Berlusconi e il suo partito indeboliti, le elezioni sempre più vicine, il futuro del Paese oppresso da nebbia fitta. E una domanda che ci assilla con la ferocia degli incubi: ma noi in che mani siamo? Sono al lavoro gli strateghi di ferragosto. Mi riferisco a quello che resta dell’area di opposizione istituzionale, chiamiamola così. Da una parte il nuovo centro lancia aut aut al Pd: scegli o con noi o con Di Pietro e Vendola. Il Pd risponde dividendosi in almeno due anime (chiamiamole così ma se avessero davvero un’anima non ci farebbero patire tanto…), tanto per cambiare veltroniane e d’alemiane. Divisi sulle alleanze, sulle primarie, sul sistema elettorale da proporre. I primi insistono sul bipartitismo, ma i due partiti che dovevano costituirlo, Pdl e Pd, sono a un passo dal fallimento. I secondi vorrebbero una legge elettorale che consentisse al centro di irrobustirsi e crescere. Ai primi evidentemente andrebbe bene anche andare al voto con il porcellum e subito. Agli altri, no. Non sono questioni da poco, ma strategiche.
Tornare a votare ora e così significa però riavere lo stesso Parlamento nominato e non eletto, gli stessi deputati e senatori, gli stessi burattinai e gli stessi burattini.
Cambiare qualcosa prima del voto, con un nuovo governo, sarebbe certo meglio. Ma con quale governo? E qui gli strateghi si dividono di nuovo e il buio si infittisce.
Gli strateghi di ferragosto non hanno capito che i cittadini sarebbero riassicurati soltanto dalla loro uscita di scena, dopo anni e anni di sconfitte e di vittorie berlusconiane.
Un sogno di ferragosto, ma sognare non è vietato. E’ forse solo inutile.
UN VERGOGNOSO AGOSTO
Va all’attacco il segretario Pd, Pierluigi Bersani, che dal Meeting di Rimini afferma: questo governo «non finirà la legislatura. Non lo dico da adesso è da un anno che lo dico. Si vede il profondo disfacimento su dei punti di fondo. La mia analisi prescinde da questo agosto vergognoso, va un pò più a fondo». Replica secco il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: «Bersani è sceso a Rimini direttamente dalla Luna e ha detto che vuole subito una bella ammucchiata di vecchia politica per un’altra Italia. Ovviamente senza Berlusconi, voluto dalla maggioranza degli italiani… Non poteva restare un altro po’ sulla Luna?».
———————————————————-
“Un agosto vergognoso” scopre il nostro Pierluigi Bersani, ed è perciò che offre al Gianfranco Fini l’ovazione e la solidarietà del più grande partito d’opposizione della sinistra italiana. In omaggio alle coraggiose esibizioni ideologiche che il trapezista Gianfranco Fini effettua senza rete (mentre i tamburi rullano). Ci si compiace della ritrovata virtù democratica che rifulmina Fini sulla via di Damasco, ma il “VERGOGNOSO” è l’epiteto doveroso per stabilire un “Rubicone” fra partiti che hanno il diritto di governare (quello di Bersani & C), e partiti che si sono arrogati il diritto di farlo avendo carpito al popolo sovrano la legittimazione a farlo.
Il comportamento di Berlusconi è “VERGOGNOSO” (ribadisce Bersani), mettere alla gogna i FINIANI sol perché congiurano ai danni del PdL. Forse, Berlusconi, avrebbe dovuto organizzare una fanfara per inneggiare al legittimato Giuda.
Questo è lo stato dell’arte nell’agone politico italiano, la parte antiberlusconiana esulta per la debacle subita dal PdL ed offre parole mielose a quelli che, fedifraghi, si apprestano a ribaltare il governo del Paese per l’ambizione di apparire importanti: piccoli uomini la cui compagine olezza del “foetor proditionis”
È questo insulto alla democrazia che inficia il nostro ideale democratico. Non fu questo il mandato che il popolo sovrano conferì a quegli eletti che gli chiesero di rappresentarlo. Nessuno osa imporre la fedeltà assoluta “usque ad finem”, si resta liberi di cambiare idea e ideale in ogni momento della propria vita, è la carica che non può essere considerata un appannaggio ad personam: a prescindere dall’ideale che s’intende servire.
Fini si è reso conto, alleandosi con Berlusconi, d’aver fatto una scelta pessima per lui e per il Paese? Ottimamente bene!
Si dimetta dalle cariche ricoperto in virtù del mandato e faccia quello che gli pare. Ma non è possibile che si confonda un fatto squisitamente democratico (la carica parlamentare), figlia di un patto elettorale, come un diritto che compete al singolo indipendentemente dal mandato popolare.
L’art. 67 della Costituzione non intende legittimare il tradimento, né fomenta diserzioni a scapito della volontà democraticamente espressa.
Celestino Ferraro