L’Emilia non si lega, ma molta Romagna sì

28 Gennaio 2020

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

La paura ha aiutato Bonaccini insieme alla fortuna di fronteggiare un’avversaria debolissima e una strategia populista sbracata. Ma il vuoto civico in quei territori resta

L’Emilia non si lega (non tutta) ma molta Romagna sì. Quando i festeggiamenti (sacrosanti e belli) si saranno conclusi bisognerà studiare i dati elettorali dei “territori” – un termine generico per denotare quelle aree di paese che si estendono a ridosso delle prime e delle seconde periferie delle città medio-grandi, quel largo corpo plurale e articolato che il progetto delle città metropolitane avrebbe dovuto integrare, senza riuscirvi.

L’Emilia-Romagna ha subito la paura della Bestia e ha reagito con un sussulto al populismo martellante e ossessivo di Salvini. Ma i problemi che l’hanno esposta a questa vulnerabilità sono tutti lì.

La paura ha aiutato Bonaccini insieme alla fortuna, che, diceva Machiavelli, deve essere domata dalla virtù. E così è stato. La fortuna di una candidata debolissima e di una strategia populista sbracata, che ha offeso e umiliato queste terre, che ha trattato questi cittadini come asserviti inermi a un sistema di dominio dal quale non avrebbero mai saputo liberarsi senza l’aiuto venuto da fuori. La virtù di una cittadinanza abituata a pensare, di cittadini che “non la bevono”, che sono consapevoli del loro potere e del bene che vogliono difendere – cittadini la cui intelligenza collettiva ha stupito un po’ tutti, anche fuori dell’Italia, e che hanno mostrato di sapere che cosa fare per opporsi a quel tipo di avversario politico: andare a votare e votare per il Presidente uscente, senza se e senza ma, a prescindere dalle ruggini e dai dissensi. Poiché il bene primario da difendere è prima e sopra Bonaccini.

Ma, fermato l’assalto, la realtà resta quella che è: e questa dovrà essere oggetto di un’attenta politica e scelte strategiche che vanno oltre questa regione. Poiché la solitudine dei “territori”, che hanno assistito anno dopo anno alla disgregazione del tessuto civico, dalla chiusura dei circoli di partiti e delle associazioni alla desertificazione dei centri urbani con la costruzione dei centri commerciali, quella resta. Ed è stato l’humus sul quale ha edificato la Lega, che non è scomparsa anche se ha perso queste elezioni. A Bologna la Lega è il secondo partito, ma in molte zone è il primo partito.

Si appenderà dagli errori? La democrazia dell’audience, quella che alimenta capipopolo e populismo, può essere contrastata in due modi: o ripetendo a sinistra la medesima strategia e opponendo un populismo ad un altro; oppure ricostruendo un tessuto politico che torni ad associare, a riattivare un discorso pubblico fatto di persone non solo di chat.

Le Sardine che riportano la presenza fisica nelle piazze è il segno esplicito di un’ esigenza sentita e di un bisogno inevaso di politica praticata. Non il Pd ha portato i cittadini in piazza o al voto, come era d’abitudine, ma un movimento spontaneo, che ha scosso dal torpore città grandi e piccoli paesi, che ha denunciato la retorica salvianiana, truculenta e offensiva.

Finiti i festeggiamenti, dipenderà dal partito, dalle liste e dai movimenti del campo del centro-sinistra se riempire quel vuoto civico o invece lasciare che tutto proceda come è stato finora: con una terra esposta alle scorribande di leader populisti che non hanno il senso del limite e che sanno far breccia in larghe zone, come nel riminese, nel ferrarese e nel piacentino – ovvero, appunto, in quei territori più lontani dal centro metropolitano della Regione.

Huffpost, 27 gennaio 2020

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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