Disegno di legge costituzionale

20 Marzo 2014

Modifiche alla Costituzione per la riforma del bicameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari e l’assegnazione al Senato di funzioni di garanzia. Disegno di legge depositato dal senatore del Pd Walter Tocci.

senatoSENATO DELLA REPUBBLICA
———– XVII LEGISLATURA ———–

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
d’iniziativa del Senatore TOCCI

Modifiche alla Costituzione per la riforma del  bicameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari e l’assegnazione al Senato di funzioni di garanzia

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6 marzo 2014

Onorevoli Senatori: Il dibattito sul bicameralismo parte molto male. Si cercano risposte corrette a domande sbagliate. Come è accaduto in tutte le riforme costituzionali della Seconda Repubblica si rischia di peggiorare anziché riformare l’assetto istituzionale. La presente proposta si muove in una prospettiva diversa rispetto agli orientamenti consolidati nel dibattito corrente. In primo luogo, occorre quindi evidenziare le impostazioni che qui si intende mettere in discussione.
Le principali sono tre.

Plebeismo costituzionale

Per ridurre i costi della politica, si dice, i senatori non sono più eletti dal popolo ma vengono nominati dagli amministratori locali al loro interno. Si ottiene così un risultato bizzarro: per combattere la cosiddetta “Casta” si affida esclusivamente al ceto politico la nomina dei membri del Senato. Con un messaggio chiaro. Vale tanto poco la Camera Alta da diventare una sorta di “dopolavoro” di politici che dovrebbero essere già molto impegnati nella cura dei rispettivi territori.
Altro che riforma, questo è un “plebeismo costituzionale” che arriva a degradare il modello istituzionale per offrire una finta risposta alla seria questione della Casta. Oltretutto è un metodo inutile, poiché sono disponibili strumenti più diretti e più semplici per ridurre i costi della politica. Basta diminuire il numero dei parlamentari. E si possono ridurre gli emolumenti togliendo ai parlamentari l’onere di sostenere i servizi di gestione del mandato sul territorio e di finanziare surrettiziamente i partiti. Rimuovere queste improprie partite di giro consente di uscire dall’attuale paradosso di emolumenti più alti e costi dei servizi più bassi rispetto ai parlamenti europei.

Frattura nazionale

Si intende inoltre soddisfare una domanda di maggiore rappresentanza territoriale del Senato. Eppure questa non sembra affatto carente, se si pensa a quante leggi vengono approvate con l’aggiunta di provvedimenti localistici. Certo non saranno gli amministratori locali nominati senatori a ridurre questa frammentazione.
Si aggiunge che è giunto il tempo di dare voce in Parlamento alle autonomie locali. Ciò significa attribuire ai nuovi senatori il vincolo di mandato, in contrasto con l’articolo 67, di rappresentare prima di tutto la Regione o il Comune di appartenenza. Gli interessi territoriali si esprimono direttamente, rompendo i pur flebili legami che oggi ancora vengono assicurati dalla mediazione politica dei partiti nazionali. Ciò significa che nell’aula del nuovo Senato la dialettica governo e opposizione non si esprime più sui programmi politici ma sulle rappresentanze territoriali. Nessuno può impedire, quindi, che si formi una maggioranza del Nord per mettere in minoranza il Sud. Sarebbe la miccia capace di accendere dissoluzione della fragile nazione italiana. Si porta a sproposito l’esempio del Bundestrat dimenticando che la Germania coniuga la molteplicità territoriale con una forte unità nazionale. In venti anni i tedeschi sono riusciti a riunificare l’Ovest con l’Est che veniva dal crollo del regime comunista. Nello stesso periodo la storica frattura del nostro Mezzogiorno si è accentuata. Metterla ai voti in Parlamento potrebbe essere molto rischioso per l’unità nazionale. L’Italia è l’unico paese europeo che non può permettersi di poggiare la rappresentanza parlamentare sul cleavage territoriale.

