Prevenzione e tutela dell’ambiente

23 Giugno 2016

I recenti incendi che dal 16 giugno hanno devastato vaste aree delle province di Messina e Palermo suggeriscono alcune riflessioni. Certamente l’impegno dei vigili del fuoco ha meritato il giusto riconoscimento da parte di tutti. Grazie all’encomiabile lavoro svolto non si sono verificati danni irreparabili alle persone.

 

Sarà comunque notevole il danno al patrimonio ambientale e saranno ingenti le risorse economiche impiegate per spegnere gli incendi e quelle che privati e collettività dovranno sostenere per riparare i guasti.

Sulle possibili cause si accerterà nel tempo se si sia trattato di episodi di autocombustione, ipotesi definita come suggestiva, o di episodi provocati da condotte dolose, ipotesi questa per la quale sono state prospettate reazioni durissime sia da parte del Presidente della Regione sia da parte del Ministro dell’Interno.

 

Le stesse autorità e più fonti giornalistiche hanno parlato di numerosi focolai indipendenti.

La sezione meteo di Tempostretto, giornale on line di Messina, lunedi 13 giugno segnalava ondate di calore e venti sciroccali previsti in una determinata zona della Sicilia ed ancora più esplicitamente il 15 giugno segnalava temperature oltre i 40 gradi, forti venti e il rischio di incendi nel versante tirrenico dell’area nebroidea-peloritana della costa tirrenica. Possiamo immaginare che non si sia trattato di segnalazioni isolate e possiamo immaginare che ci siano state anche informazioni non solamente giornalistiche per i circuiti istituzionali.

 

Legittimamente possiamo chiederci: si sarebbe potuto fare di più in via preventiva? Non sappiamo se la protezione civile abbia predisposto sistemi di prevenzione e se alla luce delle previsioni fosse utile o inutile disporli. Non sappiamo se le forze dell’ordine siano state allertate o meno per prevenire possibili attentati incendiari con servizi di vigilanza ed eventualmente arrestare i piromani colti in flagranza.

La risposta a queste domande potrebbe essere importante tanto quanto l’accertamento di possibili cause dolose degli incendi, soprattutto per costituire un bagaglio di esperienze che contribuiscano ad evitare il ripetersi dei fatti.

 

Ancora una volta siamo costretti a plaudire agli interventi della protezione civile a danni verificatisi e ad ascoltare rappresentanti delle istituzioni promettere reazioni durissime. Gli annunci delle reazioni non costano e di fatto le reazioni ci potranno essere se ed in quanto potranno essere identificati e processati in tempi utili eventuali responsabili, cosa tutt’altro che facile.

 

E comunque condanne dei colpevoli alla pena di dieci anni (la più grave edittale prevista) potranno forse consentire la punizione di responsabilità individuali, ma non potranno mai riparare i guasti ambientali.

Non possiamo escludere neppure coinvolgimenti di mafie, essendo stati colpiti territori oggetto di attenzioni mafiose.

 

Se su territori sui quali la mafia storicamente opera si verificano fatti dolosi dagli effetti devastanti, o si può immaginare la regia della mafia o si può configurare un consenso della mafia a fenomeni criminali che non sono considerati un ostacolo ai propri interessi. Ed è ormai un fatto di comune esperienza che interventi di soccorso, ripristini, riqualificazioni e ricostruzioni dopo calamità movimentano grandi quantità di denaro e favoriscono pratiche corruttive. Con riferimento a quest’ultima considerazione, è indubbio che le mafie possano trarre vantaggi anche da incendi riconducibili a singoli individui più o meno interessati, o addirittura a fatti non dolosi.

 

Ancora una volta siamo costretti a ragionare in termini di reazione dello Stato quando forse, alla luce delle previsioni meteo, sarebbe stata più opportuna se non doverosa un’azione di controllo del territorio per prevenire gesti dolosi ed assicurare interventi il più possibile tempestivi nel caso di incendi per autocombustione.

 

 

(*) L’autore, magistrato in pensione, è socio di Libertà e Giustizia di Messina

Lettera 43 blog, 20 giugno 2016

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