Trump e le sinistre (politicamente) afone

17 Giugno 2025

Articolo pubblicato su Domani
Nadia Urbinati, 16 Giu 2025

Titolo originale Perché la sinistra ci appare inerte davanti al sovranismo dell’era Trump

L’amministrazione del presidente Tycoon è la locomotiva dell’internazionale della destra che a livello globale usa la forza contro gli immigrati, affossando la politica basata sui e limitata dai diritti

Un paradosso si aggira in Occidente: il rovesciamento dei ruoli della destra e della sinistra. La destra si fa internazionalista nel nome del sovranismo. La sinistra balbetta dentro i confini nazionali rivendicando diritti identitari.

Pochi giorni fa, il Patriots for Europe Foundation ha tenuto una conferenza al Parlamento europeo con membri del governo indiano e lo scopo di costruire un’alleanza basata sulla «sovranità civile», un termine attraente che si chiarisce alla lettura del progetto: nessun riferimento ai diritti umani universali e, invece, lotta contro l’islamismo e difesa delle culture nazionali.

In India il patriottismo sovranista si esplicita con l’induismo, l’uso politico della narrativa etnico-religiosa al fine di reprimere il pluralismo, in primo luogo le comunità mussulmane. In Europa, patriottismo sovranista significa affermazione dell’uniformità pre-politica “giudeo-cristiana” contro, anche in questo caso, le minoranze musulmane ovvero, nella sostanza, gli immigrati dai paesi terzi.

La lotta contro l’immigrazione viene caricata di significati culturali ed espelle ogni riferimento ai diritti umani. L’Europa della destra costruisce l’identità continentale in senso nazionalistico, rovesciando completamente la prospettiva ideale che l’aveva ispirata.

L’amministrazione Trump è la locomotiva dell’internazionale della destra. E usa l’esercito per facilitare la politica della «caccia all’uomo, casa per casa»: caccia a tutti coloro che non sono bianchi – un colore un poco più scuro della pelle e dei capelli viene facilmente usato come metodo certo di identificazione delle razze da espellere.

In tutto l’Occidente, la destra è mossa dalla stessa politica: discriminatoria e repressiva con lo scopo di eliminare o deportare o maltrattare tutti coloro che non rientrano nell’identità etnica definita da chi governa.

Quel che l’internazionale sovranista sta costruendo è la sepoltura dell’universalismo e, quindi, della democrazia. È la fine della concezione della politica basata sui e limitata dai diritti; è la pratica di usare le norme esistenti per ottenere risultati che sono palesemente anti-egualitari e anti-universalisti, insomma discriminatori e repressivi.

Tutti gli stati, tutte le costituzioni (benché quelle presidenziali più fortemente di quelle parlamentari) consentono politiche come quelle che vediamo in azione in diversi paesi governati dalla destra. Pur nella limitazione da esse stabilite, le costituzioni sono esposte a diverse interpretazioni.

A ostacolare il progetto delle destre dovrebbe essere la cultura politica democratica, nel cui dna ci sono i principi di solidarietà e internazionalismo, di eguaglianza nei diritti e di rispetto delle persona (non solo dei cittadini). Invece, tra i democratici, c’è un gran silenzio. E c’è passiva reazione ad un’escalation decisionale delle destre che non ha limiti. Sembra che, dopo aver contribuito a identificare i diritti con le identità di chi li ha rivendicati, la compagine democratica non abbia più una lingua universalista. La destra si fa internazionale, la sinistra resta nei recinti nazionali e identitari.

Ha scritto recentemente Michelle Goldberg sul New York Times che «quando le persone di sinistra si coordinano a livello transnazionale, lo fanno spesso attraverso istituzioni liberali: organismi internazionali come le Nazioni Unite, ong internazionali, conferenze accademiche. Queste istituzioni tendono a privilegiare stili di comunicazione altamente specializzati e burocratici.

(Per far parte dell’orbita delle Nazioni Unite, ad esempio, i gruppi femministi di base devono spesso imparare il loro gergo: gender mainstreaming, S.H.R.H., duty-bearers)». Le forze progressiste o democratiche hanno assorbito il linguaggio giuridico e burocratico, e smarrito quello politico. Sono politicamente afone.

Quando provano a fare politica si perdono in liste di richieste e proposte, come se l’unica dimensione a loro familiare fosse il parlamento, il mondo delle istituzioni. Si attardano in una lingua prosaica che non smuove le emozioni e le volontà. E quando provano a fare politica finiscono per confondere i diritti con le identità, come se i diritti appartenessero alle persone che li rivendicano e non invece a tutti, a ciascuno di noi.

Come ci ricorda Gustavo Zagrebelsky, l’eguaglianza dei diritti è essenziale alla nostra libertà perché siamo individualmente diversi. La salvaguardia della democrazia non può dunque venire dai sovranisti ma neppure da visioni identitarie dei diritti. Contestare l’internazionale dei sovranisti con il recupero del valore personale della democrazia è determinante.

Non è solo la lotta contro questo o quel governo, questa o quella legge, che può animare le forze democratiche, ma una concezione di umanità e di società. Vogliamo essere eguali nel diritto e nelle possibilità di incidere nella nostra vita e nella nostra società perché siamo persone. Come è scritto nella nostra Costituzione.

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