Futurismo legislativo

Si invoca la fine del bicameralismo perfetto con l’esigenza di velocizzare l’approvazione delle leggi. Sembra effettiva solo perché viene ripetuta ossessivamente nel teatrino politico-mediatico. Ma in realtà il Paese è soffocato dall’eccesso di produzione di leggi. Ogni settimana dalle Camere vengono approvati testi legislativi di centinaia di pagine, contenenti migliaia di commi che spesso modificano quelli promulgati nei mesi precedenti. Da tanti anni in Parlamento non si approva più una legge organica. La legislazione è travolta dall’amministrazione corrente e prende la forma di decreti omnibus che assemblano norme frammentate, disorganiche e improvvisate. In tutti i campi della vita nazionale – la scuola, il fisco, la giustizia, il lavoro, le autonomie locali – è diventato ormai impossibile capire come funzionano le regole senza l’ausilio di esperti che sembrano oracoli iniziati ai misteri della dea Burocrazia.
Davvero bisogna velocizzare? È proprio l’eccesso di legislazione che blocca qualsiasi iniziativa innovativa di imprese, cittadini, organizzazioni sociali e istituzioni. È una peste normativa che si diffonde nella società fiaccandone le energie vitali: “I regni destinati a perire producono molte leggi” (Nietzsche).

Diverse sono le cause dell’epidemia. I burocrati ministeriali invece di amministrare gli uffici preferiscono coprirsi dietro norme esecutive che li esentano dalle scelte e dalle responsabilità della gestione. Di fronte a qualsiasi inefficienza alzano le mani e danno la colpa alle leggi che loro stessi hanno scritto ma altri hanno approvato. I ministri a loro volta cercano soluzioni facili e di immediato impatto mediatico senza avventurarsi su complessi e lunghi processi riformatori. La mancanza di progettualità viene surrogata dai fantasiosi titoli dei decreti – il Fare, il Salva Italia, la Scuola Riparte, il Valore Cultura ecc. – che nei fatti contengono solo provvedimenti occasionali e di corto respiro. La legislazione diventa un proseguimento della comunicazione con altri mezzi. Infine, l’assenza di organiche proposte sollecita i parlamentari a produrre centinaia di emendamenti particolaristici che sbrindellano ulteriormente i testi normativi.

Solo in Italia viene definita riforma la mera approvazione di una legge, con un ribaltamento semantico tra l’obiettivo e lo strumento. Ma il linguaggio rivela sempre una realtà. È infatti proprio il riduzionismo normativo che impedisce di progettare politiche pubbliche intese come programmi complessi volti a cogliere determinati obiettivi con innovazioni organizzative, cognitive, economiche e solo in parte giuridiche. La mancanza di policies strutturate – ad esempio per la scuola, la casa, i trasporti, il lavoro ecc. –  è la vera causa di ingovernabilità del Paese e la più grave arretratezza rispetto all’Europa, come ha osservato autorevolmente Sabino Cassese (La qualità delle politiche pubbliche, ovvero del metodo nel governare, Lectio alla Camera dei Deputati, 11-2-2013). Ma il discorso politico-mediatico si occupa solo dell’ingegneria istituzionale, sempre alla ricerca di modelli che aumentino la velocità di approvazione delle leggi. È un “futurismo legislativo” che promette efficienza e ottiene solo burocrazia. È  un decisionismo senza alcuna vera decisione. Aveva ragione Luigi Einaudi nell’apprezzare la lentezza parlamentare come la virtù capace di limitare gli eccessi normativi.

La proposta: dal bicameralismo perfetto al bicameralismo di garanzia.

La vera esigenza nazionale non è la velocità ma la qualità della legislazione. Basterebbero poche leggi l’anno purché scritte in forma semplice e con chiarezza di principi, delegando altresì le funzioni gestionali al Governo e aumentando i poteri di controllo e di indirizzo del Parlamento. Nessuno impedirebbe di farlo con l’attuale ordinamento, ma se proprio dobbiamo mettere mano alla Carta si può introdurre uno strumento nuovo per curare la peste normativa.

