Sinistra Italiana nasca senza ipoteche, senza vincoli, senza zavorre

22 Gennaio 2017

montenariUn mondo largo e assai vario guarda con interesse, partecipazione e affetto alla nascita di Sinistra Italiana.

È il mondo che, per la prima volta dopo tanto tempo, ha trovato una forte motivazione, una unità di linguaggio e di obiettivi e infine una clamorosa vittoria nel voto referendario dello scorso 4 dicembre. Dentro i 19 milioni di italiani che hanno votato No ci sono anche, infatti, tutti i potenziali elettori di un partito di sinistra: e davvero erano anni che non lo si sarebbe potuto dire di nessun’altra occasione.
Durante la campagna referendaria chi, come me, si è impegnato come membro di un’associazione o di un comitato ha trovato tra i propri interlocutori tre ‘partiti’: il Movimento 5 Stelle, Possibile e Sinistra Italiana (oltre all’Altra Europa e a Rifondazione). Personalmente resto convinto che i 5 stelle figurino (seppur con mille ombre, e certo soltanto con una parte del loro corpo politico) nella foto di famiglia più larga della sinistra italiana. Ma certo è con Possibile e Sinistra Italiana che il colloquio è stato più naturale, spontaneo, familiare.

Già questo dualismo, tuttavia, motiva la più frequente esternazione che si potesse ascoltare a margine degli incontri sulla riforma costituzionale: “ma quando riusciremo a fare un unico, grande partito di sinistra?”.

Ecco: se questo mondo guarda alla genesi di Sinistra Italiana non è perché pensa che stia nascendo uno dei tanti partitini autoreferenziali da zero virgola, ma perché spera che sia una tappa della costruzione di una ‘cosa’ ben più grande. Una forza aperta, capace di ascoltare: e soprattutto capace di pensare se stessa come l’inizio di qualcos’altro, o, meglio, come parte di un processo più largo.

E la metafora giusta non è quella della cellula che prelude all’organismo: perché bisogna avere il coraggio di non determinare il corredo cromosomico di ciò che dovrà, prima o poi nascere, e che potrà (anzi, dovrà) essere diverso.

Anche molto diverso, se vorrà dare voce, rappresentanza e corpo nazionale alle mille, nuovissime sinistre che esistono ‘in basso’, lungo la lunghissima Penisola. Anche Sinistra Italiana, infatti, non potrà che partecipare al processo genetico che la vittoria del No ha inevitabilmente messo in moto: quello della nascita di una Sinistra di massa, in Italia.

Nel tatticismo che domina la vita politica italiana è inevitabile che si attenda la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum e dunque la legge elettorale che verrà. Che si attenda l’esito della battaglia ingaggiata del clan renziano per conservare il controllo del Pd, e dunque che si attenda di conoscere la sorte di quest’ultimo partito: riuscirà o non riuscirà a rientrare tutto intero in quella famosa foto di famiglia della sinistra italiana, o ne uscirà del tutto? E in quest’ultimo caso che farà la sua famosa sinistra interna, D’Alema incluso?

Attese e domande legittime, certo. Ma se fossero queste domande a dominare il dibattito del congresso della nascita di Sinistra Italiana, magari con una conseguente conta interna tra minoranza e maggioranza, e con ulteriormente conseguente posizionamento di ceto politico: ecco, se si cominciasse così, si finirebbe prima di cominciare. In un delizioso, recente libretto (La causa più originale che ho difeso, Edizioni Henry Beyle) si può leggere un intervento che Piero Calamandrei fece alla radio nel febbraio del 1955. Al centro della causa di cui parlava, c’era un signore animato da un’unica ragione di vita: danneggiare i propri vicini. Calamandrei difese quei vicini appellandosi al principio contenuto nell’articolo 844 del Codice Civile, che stabilisce che “il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”. Una tipologia antica, commenta Calamandrei rammentando le parole di Giavoleno (giurista dell’epoca di Traiano) su “un vicino che si dilettava di far fuoco in casa sua ‘superioris vicini fumigandi causa’, per il gusto di affumicare il vicino del piano di sopra”.

L’avvocato Giuliano Pisapia non si offenderà se dico che la sua proposta di un Campo Progressista organico al Partito Democratico ‘a prescindere’, mi pare aver qualcosa a che fare con questa fenomenologia trattata dall’avvocato Piero Calamandrei. Più in generale mi pare che gran parte della storia ultima della sinistra italiana si possa spiegare in questi termini.

Ecco, se vuole avere un senso Sinistra Italiana deve essere lontanissima da tutto ciò: anzi, dev’essere tutto il contrario. Dev’essere un luogo dove si discute fino in fondo di come provare a sciogliere i nodi cruciali (uno su tutti: il rapporto con l’Europa e con la sua moneta), non un luogo dove ci si diletta ad affumicare i vicini, interni ed esterni.

È per questo che in molti ci aspettiamo che Sinistra Italiana nasca senza ipoteche, senza vincoli, senza zavorre. Una sinistra che – per parafrasare un detto che riguarda la terra – senta se stessa come un prestito dai nipoti che verranno, più che come un’eredità avuta dai nonni, o dai padri. Un anticipo di futuro, insomma.

