Capo Rizzuto, la denuncia di Carla: “Dov’è lo Stato?”

21 Lug 2010

A 15 giorni dall’attentato che le ha mandato in fumo l’auto, Carla Girasole, sindaco di un paese ad alta densità mafiosa, fa il punto. Una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno intanto, attende risposta.

“Risultato? Sono sotto vigilanza, ogni volta che mi muovo per lavoro, per fare la spesa o per accompagnare le bambine, devo avvertire i carabinieri, dire loro in anticipo tutti i miei spostamenti. Non è facile, il clima che si respira qui è pesante”. A quindici giorni dall’attentato incendiario che le ha distrutto l’auto, sotto le finestre di casa, Carla Girasole, sindaco di Isola Capo Rizzuto, paese ad alta densità mafiosa della Calabria jonica, tenta un bilancio. Carla Girasole, che da molti anni segue Libertà e Giustizia denuncia: “Indagano, ma tutto è rimasto come prima: so bene di essere in pericolo, perché continuo a fare quello che ho sempre fatto, non mi lascio intimidire. Non ho intenzione di fermarmi”. La sua è la terza auto andata a fuoco in meno di un mese, le altre erano del vicesindaco Anselmo Rizzo e del responsabile dell’ufficio tecnico Agostino Biondi. Ma c’è una domanda che assilla il sindaco: “I miei collaboratori, io stessa, qui ci mettiamo la faccia. Dov’è lo Stato? Avevo chiesto al prefetto di mandare rinforzi in ufficio; non voglio la scorta, vorrei dare l’idea che lo Stato è qui, dalla nostra parte, con noi, a combattere la nostra stessa battaglia”.

Strana storia questa di Isola Capo Rizzuto (nella foto un’immagine del castello aragonese), 15 mila abitanti per 125 chilometri quadrati, paradiso turistico e archeologico, tre commissari prefettizi in una manciata di anni, uno dei quali rimosso perché colluso. Una storia che si perde nella memoria antica, ricorda per trame e assurdità quella di Africo, il centro calabro rivelato al mondo dal bel libro di Corrado Stajano, 30 anni fa. Una storia che ne intreccia molte altre più recenti: fili che sembrano perdersi a Roma, sfiorando il palazzo del Senato; a Milano, tra le polveri dei cantieri per le Grandi opere; in Europa, nel grande buco dei fondi per le energie alternative.

La Fotografia

A sfogliare la sequenza di foto che ha incastrato l’ex senatore Pdl  Nicola Di Girolamo (eletto a Stoccarda in Germania, con schede che poi si sono rivelate false, cioè schede bianche, compilate secondo l’accusa da emissari della cosca Arena ), si ritrova un po’ della storia recente di Isola Capo Rizzuto. Nello scatto più affollato, la didascalia avverte: “gli altri invitati non hanno nulla a che fare con l’inchiesta in corso”. Bisogna andare oltre. L’istantanea riprende Di Girolamo, intento a festeggiare la vittoria elettorale con l’imprenditore romano Gennaro Mokbel, quello che nelle intercettazioni è sorpreso al telefono mentre dice al senatore: Nicò, tu sei il mio schiavo. Con loro, Franco Pugliese, considerato il trait-d’union con la cosca degli Arena, in questo momento vincente a Capo Rizzuto ma impegnata anche ad arraffare i lavori per le Grandi opere in Lombardia. Poi ci sono Fabrizio Arena, capobastone e figlio di Carmine (ucciso a colpi di bazooka nel 2004). Fabrizio, latitante e super ricercato al momento della foto, sarà poi arrestato il 12 maggio 2010 . Nell’immagine figurano anche due consiglieri comunali caporizzutesi di opposizione, Antonio Riillo e Raffaele Martino. Sono tra quelli che oggi muovono guerra al sindaco. L’opposizione ha presentato una raccolta di firme false per sfiduciare la giunta, come risulta dagli atti depositati alla Camera con una interrogazione urgente che ha come prima firmataria la deputata pd Doris Lo Moro.

Il paese

Carla Girasole, in carica dal 2008, guida una giunta di centrosinistra. Il suo arrivo nel palazzo comunale sembra all’inizio poco più che un buon affare per il mercato delle scommesse clandestine: è donna, è giovane, è laureata. È pure di sinistra: quanto potrà durare? Nella Calabria che fatica ad aggiornare gli antichi schemi del latifondismo, che naviga a vista nel mare del turismo, considerandolo a volte quasi un fastidio, una giunta di giovani sembra un gioco da ragazzi. A maggior ragione se subentra a un sindaco ancor più giovane, sfiduciato perché non regge alle tensioni e alle pressioni.