Occorre rafforzare la gerarchia delle fonti introducendo un terzo livello: oltre le attuali leggi costituzionali e leggi ordinarie si dovrebbero introdurre le leggi in forma di Codici, intesi come testi unitari che regolano organicamente i principi, i criteri e gli obiettivi nei diversi campi della vita pubblica. Essi dovrebbero riguardare almeno cinque modalità: a) attuazione dei principi e della prima parte della Carta, con particolare riferimento ai casi previsti di riserva di legge; b) tutela dei diritti fondamentali e procedure della giurisdizione; c) ordinamento delle istituzioni riconosciute nella loro autonomia dalla Costituzione (ad esempio, i Comuni e le Regioni, la famiglia, le istituzioni dell’istruzione e della cultura, i partiti); d) armonizzazione con il diritto europeo; e) deleghe legislative al governo e ampie delegificazioni previste nei singoli Codici. Per evitare che rimangano semplici perorazioni a questi testi si dovrebbe conferire una “riserva di codice” che consente di modificarli solo con la legislazione dello stesso rango, cioè con riforme dei codici medesimi, escludendo qualsiasi incursione della legislazione ordinaria e tanto meno della decretazione d’urgenza. La definizione dei Codici è argomento molto complesso e trova valutazioni di fattibilità più o meno positive tra i nostri costituzionalisti. Se si decidesse di introdurre questa fonte legislativa, si dovrebbero chiamare le migliori competenze giuridiche a elaborare soluzioni originali e realistiche.

I Codici sarebbero l’anello di congiunzione tra i principi costituzionali e la legislazione ordinaria. Questa è andata fuori dal seminato proprio perché non ha avuto alcuna forma di contenimento, essendo molto deboli i controlli di costituzionalità sia preventivi sia successivi all’approvazione. La codificazione metterebbe ordine nella produzione normativa creando i grandi bastioni sui quali innalzare la qualità dell’architettura legislativa, ciò che per Mario Dogliani è “un obiettivo che immette nella forma di governo un elemento ‘aristocratico’, ma di derivazione pienamente democratica”.
I Codici dovrebbero tutelare le garanzie fondamentali indicando al legislatore sia ciò che non può decidere sia ciò che non può non decidere. Cioè le garanzie negative dei limiti posti alla legge allo scopo di tutelare i diritti di libertà e le garanzie positive dei “compiti della Repubblica” al fine di rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza (L. Ferrajoli, Dei diritti e delle garanzie, Il Mulino). L’attuazione della Costituzione diventerebbe così la priorità delle riforme istituzionali. L’aggiornamento della seconda parte andrebbe a esaltare il valore della prima parte, sgombrando il campo dalle ipocrisie di chi ha sempre cercato di stravolgere la seconda per intaccare i principi della prima, come accadde nella revisione del 2005.

La riforma del bicameralismo perfetto assume un senso logico e un’utilità nazionale solo se realizza una netta separazione di funzioni: il Senato tutela i diritti e le garanzie, la Camera si occupa del governo del Paese. Questa distinzione potrebbe fondarsi proprio sul nuovo strumento dei Codici che insieme alle leggi costituzionali sarebbero di competenza del Senato ancora in regime di bicameralismo, mentre alla Camera sarebbe affidata in esclusiva la legislazione ordinaria e l’iniziativa di attuazione del programma politico che è risultato vincente alle elezioni.
In tal modo la distinzione di funzioni sarebbe ottenuta sul piano esclusivamente formale e astratto entro i limiti dei Codici e dei principi costituzionali. Si eviterebbero così le incongruenze che nascono quando in Costituzione si opera per riparto di materie e di contenuti, come dimostra la dottrina e anche la pratica (le aporie della legge del 2005 e, in altro contesto, quelle del Titolo V che ora si intende correggere).

Dalla netta separazione discendono alcuni corollari importanti. Il voto di fiducia è di competenza solo della Camera e ciò stimola il Governo ad attuare il suo programma, ma senza poter intervenire con la decretazione sulle garanzie protette dai Codici. Il Senato, non avendo l’onere della governabilità, potrebbe essere composto con legge elettorale proporzionale, non essendoci motivo nel distorcere la rappresentanza con premi di maggioranza che anzi sarebbero in contrasto con le funzioni di garanzia. Ciò risolve alla radice il problema oggi tanto sentito della differenza politica tra i due rami, senza dover ricorrere a particolari accorgimenti della legge elettorale. I nuovi compiti del Senato non hanno bisogno di una maggioranza omogenea a quella della Camera.

