Dopo Castiglione delle Stiviere, anche Mantova ha deciso di togliere il nome del generale Maletti da una via del quartiere Paiolo intitolandola a Tina Anselmi (un Bravo! alla nostra giunta comunale per le felicissima scelta), giusto contrappasso.
In attesa quindi di una, mi auguro, vicina e significativa cerimonia e di una presa di posizione del nostro Ministero della Difesa (o chi per esso) per la revoca della medaglia d’oro al valor militare di chi è stato solo lo spietato carnefice di 2000 fra sacerdoti e fedeli copti etiopi (proprio come lo fu Reder per le popolazioni inermi di Marzabotto, come lo furono gli ufficiali delle SS per Sant’Anna di Stazzema e Kappler e Priebke per le Fosse Ardeatine) credo sia opportuno mantenere accesa l’attenzione sulla memoria di quanto accaduto, sui pericolosi revanscismi che si accendono in Europa, sulle nuove problematiche che si sono aperte nel nostro presente.
A differenza infatti della nazione tedesca che ha saputo fare i conti con la sua storia nazista, il nostro Paese questi conti con il suo tragico ventennio non li ha mai voluti fare fino in fondo trascinandosi dietro equivoci, compromessi, silenzi (di cui l’imbarazzante ritrovamento del cosiddetto “armadio della vergogna” ne è l’emblema) che coprirono le tante tragedie perpetrate dal regio esercito prima e dalle milizie fasciste poi. Ma anche questo ritrovamento ed i processi che ne seguirono non modificarono l’atteggiamento politico sostanzialmente “riduzionista” nel nome di una falsa idea di “riconciliazione nazionale”, come se questa non dovesse necessariamente passare, per essere vera, prima di tutto dal riconoscimento della verità storica.
I poverini, mantovani e no, che sabato hanno volantinato contro Anpi e Arci sono il misero e deplorevole apice della deriva culturale di questo atteggiamento “condiscendente” ed ai quali ci si deve opporre, oltre che con la forza della legge (signor Prefetto ed altre autorità preposte, ma non esistono leggi che vietano l’apologia del fascismo?), con la forza dell’intelligenza, con la consapevolezza della storia, con la fermezza del pensiero democratico, con i valori della convivenza civile.
Questo atteggiamento di lasciarci le cose alle spalle senza verità, purtroppo però, non riguarda solo il nostro passato temporalmente ed istituzionalmente più lontano come l’eredità fascista.
Investe anche la nostra storia repubblicana su cui hanno pesato, e pesano sul presente, in modo significativo omertà, silenzi, depistaggi, compromessi, connivenze che sono state le vere regole non dette del gioco politico, tradendo fin da subito, nei fatti, lo spirito e la sostanza della Costituzione che pure ci si era data.
Abbiamo appena ricordato i settantanni della Strage di Portella della Ginestra (primo episodio del connubio mafia, criminalità, stato!) su cui è stato posto ed è ancora attivo il segreto di Stato, ma non abbiamo una verità su Gladio, la Rosa dei Venti ed i tentativi di golpe, sulle stragi di stato da piazza Fontana a Piazza della Loggia e ai treni, sulle vicende del terrorismo, delle BR e del rapimento ed uccisione di Aldo Moro (che così pesantemente ha modificato il percorso politico di questo Paese), sulla strage della stazione di Bologna, sull’abbattimento dell’aereo di Ustica, sulla vicenda P2 (alcuni deisuoi iscritti sono stati al governo e nei gangli vitali di questo paese!), sull’intreccio Ior/finanza/mafia, banda della Magliana, rapimento Orlandi (qualcuno di quei tempi è a capo di mafiacapitale di oggi) sull’uccisione di Falcone e Borsellino di cui ricorre il 25° anniversario e su tutti gli omicidi eccellenti o meno e gli affari di mafia prima di quel tragico 1992 e sugli intrecci che sono succeduti (con la mafia dobbiamo conviverci dichiarò un ministro!).
Quella di non fare i conti con la nostra storia è quindi purtroppo una triste storia che si ripete e non fa bene al nostro paese: le commemorazioni e le richieste di arrivare alle verità gridate dal palco da chi quelle verità dovrebbe dircele fanno strame della vita democratica. Così il tessuto socio politico si aggroviglia ed il potere dell’oggi così venutosi a formare nel tempo, si consolida con le nuove paure: quella dell’insicurezza sociale ed economica, quella dello straniero, quella del terrorismo internazionale che può colpire chiunque ed in ogni luogo. Sono sempre più convinto che sia in corso una reale e concreta opera di modificazione della sostanza, se non forse dello stesso concetto, della democrazia.
Solo un pensiero diverso ed altro, solo un nuovo “rinascimento” culturale, solo una rinnovata solidarietà individuale e sociale, solo un impegno costante di ricerca della verità potranno arrestare questo declino etico e morale: chi, oggi, è disposto a questo difficile e faticoso esercizio?
(*) L’autore è il coordinatore del Circolo di LeG di Mantova. L’articolo è uscito sulla Gazzetta di Mantova