Io non ho visto la guerra, per fortuna! Sono nato dopo e ricordo il dopoguerra: a casa mia, tra l’Ancuneta e Sett Porte, miseria proprio no, ma povertà sì, tanta. No, questo che ci accade oggi non è né la guerra che i miei mi raccontavano, né il dopoguerra che ho vissuto da bambino. E’ tutta un’altra cosa.
.
Ce lo dice la pubblicità. Se ci pensiamo bene, è l’unico elemento che non viene mai meno, qualunque cosa accada. Ricordo, vagamente, la piena del Po del ’51 e la scomparsa di De Gasperi, ricordo, meglio perché più grandicello, la strage dei minatori italiani di Marcinelle o la morte di Pio XII: in radio (perché allora non avevamo la televisione) tutte le trasmissioni erano interrotte e andava in onda solo musica classica intervallata dai giornali-radio. Oggi, la pubblicità continua imperterrita: finiscono le immagini delle bare portate via con i camion militari e spunta chi balla con le scope, la musica solenne di un fuoristrada che sgomma in deserti dove ben pochi di noi andranno, il sorriso suadente di chi ci consiglia pannoloni per le perdite urinarie. Trovo uno stridore orrendo fra quello che ci sta accadendo e un mercato che non deve fermarsi mai: si aggiornano gli spot alla tragedia del “iorestoacasa”, ma sempre nell’ottica del consumo: e in effetti troviamo, con qualche coda in più, ancora tutto a disposizione. Meno la libertà personale e la vita collettiva.