Una riflessione sul reato di clandestinità

15 Gennaio 2016

I recenti fatti di Parigi e di Colonia dimostrano quanto sia difficile governare questo momento storico in un’Europa che assiste alle lacerazioni e alle guerre del mondo arabo, incapace di comprendere ed agire.
Politiche francesi e tedesche sembrano essere fallite e pure è necessario essere ancora più consapevoli che non si possono affrontare i problemi, e sperare in una loro sia pure non immediata soluzione, senza saper coniugare accoglienza e fermezza nel respingimento di coloro che a diverso titolo non sono meritevoli di rispettare i valori della nostra civiltà.

Mi sembra necessario che l’Europa prenda coscienza dei propri nuovi confini, che si smetta di pensare ai confini di sempre tra i diversi paesi e soprattutto che le politiche di integrazione e di respingimento siano comuni.
In questo quadro lascia sconcertati la motivazione offerta per il mantenimento del reato di “clandestinita”. Il Paese non capirebbe.

Un Paese chiamato a breve a pronunziarsi su una riforma costituzionale con un voto di grande maturità, sarebbe invece impreparato a capire il perché di una depenalizzazione riconosciuta utile anche dal capo della Polizia, e con diversi toni dal ministro per l’Interno, che non può non riconoscere la pochezza del contrasto fin qui realizzatosi con il ricorso al penale.
Spiace che un premier giovane e dichiaratamente riformista si arrenda e che una delle poche riforme suggerita o comunque condivisa dal ministro della Giustizia non trovi spazio.

Credo invece che i cittadini siano perfettamente consapevoli che si perda tempo con inutili prescrizioni e soprattutto che si spendano inutilmente denari pubblici che in modo più produttivo potrebbero essere destinati allo scopo.
Le espulsioni grazie a questa legge sono statisticamente non rilevanti e dimostrano la non incidenza della prescrizione penale ai fini del respingimento.

Incidono invece, e non poco, sul lavoro dei magistrati e dei cancellieri, la cui attività viene ancora una volta utilizzata come stanza di compensazione per il mancato intervento della politica. È augurabile che la politica, e il governo soprattutto, preso atto, come fatto, dell’inutilità della previsione penale, agiscano con una determinazione pari a quella usata per altre riforme.
I cittadini possono non condividere, ma capiscono.

 

(*) Circolo LeG di Messina

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