“Riforme per il potere, non per la democrazia”

02 Aprile 2014

Riforma del Senato, nuova legge elettorale e, in prospettiva, l’elezione diretta del presidente del Consiglio (ma questa riforma a mio avviso sarebbe perfino superflua perché di fatto sarebbe già realtà) fanno parte di un unico disegno. Inoltre, prima o poi si agirà sulla magistratura col rischio che si riducano i poteri di controllo.
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ZagrebelskkyRodotàDURO INTERVENTO A “PIAZZAPULITA” DI ZAGREBELSKY, PRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA: “I VINCOLI ESTERNI HANNO GRAVISSIME RIPERCUSSIONI”
Riforma del Senato, nuova legge elettorale e, in prospettiva, l’elezione diretta del presidente del Consiglio (ma questa riforma a mio avviso sarebbe perfino superflua perché di fatto sarebbe già realtà) fanno parte di un unico disegno. Inoltre, prima o poi si agirà sulla magistratura col rischio che si riducano i poteri di controllo. Questo scenario ci fa immaginare un accrocco di potere che non è la democrazia, perché la democrazia è il potere diffuso tra tutti: è partecipazione, controllo, trasparenza.
Una minoranza va a votare, una minoranza ancora più ridotta vince le elezioni e nei partiti c’è un capo che governa attraverso il controllo delle candidature: tutto questo fa sì che il potere si concentri in alto. Noi siamo sulla strada di un rovesciamento: non più le energie coinvolte dal basso, ma la concentrazione in un potere unico. Finché le forme della democrazia rimarranno ci sarà ancora bisogno di un consenso, ma sarà una democrazia che si risolve in un sì o in un no: questa non è la democrazia Costituzionale. Le democrazie nazionali sono in grave crisi perché sono costrette da vincoli esterni che hanno gravissime ripercussioni sulle condizioni della popolazione. Gli interessi finanziari mondiali impongono grossi sacrifici ai Paesi con una finanza debole e con debito pubblico elevato. Per questo si rende necessario un potere politico forte: per tenere insieme una situazione sociale che può, da un momento all’altro, sfuggire di mano.
In un momento di sovranità sempre più ristretta degli Stati, si assiste a un’accentuazione dei poteri di imposizione governativa. Mi sembra chiaro che di fronte alla crisi abbiamo due opzioni: o l’autorità o la partecipazione. Gli obiettivi e i vincoli imposti dall’esterno comportano una riduzione di capacità di scelta politica nei diversi Paesi. Quando si dice che ormai in Italia non c’è più bisogno di politica perché il governo agisce col timone e con il pilota automatico, dobbiamo chiederci da che parte ci guida il pilota automatico? Dell’autorità che si rafforza e si chiude o della democrazia che si espande? Basta la domanda per capire che la risposta è la prima.

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