IL FRONTE DEL NO A SINISTRA DÀ IL VIA ALLA MOBILITAZIONE

01 Set 2020

MILANO – All’appello manca solo la Cgil, per il resto a sinistra lo schieramento di associazioni contro il taglio dei parlamentari è più o meno sovrapponibile a quello che il famoso 4 dicembre 2016 si oppose con successo alla riforma costituzionale voluta dal Pd dell’allora premier Matteo Renzi: Anpi, Arci, Libertà e Giustizia, Giuristi democratici.

Rispetto ad allora però il clima è un po’ diverso, non c’è aria di battaglia campale e in questo influisce anche il covid; il distanziamento sociale, vuoi o non vuoi, raffredda anche la partecipazione politica.

«L’antipolitica, l’odio per il Parlamento e soprattutto la mancanza di rispetto per ogni minoranza, consegnerebbero il Paese e la stessa elezione del Presidente della Repubblica nelle mani di pochi oligarchi. Loro sì, la vera casta. Non è per questo che hanno combattuto i partigiani», dice Carla Nespolo, presidente dell’associazione partigiani. La decisione, aggiunge, «è in coerenza con il sostanziale rispetto del carattere antifascista della nostra Costituzione, che ha il proprio cardine nel diritto del popolo a decidere del proprio futuro ».

In un altro appello della società civile, cominciato a girare prima delle vacanze, si spiegava invece che «il nostro Paese deve affrontare delle grandi sfide di cambiamento per risollevarsi dal disastro provocato dalla pandemia, ma per farlo bisogna sconfiggere l’attitudine della politica a vendere illusioni e a creare falsi miti», e tra i firmatari c’erano – tra gli altri – don Luigi Ciotti, padre Alex Zanotelli, Raniero La Valle, Nadia Urbinati, Tomaso Montanari, Sandra Bonsanti.

E poi anche le Acli e un bel pezzo di mondo cattolico hanno dato segni di contrarietà. «Senza un’adeguata riforma costituzionale, il solo taglio dei parlamentari mette in pericolo la democrazia rappresentativa in Italia. È grave dovere morale di tutti i cittadini andare a votare e votare no», è la posizione di padre Bartolomeo Sorge, già direttore della Civiltà Cattolica , molto vicino a Papa Francesco.

Nomi e sensibilità che hanno un certo richiamo «tra i ceti cosiddetti riflessivi ma certamente – ammette Alfonso Gianni, direttore della fondazione Cercare Ancora di Fausto Bertinotti e oggi tra i più attivi sostenitori del No – non ci illudiamo che possano avere presa su quelle che ai bei tempi chiamavano “masse popolari” ». La materia in sé non è semplice se si deve argomentare la contrarietà e questo perché il vento, per lo meno sulla carta, soffia da un’altra parte.

Anche per tale motivo – si racconta nei dietro le quinte – forse l’unica organizzazione di massa rimasta, appunto la Cgil, non ha dato indicazioni ai propri iscritti. Né probabilmente lo farà, nonostante la nota che la segreteria nazionale inviò alle proprie sedi lo scorso marzo: lì si parlava di «mortificazione della rappresentanza democratica», di una riduzione che porterà alla «inefficienza nei lavori parlamentari», di una «ulteriore lacerazione del rapporto eletto/elettore». Insomma, era un giudizio netto. Ma evidentemente non abbastanza per investire in una campagna impegnando funzionari, delegati e le proprie Camere del Lavoro.

I vari comitati per il No (se ne sono costituiti ben nove) stanno puntando tutto sulla partecipazione alle tribune referendarie – a quella del 20 agosto su Rai 1 non si era presentato nessun rappresentante del Sì – e sulle iniziative online, come ad esempio i webinar. Poco e niente, per ora, in carne e ossa; e di questo problema si parlerà proprio oggi all’assemblea nazionale dei comitati locali “per il No al taglio del Parlamento”, anche questa organizzata su internet, 152 iscrizioni di emanazioni territoriali: come provare a smuovere le acque da qui al 20-21 settembre?

«Faccio un esempio stupido ma che serve a capire: nel 2016 col merchandising , tra magliette e bandiere, smuovemmo 3-4 mila euro per finanziare le nostre iniziative in città – racconta Pierpaolo Pecchiari, animatore del No a Milano – adesso siamo a terra. Al massimo ci inventeremo le mascherine col logo, chissà…». A Torino i due giuristi Roberto Lamacchia e Felice Besostri hanno presentato un ricorso contro l’accorpamento tra referendum e amministrative, sperando di rimandare ancora un po’, in attesa di tempi migliori: respinto.

Comunque sia, per i nostalgici della politica faccia a faccia sarà di sicuro interesse il dibattito del 30 agosto a Brescia, nell’aula magna di una scuola secondaria: l’ex magistrato Armando Spataro da una parte, il 5 Stelle Danilo Toninelli dall’altra.

Quanto ai partiti, o ciò che ne rimane, al No hanno aderito i radicali, Sinistra Italiana, Verdi, Rifondazione, Partito socialista, Azione. Le difficoltà organizzative però sono uguali per tutti e infatti non è neanche prevista una manifestazione nazionale o almeno conclusiva, di questa campagna lampo, che di fatto durerà giusto tre settimane. Anche se forse, è un altro retro pensiero diffuso tra i contrari alla riforma, è quasi meglio che la pubblicità non sia troppa, nella convinzione che siano i No i più motivati ad andare alle urne.

la Repubblica 24 agosto 2020

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