Diversamente da quanto sostenuto, soprattutto dal M5S, ritengo che anche dopo l’ approvazione della nuova legge elettorale l’ attuale Parlamento non dovrà essere sciolto prima della scadenza naturale della XVII legislatura. E ciò, ancorché l’ attuale composizione della Camera sia tuttora gravemente viziata in conseguenza dell’ incostituzionalità del Porcellum (127 seggi in più al Pd, 58 e 51 seggi in meno rispettivamente al M5S e al PdL); e ancorché la Corte costituzionale, nella sentenza del 2014, abbia fatto capire che il Parlamento “viziato” non avrebbe potuto continuare a operare dopo l’ approvazione della nuova legge elettorale.
Nonostante sia stato da me reiteratamente sostenuto l’ argomento dell’ illegittimità della composizione dell’ attuale Parlamento (che nel referendum è stato vincente!), nel momento attuale mi sembra ormai formalistico, non tanto perché la XVII legislatura scadrà fra meno di un anno, ma soprattutto perché l’ anticipato scioglimento delle Camere – come sottolineato dall’ iniziativa di Repubblica “Le leggi da non tradire”- determinerebbe la decadenza di tutta una serie di riforme legislative di grande importanza.
Ma c’ è anche qualcosa di più, che dovrebbe indurre Renzi, Berlusconi, Salvini e Grillo (o chi per lui) a non affrettare i tempi dello scioglimento delle Camere.
Tutti gli analisti concordano che, grazie al Rosatellum simil-tedesco, non vi sarebbe una sicura maggioranza. Né è condivisibile la tesi dell’on. Luigi Di Maio, secondo cui nella legge elettorale in discussione verrebbe previsto un premio in seggi al partito più votato. A parte la lezione di Luigi Einaudi, secondo cui il premio di maggioranza potrebbe essere riconosciuto solo al partito che raggiungesse il 50,1 per cento dei voti validi; a parte ciò, è evidente che con la nuova legge i partiti che supereranno il 5 per cento lucreranno i seggi dei partiti che non abbiano raggiunto tale soglia.
Torno al punto. Come già detto, gli analisti concordano che, date le forze in campo, il Rosatellum non garantirebbe una sicura maggioranza. Ne segue che Renzi, Berlusconi, Salvini, Grillo (o chi per lui) dovrebbero responsabilmente prevedere una qualche soluzione che se non garantisca addirittura la governabilità, quanto meno l’ agevoli.
Tale soluzione l’ha indicata Stefano Folli su queste pagine una decina di giorni fa, evocando la sfiducia costruttiva prevista dall’ articolo 67 della Legge fondamentale tedesca. Che, una volta trasposto nel nostro ordinamento, suonerebbe così: «Ciascuna Camera può votare la sfiducia al governo soltanto se la maggioranza dei propri componenti indichi al presidente della Repubblica il nome del successore del presidente del Consiglio dei ministri in carica». Inoltre, diversamente dalla Legge fondamentale tedesca, il nostro presidente della Repubblica, il cui ruolo è ben più incisivo del collega tedesco, non dovrebbe accogliere la richiesta della maggioranza (come in Germania), ma potrebbe in alternativa procedere allo scioglimento delle Camere.
Poiché si tratterebbe di una disposizione di una legge costituzionale, la cui duplice approvazione richiede un intervallo di tre mesi, se i partiti responsabilmente facessero propria questa proposta – che farebbe comodo a tutti i contendenti – , vi sarebbe una ragione in più perché il Parlamento attuale non debba essere sciolto prima della scadenza naturale.
Un’ultima chiosa. Ho letto su Repubblica del 1° giugno che «i sostenitori del tedesco hanno molta fretta e quindi insieme alla legge hanno presentato anche la perimetrazione dei collegi. Dunque salta il passaggio della commissione ad hoc che ha il compito di disegnare i collegi e saltano anche i 45 giorni che solitamente venivano concessi».
Resterebbero pertanto gli attuali collegi di circa 150mila elettori, laddove solo i collegi piccoli possono svolgere un’effettiva funzione rappresentativa anche nell’ipotesi assai discutibile – purtroppo cara a Matteo Renzi – delle liste bloccate.
la Repubblica, 3 giugno 2017