Le funzioni di controllo sarebbero affidate al Senato che potrebbe svolgerle più liberamente proprio perché svincolato dal voto di fiducia. E con l’occasione esse potrebbero essere rafforzate e precisate in diversi punti: valutazione della costituzionalità delle proposte di legge anche con accesso diretto alla Corte;  valutazione delle politiche pubbliche al fine di fornire alla Camera indicazioni sui difetti e sui miglioramenti della legislazione vigente; poteri di indagine sull’amministrazione e di audizione dei manager di Stato, con strumenti severi di controllo come accade nel Senato americano quando vengono ascoltati i capi della Cia o della Nasa o di altre agenzie pubbliche.

Il nuovo Senato sarebbe l’istituzione preposta all’innalzamento della qualità della legislazione. Avrebbe tutto l’interesse a sviluppare i Codici che rafforzano le sue competenze e aiuterebbe anche la Camera a occuparsi di alta legislazione sottraendosi all’attuale monopolio governativo della decretazione. Il bicameralismo non sarebbe più perfetto, guadagnerebbe una dialettica tra garanzie e governo che andrebbe a beneficio dell’autorevolezza del Parlamento.
In tal modo la riforma del bicameralismo risponderebbe ad una reale esigenza del Paese liberandosi dalle tre impostazioni sbagliate che hanno finora fuorviato il dibattito.

Contro il plebeismo costituzionale il Senato diventerebbe a tutti gli effetti la Camera alta, come luogo della sovranità dei diritti e delle garanzie, come istituzione ispirata all’attuazione della Carta.
Contro la peste normativa che sfianca lo Stato e la società promuoverebbe una produzione legislativa di alta qualità, regolando con maggiore efficacia e semplicità la vita nazionale.
Contro il pericolo della frattura territoriale sarebbe un presidio dell’unità nazionale. La cura dei Codici delle istituzioni locali offrirebbe una garanzia nel riconoscimento delle autonomie ai sensi dell’articolo 5 della Costituzione. Alla Camera invece spetterebbe il compito di integrare le politiche pubbliche avvalendosi del contributo di una rinnovata Conferenza Stato-Regioni.
La logica conseguenza è che il Senato delle garanzie non può essere legittimato con le nomine di secondo grado, ma soltanto con la fonte primaria del suffragio popolare.
Infine, questa soluzione sarebbe ancora più necessaria qualora si confermasse l’impianto del disegno di legge elettorale, il così detto  Italicum, approvato alla Camera del Deputati in prima lettura. Esso infatti, consente a un leader politico di ottenere la maggioranza assoluta alla Camera con meno del 20% degli aventi diritto al voto. Egli disporrebbe di deputati fedeli, non solo non scelti dagli elettori, ma eletti anche al posto dei rappresentanti dei partiti minori. A quel punto una minoranza combattiva avrebbe la strada spianata per il Quirinale e per una modifica profonda della Carta. Il Senato degli amministratori locali non avrebbe alcuna possibilità di impedire tali forzature, perché i senatori non avrebbero più la libertà di mandato garantito dall’articolo 67 in quanto vincolati a rappresentare gli enti di provenienza. Ma il leader vittorioso non farebbe mancare concessioni agli interessi territoriali pur di ottenere consenso al proprio disegno. Magari tutto ciò non accade ma una legge elettorale va giudicata nel caso peggiore che può verificarsi. E sarebbe un presidenzialismo selvaggio privo di contrappesi democratici. Con una legge elettorale così fortemente maggioritaria l’unico contrappeso può venire dal nuovo bicameralismo delle garanzie.

