“Un paese a rischio Cecità”

06 Dicembre 2010

Come nel capolavoro di Saramago l’astensionismo è sempre più alto, alle ultime regionali il 37 per cento degli aventi diritto non ha votato. L’analisi di Audipolitica: 4 astensionisti su 10 dichiarano di non aver fiducia nei partiti attuali

Nell’epigrafe che Josè Saramago ha voluto apporre nella prima pagina del suo romanzo “Saggio sulla lucidità” (2004), si legge: “Ululiamo, disse il cane”. Poi, lo scrittore, prima di morire (18 giugno 2010) spiegò: “I cani siamo noi. Ed è ora che cominciamo ad ululare”, nel senso che dobbiamo protestare ed opporci a coloro che vogliono toglierci o limitare i nostri diritti democratici. Quindi, se la democrazia è a rischio, dobbiamo “ululare”. Ma è necessario trovare il modo giusto, adatto alle situazioni e politicamente più efficace, di reagire e forse addirittura ribellarsi. Com’è noto, Saramago, nel suo romanzo, immagina che in una giornata elettorale, in una capitale di un Paese non identificato, si verifichi lo strano caso che la popolazione voti in massa scheda bianca per protesta. “Era passata la mezzanotte quando lo scrutinio terminò. I voti validi non arrivavano al venticinque per cento… tutte le altre schede, più del settanta per cento del totale, erano bianche”.
Qui in Italia, nel nostro paese reale, forse si andrà a votare in primavera, o forse no. Si vedrà, con ogni probabilità, dopo il 14 dicembre, se il governo Berlusconi sarà colpito dalla sfiducia del Parlamento. Però, secondo tutte le analisi, già si sa che il fenomeno dell’astensionismo (scelta molto simile e vicina alla scheda bianca di Saramago) sarà vasto e diffuso dappertutto.
Nelle ultime elezioni regionali il 37 per cento degli aventi diritto non ha votato (14 milioni di italiani) o ha votato scheda bianca o nulla. Ora abbiamo disponibile un’ampia ricerca di “Audipolitica” che si propone di indagare sulle ragioni e sulle motivazioni dell’astensionismo elettorale, e se, e a quali condizioni, i consultati potranno tornare a votare in futuro. Il risultato di questa osservazione (“Gli italiani che non votano”) è pubblicato in rete sul sito audipolitica.it da pochi giorni, ma la stampa nazionale (con l’eccezione del quotidiano “Terra” che ha dedicato alla ricerca un ampio commento il 1 dicembre) non ha finora prestato alcuna attenzione al tema.
Il dato più significativo dell’indagine segnala che ben il 40,4 per cento degli astensionisti non motiva questa scelta con un atteggiamento genericamente antipolitico, ma chiarisce che non è andato a votare (o bianca o nulla) perché “non ha fiducia nei partiti attuali”. Un altro 12,1 per cento desidera comunicare “una scontentezza generale” per la situazione, una delusione tale da allontanare dalle urne. Altri sostengono che non si sentono “rappresentati dai leader attuali”. Un’altra categoria sembra manifestare invece una forma di qualunquismo dannoso e purtroppo non isolato nella nostra società: non va alle urne “perché votare non cambia niente”. Insomma, sono tutti uguali… Ed è esattamente per questo modo pigro ed autolesionista di ragionare e di confrontare i programmi ed i politici (diversi per obiettivi, cultura, moralità, rispetto per le istituzioni) che ci governa ancora Berlusconi, il quale non è affatto uguale a Napolitano, per esempio (o a Bersani, Bindi,Vendola, Di Pietro, o dall’altra parte, a Casini o Fini).
La ricerca propone la domanda decisiva: che cosa potrebbe portare gli astensionisti a tornare ad esprimere il voto? Ebbene, circa un quarto degli interpellati (il 25,4 per cento) richiede “nuovi candidati, nuovi protagonisti della politica” e un altro 21,8 per cento una “maggiore moralità della politica”. E qui possiamo allora vedere quali sono i nomi più graditi fra i disillusi della politica e delle elezioni: nel centrosinistra i leader preferiti sono Vendola (per il 29,5 per cento), Bersani, a distanza (14,3 per cento), e poi Renzi (12,3), Di Pietro (10,6); nel centrodestra, per il dopo-Berlusconi, Maroni e Tremonti sono i più graditi, con il 19 per cento circa, poi Gianni Letta. Fra i non politici, Luca Di Montezemolo raccoglie i maggiori consensi (26.3 per cento), poi Draghi e Monti. Fra i risultati dell’indagine di “Audipolitica”, uno in particolare è deludente e anzi suscita qualche preoccupazione: solo il 12,6 per cento dei non votanti chiedono, per tornare alle urne, “nuove regole elettorali che diano più potere di scelta ai cittadini”. Sembra davvero contraddittorio che gli astensionisti pretendano nuovi leader, nuovi protagonisti, più moralità nella politica, e poi non considerino importante cambiare la legge “porcellum” che toglie loro la possibilità di scegliere (come vuole la Costituzione) direttamente i parlamentari, che invece con le norme attuali sono effettivamente nominati da pochi capipartito; riconoscendo inoltre alla coalizione vincente un premio di maggioranza esorbitante, sconosciuto in ogni altra democrazia. Ebbene: perché non c’è una ‘rivolta’ popolare contro questa legge antidemocratica? Ormai tutti i partiti di opposizione, Pd, Idv e Terzo Polo sono pronti a modifiche della legge elettorale “per restituire ai cittadini la scelta degli eletti” (dalla mozione di sfiducia di Fini, Casini e Rutelli). La società civile è da molti mesi mobilitata:l’appello della nostra associazione per non andare al voto con l’attuale “porcellum”, promosso a giugno, ha superato le 74 mila firme. Eppure in buona parte dell’elettorato ancora non c’è la percezione (la Tv non parla di questo tema) che una nuova legge è fondamentale per salvare il sistema ed uscire dalla palude che blocca la nostra democrazia. Invece la sfiducia e la rassegnazione dilagano (“Votare non cambia niente” !), e questo è davvero allarmante. Chiudo tornando all’inizio, a Saramago. Nella finzione letteraria del “Saggio sulla lucidità”, “quel cane” (“Siamo noi”….) finisce abbattutto dal potere, come la sua padrona. “L’uomo con la cravatta blu a pallini bianchi sceglie il posto da cui sparerà e si mette ad aspettare. E’ una persona paziente, c’è dentro da tanti anni e fa sempre bene il suo lavoro….C’era un cane che ululava….Ora ha smesso. Meno male, detesto sentire i cani che ululano”. Quindi, no al silenzio, no all’inerzia, si alla protesta e all’indignazione. Nei modi giusti. Anche col voto, altrimenti vince il potere.

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