In questo 2016, mentre il dibattito politico italiano si è concentrato prevalentemente sulle questioni della riforma del Senato e della legge elettorale, il Parlamento europeo ha lavorato per far uscire l’Unione europea dallo stato di debolezza in cui si trova da troppi anni.
Grazie alla spinta dei federalisti e degli europarlamentari del “Gruppo Spinelli”, la Commissione istituzionale del P.E. ha approvato l’8 dicembre 2016 due rapporti decisivi:
1) Quello di Mercedes Bresso-Elmar Brok, i cui punti principali sono: approfondimento dell’Unione economica (maggior coinvolgimento del Parlamento; rafforzare la dimensione sociale con misure specifiche; completare l’unione bancaria); avanzare verso una politica estera e di sicurezza comune, attraverso il sistema delle cooperazioni strutturate permanenti (corpo europeo di frontiera, comando operativo unificato); assetto istituzionale (trasformazione del Consiglio in un Senato europeo; maggior controllo del Parlamento sui lavori del Consiglio europeo; legge elettorale europea uniforme). Tutte le proposte di questo rapporto possono essere realizzate senza modificare i trattati.
2) Quello di Guy Verhofstadt, per creare una capacità fiscale dell’Eurozona e un comune strumento di debito, con vere risorse proprie; un ministro europeo del Tesoro (incardinato nella Commissione) dotato del potere di emettere prestiti e responsabile del ESM (fondo salva-Stati); un sistema decisionale federale (fine del potere di veto nel Consiglio); la Commissione che diventa un vero governo europeo; la BCE che diventa prestatore di ultima istanza; la Corte europea di Giustizia che acquisisce piena competenza sul funzionamento dell’Unione Monetaria. Tutte queste proposte comportano una modifica dei Trattati.
Se questi due Rapporti saranno approvati dal Parlamento europeo (e potrebbe avvenire nelle prossime settimane), l’effetto sarà simile a quello che provocò Altiero Spinelli nel 1984, quando trascinò il Parlamento al voto sul nuovo Trattato per l’Unione Europea, poi smontato dai governi. Il problema è dunque quello di “costringere” il Consiglio europeo dei capi di governo che si riunirà il 25 marzo 2017 a Roma a dare il via libera ad una road map che stabilisca modi e tempi precisi per l’implementazione dei due Rapporti.
Per questo motivo c’era (e c’è) bisogno di un’Italia che stia in piedi, con un governo nella pienezza dei poteri, per vincere le fortissime resistenze che ci saranno. La Francia non esiste da tempo, grazie anche al ‘suicidio’ della sinistra, la Spagna non ha un governo da un anno, chi altri se non il governo italiano può proporre alla Germania di avanzare su questo terreno?
Purtroppo l’Italia politica ha concentrato nel 2016 tutte le proprie energie sul referendum costituzionale, dimenticando che la vera governabilità e la difesa della democrazia coincidono con la soluzione della crisi europea. L’auspicio è che la soluzione alla crisi individuata dal presidente Mattarella consenta al Paese di aver un governo dotato di solidità, che possa portare avanti le proposte che i precedenti ministri (Padoan e Gentiloni) hanno già formulato da tempo e che sono in linea con i due rapporti summenzionati.
È tempo dunque di pensare che l’Italia si salva se si salva l’Europa.
E che è giunto il momento che i cittadini, le forze sociali, la cultura, le Associazioni e le forze politiche democratiche comincino subito a mobilitarsi perché il 25 marzo 2017 a Roma, in occasione del 60° anniversario dei Trattati di Roma, ci sia una grande manifestazione popolare per chiedere, non genericamente PIU’ Europa o una diversa Europa, ma l’avvio concreto dei progetti di riforma dell’UE, con tempi e modi determinati, per dare all’Unione un Governo federale per la sicurezza e lo sviluppo e affermare la democrazia europea.
Questo l’Appello politico per la manifestazione di Roma del 25 marzo 2017
(*) Direttore de L’Unità Europea, mensile del Movimento Federalista Europeo