Dalle minacce ai magistrati, al processo sulla trattativa Stato-mafia, passando per il “protocollo Farfalla” e per la preoccupante situazione siciliana. Sono i tanti argomenti affrontati dal procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, convocato ieri in Commissione Antimafia, presieduta da Rosy Bindi. L’audizione è durata due ore e, come chiesto dallo stesso procuratore, è stata secretata.
Scarpinato così è partito da lontano, dall’inchiesta “Sistemi criminali” (archiviata anni fa ai tempi del procuratore Grasso) sul sottofondo delle stragi: cioè su quel groviglio di uomini dei servizi più o meno deviati, estremisti di destra, massoni e piduisti che concordarono o addirittura dettarono la strategia stragista a Riina e agli altri boss della Cupola. Tutto tra la fine del ’91 e la primavera del ’92, a cavallo con la storica sentenza della Cassazione sul maxi-processo, innescando il delitto Lima, gli eccidi di Capaci e via D’Amelio e la nascita delle “leghe meridionali” poi scaricate da Cosa Nostra a fine ’93 in favore di Forza Italia.
MA IL RACCONTO del Pg di Palermo giunge fino ai giorni nostri, rivelando alcuni particolari di indagini da lui stesso avviate nelle ultime settimane insieme al sostituto Giuseppe Patronaggio, per il processo d’appello contro il generale Mori e al colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Provenzano nel ‘95. Scarpinato si è poi soffermato sui possibili moventi della lettere minatorie che “qualcuno”, eludendo i controlli al Palazzo di giustizia, ai primi di settembre gli ha lasciato sulla scrivania del suo ufficio: una lettera che puzza di servizi o di “apparati”, specie se la si collega con le visite di fine luglio del Pg nella sede romana dell’Aisi, l’ex servizio segreto civile.
Tutt’oggi – avrebbe raccontato Scarpinato – si registrano strani movimenti e manovre di uomini dei servizi nelle carceri per avvicinare mafiosi pentiti e non. Il caso più eclatante (ma non sarebbe l’unico) è quello del collaboratore di giustizia Sergio Flamia, che si è presentato a demolire le accuse a Mori e Obinu: poi però i magistrati hanno scoperto che lavora da vent’anni per i Servizi, che l’avrebbero anche retribuito con circa 150 mila euro. “La situazione siciliana rappresentata dal procuratore è molto preoccupante”, questo l’unico commento dei commissari sull’audizione di ieri.