Metterebbe un timbro di costituzionalità sull’Italicum di Renzi e Berlusconi? «Proprio no». Il costituzionalista Alessandro Pace risponde così a Repubblica.
Siamo dentro o fuori la Costituzione?
«Siamo molto fuori».
La principale anomalia?
«La soglia prevista per beneficiare del premio di maggioranza è troppo lontana dal 50,1% per potersi chiamare così».
La correzione necessaria?
«Un premio di maggioranza degno di tal nome dovrebbe spettare solo al partito o alla coalizione che superasse il 45. Data l’attuale situazione politica una soglia “ragionevole” potrebbe essere, a tutto concedere, anche quella del 40. Ma, a stretto rigore, anche questa sarebbe criticabile».
Un consiglio ai parlamentari?
«Se non ci si accorda su una soglia superiore al 40, si deve passare a un altro sistema. Preferibilmente all’uninominale a doppio turno, che garantisce la governabilità senza creare diseguaglianze nel voto. Il ballottaggio dovrebbe essere tra candidati singoli, non tra liste o, peggio, tra coalizioni».
La Consulta ha fissato paletti su premio e preferenze. Può scattare un nuovo ricorso?
«Il tetto al 37% è sicuramente in contrasto con la Corte, e mi meraviglia che il segretario del Pd non se ne sia reso conto. Un premio pari a quasi la metà dei voti ottenuti in sede elettorale non fa che reiterare la violazione del principio d’eguaglianza già censurata dalla Corte nel Porcellum. Anche la mancanza delle preferenze solleva gravi problemi di costituzionalità».
È positivo che un partito non possa superare il 55%?
«Posto che la Carta prevede 630 deputati, il premio di 31 seggi alla coalizione di maggioranza è francamente eccessivo: garantirebbe la governabilità a troppo caro prezzo “per la rappresentatività dell’assemblea
parlamentare”. E cito la Corte».
Le preferenze restano un punto chiave. Averle escluse viola il diritto di voto dei cittadini?
«Certamente sì. La Corte ha bocciato il Porcellum per questo e per l’eccessivo premio di maggioranza. Però, nel referendum del ‘91, gli italiani hanno votato per la preferenza unica, essendo note le irregolarità sottese alle preferenze multiple. Ma tuttora non è assicurata la segretezza del voto nelle circoscrizioni estere, come risultò nel caso Di Girolamo. Né le cose sono cambiate. Quindi, sia in Italia che all’estero, preferenza unica è garanzia della libertà del voto e della sua assoluta segretezza ».
Le liste corte non bastano?
«Certo che no».
Le primarie possono sostituire le preferenze?
«Sì. Non si può dimenticare però che i partiti sono associazioni private. Bisognerebbe prima dettare regole sulla democrazia interna. Pertanto, campa cavallo…».
Piccoli partiti. È accettabile lo sbarramento al 4,5%?
«È eccessivo, soprattutto senza il finanziamento pubblico. Che dovrebbe essere legislativamente previsto, ma la cui spettanza va condizionata all’effettiva esistenza di un’organizzazione interna democratica».
Mi sono impegnata per la Costituzione da sempre. Avevo dodici anni, al tempo della legge truffa e nei limiti delle mie scarse forze girai casa per casa e parlai con tutti i miei conoscenti per cercare di togliere voti al gruppone che aveva voluto la truffa. Sono sempre stata convinta che il proporzionale «è» la democrazia. Quando esistevano davvero dei democratici, le loro rivendicazioni fondamentali erano: suffragio universale e sistema proporzionale. Non era un metodo elettorale come un altro, ma una civiltà. Condivido l’opinione espressa ieri dal Prof. Santomassima sul Manifesto, eccetto che per la sua denominazione di Perfectum al sistema lasciato in piedi dalla Corte dopo aver sfrondato il porcellum, liberandolo dalle più vistose pecche di incostituzionalità. Non lo giudico Perfectum, perché conserva soglie di sbarramento: troppo alta specie quella per il Senato. Tuttavia è quanto di meglio abbiamo ora. Invito i responsabili di LeG e di Salviamo la Costituzione a recidere i legami con i partiti che stanno affossando la Costituzione, in particolare con il PD, di cui finora sono stati succubi. È arrivato il momento di scegliere: bisogna saltare il fosso. ORA o MAI più.
Voglio ancora una volta ricordare ai professori “professionisti” della difesa della Costituzione e della “Democrazia”, che c’è una via PERFETTA per tutto questo. Ce l’hanno lasciata i Padri Costituenti nella Carta ed è a disposizioni di chi DAVVERO vuole il Bene Comune. Copio e incollo:
I Padri Costituenti ci hanno lasciato nella Carta, la possibilità di determinare il nostro futuro, non solo delegando 1.000 persone alla produzione delle leggi che avrebbero dovuto guidare il Paese ed il suo Popolo verso il progresso, ma anche agendo “Direttamente” qualora i delegati si fossero rivelati incapaci o indegni.
