Libertà di stampa: le dure parole del presidente Mattarella e il monito Ue all’Italia 

Questo contenuto fa parte di un osservatorio Autoritarismi

Limitazioni nell’accesso alle fonti, querele per diffamazione, dimissioni indotte e allontanamenti, ma anche vere e proprie aggressioni fisiche: sempre più preoccupanti le condizioni di lavoro dei giornalisti in Italia e il diritto dei cittadini a essere informati.

La libera informazione, in Italia, è sotto attacco.
L’ultimo episodio è il pestaggio subito dal giornalista de La Stampa Andrea Joly mentre documentava il ritrovo in una strada di Torino di militanti di CasaPound, tra cori fascisti, fumogeni e fuochi d’artificio. «Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi. Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni. Per citare ancora una volta Tocqueville, democrazia è il potere di un popolo informato». Sono le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione stampa parlamentare, i direttori dei quotidiani e delle agenzie giornalistiche e i giornalisti accreditati presso il Quirinale per la consegna del Ventaglio.

Un analogo allarme sulla situazione della libertà di stampa in Italia viene dal rapporto annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto nell’Ue (qui, sul sito dell’Ordine dei giornalisti, la versione in italiano) dove si denuncia il rischio concreto che l’Italia si allontani dalla democrazia liberale. L’elenco delle motivazioni comprende 75 aggressioni nei confronti di giornalisti, l’introduzione del divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare, la riduzione delle risorse a favore del servizio pubblico, la tendenza a occupare ogni spazio informativo senza garantire la minoranza, tanto da indurre la Commissione a parlare di “inquietudine” riguardo alle prossime nomine dei vertici Rai.

Chi minaccia i giornalisti si pone fuori dalla Costituzione italiana e dal diritto europeo, eppure la seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa – con una dichiarazione definita da Andrea Malaguti, direttore de La Stampa, «al di sotto del limite morale inferiore» – ha biasimato il giornalista che ha tentato di filmare i militanti di CasaPound per non aver dichiarato apertamente la propria identità. Non sapendo che si trattava di un giornalista – pare essere il sillogismo sotteso – non si è trattato di un attacco alla libertà di stampa. Come se un giornalista non svolgesse un compito civico, quando porta lo sguardo dei cittadini in luoghi eminentemente politici dove non si ama essere ripresi. E come se un libero cittadino, in tempo di social, di notizie filmate e messe in rete dai cellulari come allargamento dell’informazione, non avesse altrettanto diritto di un giornalista a riportare una realtà che si mostra in pubblico. 

«L’informazione è esattamente questo, documentazione di ciò che avviene senza sconti», ha affermato il presidente della Repubblica, secondo il quale «i giornalisti si trovano ad esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all’articolo 21 della nostra Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo». Ecco perché «ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica». Parole pesanti come pietre.

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