 Il disegno di legge

Gli articoli 1, 2 e 3 del presente disegno di legge costituzionale modificano gli articoli 56, 57 e 58 della Costituzione operando una drastica riduzione del numero dei parlamentari eletti.  La Camera dei deputati passa dagli attuali seicentotrenta membri a quattrocentosettanta ed il Senato dagli attuali trecentoquindici a centocinquantacinque senatori. Le modifiche in esame riducono, inoltre, ad otto il numero dei deputati e a tre quello dei senatori eletti nella circoscrizione Estero. Complessivamente il numero dei parlamentari eletti si riduce di trecentoventi unità. Negli stessi articoli vengono abbassate le soglie di età per l’elettorato passivo a ventuno anni per la Camera ed a trentacinque per il Senato. L’articolo 3, inoltre, abbassa a ventuno anni l’età per votare alle elezioni del Senato.
L’articolo 4 del disegno di legge modifica l’articolo 63 Cost. al fine di introdurre per l’elezione del Presidente del Senato un voto a maggioranza qualificata. Questo in ragione delle rilevanti funzioni di garanzia affidate in via esclusiva al Senato e alla conseguente necessità di rafforzare i profili di imparzialità del Presidente di questa assemblea.
L’articolo 5 modifica le modalità di esercizio della funzione legislativa affidando alla sola Camera dei deputati l’esame e l’approvazione delle leggi ordinarie, attraverso le quali prende forma e si sostanzia l’indirizzo politico alla base del rapporto di fiducia con il Governo. Nell’articolo 70 della Costituzione si propone, quindi, di inserire quattro nuovi commi con i quali si introduce una nuova fonte normativa chiamata “legge organica”, per la quale la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere come avviene attualmente per tutte le leggi. Con queste disposizioni l’approvazione bicamerale conferirà un carattere rinforzato alle leggi organiche le uniche, assieme alle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, a dover essere approvate da entrambe le Camere. Il comma 3 del nuovo articolo 70 individua, quindi, tre categorie di leggi che devono essere approvate nella forma della legge organica: a) le leggi in materia di organi, istituzioni e formazioni sociali di rilevanza costituzionale, le leggi in materia elettorale, le leggi di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e di recepimento del diritto dell’Unione europea; b) i codici che disciplinano in modo organico l’attuazione e la garanzia giurisdizionale dei principi e dei diritti fondamentali della Parte I della Costituzione; c) le leggi per le quali la Costituzione prescrive una maggioranza speciale di approvazione.
Vengono poi introdotte sempre con l’articolo 5 del disegno di legge due riserve di codice: la prima che impone per le materie sottoposte a codificazione dal nuovo comma 3, l’approvazione con legge organica delle modifiche al codice di appartenenza; la seconda che introduce una riserva di codice assoluta per le norme in materia penale, in base alla quale nessuna nuova norma o modifica alle norme esistenti in materia di reati, pene o di processo penale può essere introdotta se non con legge organica ed attraverso una modifica espressa del codice penale o del codice di procedura penale.
Gli articoli 6, 9, 10 e 11 coordinano il nuovo articolo 70, che differenzia tra legge ordinaria di competenza della Camera e legge organica bicamerale, modificando di conseguenza: l’articolo 72 sul procedimento legislativo; l’articolo 77 sulla conversioni dei decreti-legge affidandone la competenza alla sola Camera dei deputati in quanto aventi questi forza legge ordinaria; l’articolo 78 imponendo una legge organica per la deliberazione dello stato di guerra; l’articolo 81 prevedendo l’approvazione della sola Camera dei deputati e dunque con legge ordinaria del bilancio e del rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’articolo 8 introduce, coerentemente con questa impostazione, un secondo tipo di referendum popolare per deliberare l’abrogazione parziale, di una legge organica. Rispetto al referendum che ha per oggetto le leggi ordinarie il nuovo secondo comma dell’articolo 75 prevede che possano richiedere referendum su di una legge organica un milione di elettori o sette Consigli regionali.
Gli articoli 7 e 12 del disegno di legge apportano modifiche rispettivamente agli articoli 73 ed 82 della Costituzione, così delineando le importanti funzioni di garanzia costituzionale e di controllo affidate al nuovo Senato della Repubblica da questo progetto di riforma. Il nuovo articolo 82 gli assegna la funzione di controllo dell’attività normativa ed esecutiva del Governo e della pubblica amministrazione conferendogli un ruolo di vigilanza: sull’attuazione e sull’efficacia delle leggi, sul corretto esercizio della delegazione legislativa e dei poteri normativi del Governo; sulla qualità, l’omogeneità e la chiarezza dei testi normativi; sul corretto esercizio delle nomine pubbliche; sulla  coerenza e la completezza dell’ordinamento, nonché della sua armonizzazione nella disciplina dei codici con il diritto dell’Unione europea. In questa chiave deve leggersi l’attribuzione al solo Senato del potere di disporre inchieste in materie di pubblico interesse. Sganciato il Senato dal rapporto di fiducia con il Governo, le commissioni d’inchiesta disposte da questa camera acquisteranno in autorevolezza ed imparzialità rivitalizzando di conseguenza tutto il sistema dei controlli parlamentari sull’attività esecutiva del Governo e delle pubbliche amministrazioni.
Il Senato, in base al nuovo art. 82, esprime pareri sulle questioni di costituzionalità relative ai disegni di legge ordinaria in discussione alla Camera dei deputati, nonché sugli atti aventi forza di legge. Se la Camera approva la legge in contrasto con il parere di costituzionalità il Senato, questo con mozione motivata approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti può, prima della promulgazione, deferire la questione alla Corte costituzionale. Inoltre, prima della loro promulgazione, possono essere deferite alla Corte costituzionale le stesse leggi organiche su richiesta di sessanta senatori. In questi casi la Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di un mese. Il deferimento alla Corte costituzionale sospende il termine della promulgazione.