Lo hanno fatto con gli articoli di Democrazia Diretta Propositiva 71 e 50, che non hanno prodotto nulla finora in virtù dell’arroganza della casta e della “distrazione” della Cittadinanza e delle sue migliori espressioni che non hanno colto e valorizzato questo strumento di efficacia inaudita e irresistibile.
Perchè è facile intuire come la “proposta di legge di iniziativa popolare” (art. 71) e la “petizione popolare” (art. 50) brandite non da piccoli gruppi di Cittadini, ma dal “Popolo Sovrano”, enunciato spesso richiamato, ma sempre sospeso ed astratto, non lascerebbe al Parlamento “delegato” altra scelta che discutere ed approvare quanto elaborato e presentato dal Sovrano della Repubblica, il Popolo “delegante”. A rafforzarne l’azione, se ce ne fosse la necessità, l’art. 40, il diritto di sciopero da esercitare anche assediando i palazzi, come la storia del “Conclave” ricorda e insegna.
E’ ancora facile intuire come proposte di legge e di riforma elaborate dalla migliore elite della Società Civile, che a me piace definire con l’allocuzione “Rodotà e i suoi fratelli”, andrebbero sicuramente verso il Bene Comune della Cittadinanza, molto più e meglio di quanto elaborato dai partiti per il proprio tornaconto elettorale e di gestione del potere, ma anche per la loro conclamata mediocrità, e molto altro peggio, espressa nel tempo.
Orbene, qual’è la misura che realizza la Sovranità Popolare? Non certo le 50mila firme richieste dall’art.71 e neppure le 350mila raccolte da Grillo nell’ultimo tentativo di qualche anno fa. Ma l’art. 75, il referendum, ci dice indirettamente che si determina col 25% + uno degli aventi diritto al voto alla camera, circa 12 milioni.
Non è un numero assurdo: l’astensionismo volontario supera i 10 milioni, il voto “contro” raccolto dal M5S circa 9, il rifiuto dell’offerta politica arriva al 95% della Cittadinanza, così come l’indignazione. Sentimento che in quel modo potrebbe evolversi e liberarsi in una SACROSANTA RIBELLIONE COSTRUTTIVA.
E certamente non si può mobilitare il Popolo Sovrano per una sola legge, ma per un insieme tale da giustificarlo: 10/15 leggi e riforme, le più attese dalla Cittadinanza, le più promesse e disattese dalla politica, redatte in articoli dai loro qualificati estensori, sottoscritte singolarmente da 60mila elettori secondo il 71 e inserite in un contenitore chiamato “Le Tavole delle Leggi della Società Civile”, per poi lanciare la petizione secondo l’art. 50 e realizzare nel modo più semplice la Sovranità Popolare.
Il Popolo Sovrano come Attore, la Costituzione come Mezzo, la sua Applicazione come Programma e Fine!
Il prof. S. Settis ha pubblicato un libro dal titolo “Azione Popolare. Cittadini per il Bene Comune” , che avvicina, tratta e nobilita questo “modus operandi”.
A tutti auguri per un Paese migliore!
Paolo Barbieri, cittadino semplice.
Un intervento mirabile quello del professor Alessandro Pace. Sosteniamolo in tutti le sedi e con tutte le modalità.
Le elezioni non sono un censimento sulle opinioni dei cittadini, dal quale debbano uscire tutte le possibili visioni del bene comune; esse sono uno strumento per definire chi e come potrà governare e legiferare per un dato periodo di tempo.
Quindi esse mettono inevitabilmente in gioco un processo duale: c’è chi governa e chi fa opposizione; una maggioranza ed una minoranza. Salvo non voler immaginare regimi assembleari con alcune decine di milioni di partecipanti, lo schema è quello descritto: largamente imperfetto e semplificativo, ma pur sempre l’unico sulla piazza della civiltà occidentale. Logica vuole che chi governa abbia un programma definito sulle cosa da fare nonché una certa propensione ideale sul come affrontare i problemi: più spostato verso la giustizia sociale e la solidarietà a sinistra, più verso l’individualismo e la competizione a destra (supponiamo di trascurare le posizioni più estreme, che purtuttavia persistono nella società).
Una legge elettorale deve essere funzionale a tali obbiettivi. I partiti sono un tramite, teoricamente nelle mani dei cittadini, per organizzare il consenso attorno a possibili programmi, a partire dai milioni di individui alla base, via via verso la contrapposizione finale tra maggioranza e minoranza. Starebbe ai cittadini partecipare alla vita dei partiti per orientarli: le elezioni primarie sono senz’altro un’accettabile approssimazione verso un modello efficiente.
Se questo è il modello, bisogna cercare di avvicinarlo. Se i cittadini amano o subiscono (o sfruttano!) il disordine e non partecipano, qualcuno partecipa e fa ordine al loro posto. Il vuoto in politica non esiste.
Non credo di aver semplificato troppo, anche se la messa in pratica del modello conosce le difficoltà che constatiamo da tempo.
