Senza il voto disgiunto questa legge elettorale è un tedesco taroccato. Però rappresenta anche un bel passo in avanti rispetto al Porcellum e all’Italicum, e in generale rispetto alla ‘droga” del maggioritario”. Massimo Villone, professore emerito di Diritto costituzionale nell’Università di Napoli Federico II, lo ripete più volte: “Io sono sempre stato un sostenitore del modello tedesco, perché è il più adatto a noi con il suo mix di proporzionale e collegi uninominali”.
Professore, in questa legge non c’è il voto disgiunto e dopo la riduzione dei collegi uninominali i nominati tramite liste bloccate saranno il 63 per cento, a fronte del 50 previsto in Germania. Come si fa a definirla sul modello tedesco?
La mancanza del disgiunto è un elemento importante, perché tramite il doppio voto in Germania è consentita una scelta diversa tra soggetto e partito. Con un unico voto invece di fatto verrà sempre premiato il simbolo, a tutto vantaggio dei grandi partiti, e a danno della libertà di scelta dei cittadini.
Quindi è un grave danno.
È una scelta non accettabile, che peraltro espone la legge a dei rischi di incostituzionalità. Anche se personalmente ho qualche dubbio sul fatto che possa portare alla “manifesta irragionevolezza” del testo, che è il parametro usato dalla Consulta per bocciare le leggi.
E la prevalenza dei nominati?
Quella era una scelta che andava fatta. In Germania il numero dei seggi è variabile, mentre da noi è fissato in Costituzione. Per restare nella quota stabilita dovevano decidere se aumentare una delle due percentuali tra maggioritario e proporzionale.
Si è scelto il proporzionale. E a lei non dispiace.
Mantenere un testo proporzionale è essenziale per scuotere i partiti, spingendoli a fare una politica diversa, ossia a tornare tra la gente per prendere davvero i voti.
Anche con il maggioritario bisogna conquistare il consenso. Ma soprattutto si ottiene un vincitore e quindi la governabilità.
Io ricordo che il primo governo di Silvio Berlusconi e il primo di Romano Prodi sono caduti anche se eletti con il maggioritario. E vedere lo stesso Prodi o Rosy Bindi che lo celebrano mi lascia premesso.
Magari con un premio di maggioranza o di governabilità si potrebbe blindare il risultato. I Cinque Stelle spingono per inserirlo nel tedeschellum, ha visto?
Sono contrario. Il premio di maggioranza porta a maggioranze falsamente solide, che non sono rappresentative. In pratica, droga il risultato.
Ma la sera del voto potremmo sapere chi governerà. Con l’attuale sistema invece rischiamo la palude delle larghe intese, ammesso che si trovino.
Alcuni Paesi ci hanno messo molto tempo a formarle, eppure stanno benissimo. E poi io non voglio avere qualcuno che mi comandi da Palazzo Chigi.
Lei vuole solo il proporzionale.
Lo ripeto, è l’unico modo per avviare una rifondazione della politica. E se ci stiamo arrivando è grazie anche alla vittoria del No nel referendum costituzionale del 4 dicembre, che ha cambiato gli equilibri politici.
E nel proporzionale lei inserirebbe anche le preferenze?
Assolutamente no. Ho visto a cosa portano, in tutti i partiti. Sono solo una merce di scambio per ras e capetti locali. L’amore per le preferenze andrebbe seriamente verificato.
In definitiva, che voto darebbe a questa legge elettorale se rimanesse così com’è?
Direi cinque più, anzi cinque e mezzo.
E meno male che rappresenta un passo in avanti.
Con il Porcellum e l’Italicum eravamo a -1. E comunque inserendo il voto disgiunto questa legge andrebbe sopra la sufficienza.
il Fatto Quotidiano, 6 giugno 2017