Il paese è specchio della sua cultura: tra i resti del tempio di Hera Lacinia, nel promontorio che per gli antichi greci doveva essere la copia dell’Acropoli di Atene, spuntano palazzoni e ville. Ma anche cisterne per l’acquedotto e vecchie torri dell’Enel. Le strade che ai tempi di Platone dovevano avere i nomi delle divinità ora sono intestate a mitili e pesci. Via delle cozze e viale dei ricci di mare. L’abusivismo estremo si spinge fino alle spiagge di cui Isola, a dispetto del nome un’ampia penisola, è ricca. Hanno costruito davanti a un angolo di Jonio che sarebbe riserva marina protetta in acqua e riserva archeologica a terra. “Le gare per la demolizione delle ville su una della spiagge demaniali sono andate deserte”, racconta il sindaco Girasole; e ci sono voluti mesi e l’intervento di don Ciotti di Libera e del prefetto di Crotone per reclutare contadini disponibili a trebbiare i campi di orzo sequestrati al clan Arena. Ce l’hanno fatta solo perché li hanno fatti arrivare, deportandoli quasi, da altre province calabre; le trebbiatrici sono scese in campo con cartelli che coprivano i nomi delle aziende.

In paese, tra paura e omertà, i commenti sono sferzanti: “Il sindaco ha sbagliato: doveva rivolgersi al nostro parroco, che c’entra don Ciotti?”.

A ridosso di quei campi, lungo la Statale 106, capannoni industriali abbandonati segnano la strada come le pietre miliari di una volta. Sono fabbriche che non puoi dire abbandonate, perché in alcuni casi i macchinari non hanno mai iniziato a funzionare, bloccati prima dai sigilli della magistratura. Uno “spreco” per il paese che avrebbe preferito lavorare e tenersi il sospetto di infiltrazione mafiosa. La disoccupazione è alta a Isola, quasi quanto la percentuale di bar e negozi.

Unica fonte di ricchezza in chiaro: il turismo. Incentivato sicuramente dai tre attentati incendiari di queste ultime settimane. L’ultimo fuoco è stato acceso all’una e mezza di notte, l’altra sera, sotto l’auto del sindaco, a 5 metri dalla spiaggia dove fumavano ancora i tizzoni dei falò dei “forestieri”, come chiamano da quelle parti i villeggianti.

Il 14 aprile, il turista che fosse passato dal centro del paese, avrebbe potuto assistere a una sparatoria, un regolamento di conti tra malavitosi con tanto di fuga e carambola di auto.

L’anno scorso, 40 turisti sono rimasti intossicati, infettati dall’acqua che un sabotaggio aveva reso fetida come quella delle fogne, per la presunta ritorsione di un clan mafioso contro i gestori del villaggio turistico che forse non voleva pagare il pizzo.

Giro di vento e di denaro

Nello stesso giro di chilometri, tra mare e ruderi, negli anni scorsi, hanno piazzato uno dei parchi eolici più grandi d’Europa, con pale anche su terreni al riparo dal vento. Capitale dell’energia alternativa, Capo Rizzuto vanta oggi un centinaio di pale, quasi tutte sui terreni di proprietà della famiglia Arena: le inchieste sono in corso.  Nelle casse del comune, però, entrano solo 350 mila euro di oneri l’anno. Carla Girasole ha chiesto di ridefinire gli accordi, e con uno dei parchi è riuscita ad alzare la quota a 750 mila. Ha rimesso in discussione anche gli appalti per la pulizia del municipio, per esempio, la manutenzione degli impianti di illuminazione, la pulizia delle spiagge, l’appalto forse più goloso per la malavita organizzata, quello per il campo profughi di Sant’Anna, da tempo bacino di manovalanza per i lavori nei campi, anche quelli della ‘ndrangheta. Ha avviato un piano triennale di opere pubbliche per 50 milioni. Dopo l’approvazione del bilancio, però, è iniziata l’azione di disturbo. Nell’interrogazione di Doris Lo Moro al Ministro degli Interni Roberto Maroni si riportano ad esempio le assurde richieste di atti di alcuni consiglieri di opposizione, tra cui anche i due della foto con l’ex senatore Di Gerolamo, “per esaudire le quali, gli uffici comunali avrebbero dovuto interrompere il loro servizio per mesi”; si cita una “fantomatica raccolta di firme (alcune delle quali si presentano con una grafia molto simile che lascia dubbi sulla loro autenticità) contro il Sindaco”, e “una campagna mediatica fortemente denigratoria nei confronti dell’attuale Giunta comunale, additata come portatrice di interessi particolari a scapito della comunità intera”.

Nessuna risposta, per ora. Solo quella incendiaria sui cui farà luce la magistratura.

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