«Che sentimento provo? Indifferenza assoluta. Perché da troppo tempo il Pd ha cambiato la sua ragione di essere. E la colpa non è solo di Renzi». Sandra Bonsanti, giornalista, colonna di Libertà e Giustizia e da sempre con il cuore a sinistra, non si riconosce più in quella creatura, il Partito democratico, per la cui nascita si era impegnata dieci anni fa.
Come lo avrebbe voluto questo Pd?
«Prima, però, mi faccia chiarire una cosa. Dico di provare indifferenza assoluta perché sono arrabbiata. Poi mi fermo a pensare e, davanti alla scissione e al pericolo micidiale di Salvini e Grillo, dico che dobbiamo tutti fermarci a pensare. E lo dico anche a Rossi».
Ma questo partito avrà un’altra chance?
«Era nato come partito legato al territorio e ai relativi bisogni della gente e dei cittadini. Io ci avevo sperato tanto. Invece è diventato molto attento a occupare i posti del potere, della spartizione degli incarichi. Assolutamente lontano dai concetti di competenza, ma molto più vicino a quelli dell’ amicizia. Per me il Pd nato nel 2007 non è più lo stesso. Anche da prima di Renzi».
Sorpresa dallo strappo del governatore Rossi?
«Quando lui si candidò così in anticipo per contendere al segreteria a Renzi, ad un congresso che ancora non era all’orizzonte, compresi che forse c’era qualcosa che non mi tornava nel suo disegno. La sua decisione non l’ho molto capita, staremo a vedere. Però dico anche che, in questo momento così delicato, chi vuole provare a contendere a Renzi la leadership del partito deve avere il tempo e la possibilità di combattere una battaglia ad armi pari».
L’errore più grande fatto da Renzi?
«Forse è stato quello di cercare di fare il segretario. Lui non è la persona adatta a mettersi nei panni degli altri. Per tenere insieme tante persone diverse serviva tanta umiltà. Ora Renzi ha promesso che lo farà, ma forse è un po’ tardi».
Lei, nel 2012, dopo il famoso pranzo di Arcore con Berlusconi scrisse una dura lettera aperta a Renzi…
«Sì, e lui replicò con un’altra missiva per spiegare “perché io non sarò mai come voi”. Renzi, troppo spesso, ha incasellato quelli che non la pensavano come lui utilizzando caricature come quella dei “gufi”, degli “intellettuali” e dei “salotti”. Il mondo è più complicato di come lo cerca di raccontare Renzi. Le semplificazioni eccessive non sono sempre cose giuste: la Riforma costituzionale ne è l’esempio».
Il Corriere Fiorentino, 21 febbraio 2017