 

CONFERENZA STAMPA SAVE THE CHILDRENCaro Tomaso,

innanzitutto grazie. Grazie per le cose che scrivi e per l’attenzione che rivolgi al congresso fondativo di Sinistra Italiana.

Non è scontato, né usuale. Al tempo delle piccole patrie e della gelosa custodia dei propri recinti, è un fatto nuovo e bello che un compagno di strada metta nero su bianco e pubblicamente ciò che pensa, in positivo, segnalando possibilità e rischi, rispetto al lavoro che una forza politica si appresta a intraprendere.

Per riprendere la frase finale del tuo scritto, anche questo mi sembra un anticipo di futuro. Un futuro molto più incoraggiante di ciò che abbiamo davanti.

Sono d’accordo su tutto ciò che scrivi. Che di tatticismo si muore, innanzitutto. Che le speranze della Sinistra in questo paese spesso si sono infrante sui posizionamenti a prescindere, come sulle attese spasmodiche che qualche Godot arrivasse. La Sinistra come riflesso condizionato di ciò che accade da qualche altra parte.

Per questo continuo ad affermare e ne sono sempre più convinto che abbiamo bisogno di recuperare piena autonomia di pensiero, di analisi e di azione.

Ben sapendo che il congresso di Sinistra Italiana è un punto di partenza, non di arrivo. Dove sia diretta questa partenza? Dobbiamo stabilirlo tutte e tutti insieme. Ma la campagna referendaria che ci ha portato alla vittoria del 4 dicembre, ho avuto modo di dirlo più volte, ci ha offerto una traccia utile. Ha segnato un percorso virtuoso, capace di produrre risultati politici importanti, non solo perché siamo riusciti collettivamente a mettere in sicurezza la nostra Costituzione, ma anche perché a partire da quell’esperienza in molti territori sono nati spazi fisici comuni e luoghi di discussione collettivi che oggi lavorano insieme.

Sinistra Italiana, Possibile, le esperienze più avanzate del civismo, movimenti e comitati di diversa natura in molte nostre città già lavorano insieme. Dopo la difesa della Costituzione si preparano a costruire una proposta per un’alternativa nelle amministrazioni locali e già lavorano al successo dei referendum della Cgil.

Senza ipoteche, appunto. Ma forse con un vincolo: rimettere al centro della proposta l’enorme questione sociale cui il resto del panorama politico non riesce a dare risposte adeguate. La questione sociale e quella democratica, magari impegnando le proprie forze perché si possa arrivare ad una legge elettorale proporzionale. Per mettere fine alla stagione del governo del capo, del governo senza e contro il popolo.
Questa potrebbe essere una traccia da seguire, l’inizio di un percorso. Ho molto a pprezzato, ad esempio, una recente intervista di Pippo Civati che propone di iniziare sin da subito a discutere del mondo e di ciò che del mondo vogliamo fare, proprio per evitare che tutto il fermento politico e sociale che si è messo in moto in questi mesi trovi come unico sbocco possibile un abbrivio di tipo elettoralistico.

Così come penso che l’assemblea nazionale dei comitati del NO alla riforma Costituzionale che si è svolta sabato a Roma e alla quale abbiamo partecipato esprima una eccedenza democratica e popolare molto importante.

Abbiamo bisogno di questo. Di confronti e approfondimenti. Ne ha bisogno anche e soprattutto Sinistra Italiana nel suo congresso fondativo.

Citavi il nodo dell’Europa, non a caso. Ce ne sono altri di cui Sinistra Italiana deve discutere, senza caricature. Se siano ancora sostenibili orari di lavoro che non concedono nulla al tempo della vita della persona; se non sia arrivato il tempo anche in Italia di introdurre un reddito che non sia una misura compassionevole; se sia accettabile andare in pensione a 70 anni; quali speranze si possano riporre
nelle nuove forme di economia e quali rischi prefigurano. Come mettiamo in campo la revisione radicale del sistema economico che arricchisce i pochi già ricchi a scapito degli altri.

Sempre più spesso in questi giorni, soprattutto quando leggo i consigli di coloro che vogliono metterci in guardia dalle nostre “proposte belle ma irrealizzabili”, mi viene in mente il titolo del libro di uno dei più grandi pensatori e politici comunisti italiani, Pietro Ingrao. “Volevo la luna”, diceva lui.
Ecco, penso che Sinistra Italiana debba nascere con questo scopo: volere la luna. Ancora. Non rassegnarsi all’idea che la politica finisca nel quadro delle compatibilità date. Non rassegnarsi all’idea che tutto ciò che di peggio accade alla vita delle persone sia inevitabile. Perché questo è il meccanismo con cui hanno letteralmente fottuto intere generazioni negli ultimi anni. L’altare su cui si è immolata un’intera cultura politica. Aver ceduto all’idea che povertà, disuguaglianze, riduzione dei diritti, fossero l’unico modo per portare un piatto a tavola.

Credo che la strada, la nostra strada, debba essere questa.
Ti aspetto al nostro congresso fondativo, a Rimini per continuare a discutere e lavorare assieme.

 

Huffington Post, 22 gennaio 2017

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