Alcune riflessioni per chi tende a vedere con infondato (a mio avviso) ottimismo il bicchiere mezzo pieno:
a) questa legge elettorale è frutto del dogma della governabilità. Ci dimentichiamo che Berlusconi ha avuto per anni maggioranze quasi bulgare e ha lasciato solo rovine;
b) anche molti opinionisti di sinistra fingono di ignorare il conflitto di interessi di Berlusconi, che, in un’ottica maggioritaria, diventa molto più pesante e pericoloso.
c) è un pessimo segnale, sul piano morale, scendere a patti su materie così delicate con un condannato che ha sempre visto con fastidio le regole e la Costituzione.
Datemi pure del moralista, ma per me, e per tante altre persone che scrivono in questo spazio, la parola “dignità” vuol dire ancora qualcosa.
Oggi Andrea Manzella su La Repubblica esprime perere opposto. Cita passo per passo tra virgolette la sentenza della Corte Costituzionale.
La conclusione è che la proposta di legge elettorale può essere discussa ma di certo è perfettamente conforme alla Costituzione.
Gli argomenti di Manzella valgono almeno quanto quelli di Pace.
PER UNA VERA SOVRANITA’ E DEMOCRAZIA.
Le REGOLE che propongo sono:
1) Leggi di iniziativa popolare:
La proposta, sostenuta da 50.000 firme, deve essere discussa obbligatoriamente dal Parlamento entro 6 mesi dalla presentazione. Se il Parlamento non approva la proposta di legge, deve sottoporla obbligatoriamente a referendum entro 12 mesi dalla presentazione.
2) Oltre alle modifiche della Costituzione in base all’art. 138, chiedo che la Costituzione possa essere modificata su iniziativa popolare.
a) Iniziativa popolare per la revisione totale della Costituzione: 250.000 aventi diritto di voto possono proporre la revisione totale della Costituzione. Tale proposta, se non è accettata dal Parlamento, va sottoposta al Popolo per l’approvazione entro 18 mesi dalla pubblicazione ufficiale della iniziativa.
b) Iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione: 100.000 cittadini aventi diritto di voto possono chiedere la revisione parziale della Costituzione. Tale proposta se è già elaborata in articoli chiari e completi, se non è approvata dal Parlamento, deve essere sottoposta al Popolo per l’approvazione entro 18 mesi dalla pubblicazione ufficiale della relativa iniziativa.
c) L’iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione può essere formulata come proposta generica o progetto elaborato.
d) Se il Parlamento condivide un’iniziativa presentata in forma di proposta generica, il Parlamento elabora la revisione parziale nel senso dell’iniziativa e la sottopone al voto del Popolo.
e) Se il Parlamento respinge l’iniziativa, la sottopone obbligatoriamente al Popolo entro 18 mesi dalla pubblicazione.
Se il Popolo approva l’iniziativa, il Parlamento elabora il progetto proposto nell’iniziativa.
f) L’iniziativa presentata in forma di progetto elaborato è sottoposta al voto del Popolo, per la decisione definitiva, mediante referendum senza quorum.
3) I politici italiani non devono avere emolumenti superiori a 6 volte lo stipendio base di un impiegato statale al primo livello. Il rapporto tra lo stipendio più alto e quello più basso, in qualsiasi incarico o lavoro nella pubblica amministrazione, non può essere superiore a 6. Chi decide altrimenti deve essere perseguito e condannato a rimborsare i soldi alla Amministrazione pubblica.
4) Chiunque lavori in una Amministrazione pubblica, o abbia un incarico pubblico a tempo pieno, non può svolgere altri lavori o assumere altri incarichi.
5) Fine del signoraggio. Ritorno alla sovranità monetaria, con Banca centrale statale in mano pubblica.
6) Dimezzare i deputati, abolire il Senato o ridurlo a 100 senatori con altri compiti, come eleggere il Presidente della Repubblica in seduta comune con i deputati e regolare la materia regionale in sintonia con la Camera.
7) Togliere i soldi ai gruppi dei consiglieri regionali e stipendi inferiori a quelli del sindaco del capoluogo regionale.
8) Sistema elettorale con preferenze, almeno 10 candidati ogni lista, che non possono spendere più di 10.000 euro, per manifesti, affitto sala per riunioni e piccoli gadget, ma non per regali, tutti con residenza nella Regione del collegio elettorale. Scalino d’ingresso in Parlamento: 5% se soli e del 3% se in coalizione. Premio del 12% al partito o alla coalizione che supera il 40%.
9) Accorpare i Comuni sotto i 9.000 abitanti.
10) Abolire le Regioni.
Condivido al 100% le analisi-risposte del Dr. Alessandro Pace. Il guaio è, però, che le stesse non verrrano certamente condivise dalla maggioranza dei nostri parlamentari e senatori. Loro vogliono una legge elettorale che gli garantisca la poltrona per poter continuare a rosicchiare ciò che rimasto del nostro bistrattato Paese.