Infine, l’articolo 13 riserva il rapporto di fiducia con il Governo alla sola Camera dei deputati, introducendo una specifica disciplina della questione di fiducia che ne possa almeno in parte contenere l’abuso che ne è stato fatto in questi anni nei lavori parlamentari.

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Articolo 1

(Camera dei deputati)

1. L’articolo 56 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 56. — La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di quattrocentosettanta, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i ventuno anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per quattrocentosessantadue e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.»

Articolo 2

(Senato della Repubblica)

1. All’articolo 57 della Costituzione sostituire il secondo e il terzo comma con i seguenti:

«Il numero dei senatori elettivi è di centocinquantacinque, tre dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a quattro; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.»

Articolo 3

(Elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica)

1. L’articolo 58 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 58. — I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il ventunesimo anno di età.
Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno di età.»

Articolo 4

(Elezione del Presidente del Senato)

1. All’articolo 63 della Costituzione dopo il primo comma inserire il seguente:

«L’elezione del Presidente della Senato ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di tre quinti dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.»

Articolo 5

(La funzione legislativa. Leggi ordinarie e leggi organiche)

1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 70. — Per le leggi ordinarie la funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati.
Per le leggi organiche la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due  Camere.
Debbono essere esaminate ed approvate con legge organica:
a)le leggi in materia di organi, istituzioni e formazioni sociali di rilevanza costituzionale, le leggi in materia elettorale, le leggi di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e di recepimento del diritto dell’Unione europea;
b)i codici che disciplinano in modo organico l’attuazione e la garanzia giurisdizionale dei principi e dei diritti fondamentali della Parte I della Costituzione;
c)le leggi per le quali la Costituzione prescrive una maggioranza speciale di approvazione.
Nelle materie di cui al terzo comma, lettera b) le modifiche al codice di appartenenza sono ammesse solo se approvate con legge organica.
Nessuna norma in materia di reati, pene o di processo penale può essere introdotta se non con legge organica attraverso una modifica espressa del codice penale o del codice di procedura penale.»

Articolo 6

(Procedimento legislativo)

1. L’articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 72. — Ogni disegno di legge, presentato alla Camera dei deputati è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Lo stesso procedimento è adottato per i progetti di legge presentati al Senato della Repubblica nei casi di cui al secondo e terzo comma dell’articolo 70.
Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento di ciascuna Camera determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera dei deputati è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale, per i disegni di legge organica e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.»

