: solo una riforma elettorale connessa alla revisione della forma di governo può garantire stabilità”. Traduzione: il Pdl, affezionato al Porcellum, non deve agitarsi. Nel breve il testo si potrà al massimo modificare.
IL MESSAGGIO più importante però arriva sulla giustizia, rimasta fuori dalle riforme costituzionali. Ma Quagliariello garantisce: “Ho avviato i contatti con il ministro della giustizia per un tavolo di coordinamento che conduca il governo a sottoporre al Parlamento proposte di riforma, sulla base delle indicazioni formulate” dai saggi. Ovvero, ci lavoreremo sopra, con una corsia preferenziale: Berlusconi e i falchi Pdl stiano sereni. Nel pomeriggio, il ministro concede il bis a Palazzo Madama. Afferma che il capo dello Stato “è una figura con natura politica e non neutra”. Celebra la consultazione on line del ministero sulle riforme, “la più partecipata non solo in Italia ma in Europa”. Quagliariello saluta, e in Senato inizia la discussione. I Cinque Stelle ricorrono al “costruzionismo”, per autodefinizione: ossia , si iscrivono a parlare tutti e 50 , per interventi da 20 minuti l’uno. Tocca anche i 7 di Sel, come previsto dal regolamento. La maggioranza potrebbe forzare nella capigruppo di questa mattina, contigentando i tempi così da votare in giornata. “Ma noi ci opporremo in tutti i modi” spiega Loredana De Petris (Sel). Senza lo “strappo del governo”, il voto potrebbe slittare a giovedì. Se il ddl non venisse approvato con la maggioranza dei 2/3, potrebbe essere sottoposto a referendum. Servirebbero tanti vuoti nella maggioranza pro ddl (partiti governo, più Lega e Fratelli d’Italia). Si parla di 6-7 malpancisti nel Pd. Uno dichiarato è Corradino Mineo: “Non voterò a favore, visto quanto accaduto dopo la sentenza su Berlusconi. Si chiede alla magistratura di non toccare l’unto del Signore: come si fa a cambiare assieme la forma di governo?”.