Articolo 7

(Deferimento preventivo alla Corte costituzionale delle leggi organiche ed ordinarie da parte del Senato della Repubblica)

1. All’articolo 73 della Costituzione sostituire il secondo comma con i seguenti:

«Salvo quanto previsto dal quinto comma se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiara l’urgenza, la legge ordinaria è promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi organiche, prima della loro promulgazione, possono essere deferite alla Corte costituzionale su richiesta di sessanta senatori con l’indicazione dei profili di incostituzionalità.
Le leggi ordinarie approvate in contrasto con il parere di costituzionalità espresso ai sensi dell’articolo 82, secondo comma, possono, prima della loro promulgazione, essere deferite alla Corte costituzionale con mozione motivata approvata dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Nei casi previsti dal quarto e quinto comma, la Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di un mese. Il deferimento alla Corte costituzionale sospende il termine della promulgazione.»

Articolo 8

(Referendum abrogativo delle leggi organiche)

1. All’articolo 75 della Costituzione dopo il primo comma inserire il seguente:

«E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione parziale, di una legge organica, quando lo richiedono un milione di elettori o sette Consigli regionali.»

Articolo 9

(Conversione in legge e regolazione dei rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti da parte della camera dei deputati)

1. All’articolo 77 della Costituzione sostituire il secondo e il terzo comma con i seguenti:

«Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alla Camera dei deputati che, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro quarantacinque giorni dalla loro pubblicazione. La Camera dei deputati può tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.»

Articolo 10

(Deliberazione dello stato di guerra)

1. All’articolo 78 della Costituzione dopo le parole: «Le Camere deliberano» inserire le seguenti: «con legge organica».

Articolo 11

(Approvazione  del bilancio dello Stato)

1. All’articolo 81 della Costituzione sostituire il quarto comma con il seguente:

« La Camera dei deputati ogni anno approva con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. »

Articolo 12

(Le funzioni di controllo svolte dal Senato. L’inchiesta parlamentare su materie di pubblico interesse)

1. L’articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 82. — Il Senato della Repubblica svolge la funzione di controllo sul Governo e sulla pubblica amministrazione. A tale scopo il Senato, nelle forme previste dal suo regolamento:
a)vigila sull’attuazione e sull’efficacia delle leggi, sul corretto esercizio della delegazione legislativa e dei poteri normativi del Governo
b)assicura la qualità, l’omogeneità e la chiarezza dei testi normativi;
c)promuove la coerenza e la completezza dell’ordinamento secondo i principi della codificazione e della semplificazione normativa, nonché della sua armonizzazione nella disciplina dei codici con il diritto dell’Unione europea;
d)vigila sul corretto esercizio delle nomine pubbliche al fine di garantire la trasparenza delle procedure di selezione, l’assenza di conflitti d’interesse, l’adozione di criteri di scelta basati sui requisiti di moralità indipendenza, comprovata esperienza e competenza, nonché al fine di assicurare il rispetto delle cause di incompatibilità previste dalla legge.
Il Senato esprime pareri sulle questioni di costituzionalità relative ai disegni di legge ordinaria in discussione alla Camera dei deputati nonché sugli atti aventi forza di legge.
Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
La Camera dei deputati svolge funzioni ispettive nei confronti del Governo e delle pubbliche amministrazioni mediante le interrogazioni e le interpellanze e nelle altre forme previste dal suo regolamento.»

Articolo 13

(Il rapporto di fiducia tra il Governo e  la Camera dei deputati)

1. L’articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 94. — Il Governo deve avere la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alla Camera per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
Il Governo può presentare una questione di fiducia motivata sull’approvazione o reiezione di emendamenti ad articoli di progetti di legge ordinaria, nonché su un ordine del giorno, una mozione o una risoluzione in discussione alla Camera dei deputati.
La questione di fiducia non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
La Camera dei deputati vota sulla questione di fiducia per appello nominale secondo quanto stabilito dal proprio regolamento.»

* L’autore è senatore del Pd

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