L’utilitarismo di parte e le sue ragioni

23 Gennaio 2021

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Nemmeno una pandemia riesce ad emancipare la nostra classe politica dall’interesse di parte. Il Recovery Fund ha scatenato la febbre dell’oro. Questione di metodo ma soprattutto di sostanza: dove, con chi e come investire miliardi di euro. Nulla di illegittimo, soprattutto in un governo di coalizione, dove il confronto tra le parti su obiettivi, processi e tempi può essere un’iniezione di energia e di miglioramento delle decisioni.

Il potere di veto dei numeri piccoli non è necessariamente un male, anche se una delle ragioni usate contro il sistema proporzionale. Ma a sua discolpa, si può dire che i veti ci sono anche in un sistema maggioritario, con la differenza che qui i panni sporchi vengono lavati dentro il partito di governo. Ciò che di positivo hanno i governi di coalizione è che la trattativa non riesce a nascondersi al pubblico. Sotto gli occhi di tutti è il momento critico del governo Conte-bis.

Una parte della coalizione sventola da qualche settimana la minaccia di una crisi. Le condizioni sono purtroppo favorevoli. Il partito di maggioranza parlamentare, i 5 stelle, è così sfilacciato da non riuscire a fare argine ai vai umori che lo attraversano, spesso identici a quelli dei partiti di opposizione. Ma lo stesso PD soffre di una debolezza strutturale per l’interna contaminazione degli umori conflittuali di Italia Viva. Insomma, nessuno dei due alleati ha un’identità definibile sulla quale scommettere sul futuro del governo. E questo è un fattore di instabilità: partiti liquidi, segreterie che non riescono a coagulare le fazioni in una posizione unitaria.

In questa condizione, il governo è come un ricoverato in un reparto di rianimazione, tra la vita e la morte. Con l’aggravante che non c’è consenso sulla diagnosi perché al suo capezzale ci sono medici con diversi metodi diagnostici e diverse finalità. Per alcuni il suo destino è scritto nel numero quotidiano dei morti; per altri nella sua debolezza strutturale; per altri ancora nella premeditazione di alcune sue parti.

Per chi guarda all’aspetto utilitaristico, la questione del Recovery Fund è la causa scatenante. Non lo si può dire pubblicamente, perché poco onorevole. Il duca Valentino -racconta Machiavelli- diede a Remirro de Orco l’onere di reprimere i territori della Romagna appena conquistati per poi preservare la sua buona reputazione presso il popolo.

E così oggi, chi cerca la crisi, dice al pubblico che a parlare è il numero dei morti. Sapendo che non si può andare ad elezioni anticipate, la forza dei numeri diventa potere di veto. Dal che si vede, che il numero dei morti c’entra poco o nulla. Anzi, è proprio grazie a quel numero e al fatto che non ci siano spazi per sciogliere le Camere, che il potere di veto diventa fatale.

Diceva Montesquieu che il popolo non ha competenze per governare, ma ha la capacità di giudicare i politici. I cittadini dubitano che la motivazione dietro questa sfida sia il numero dei morti, anche perché questa responsabilità dovrebbe includere anche i governi regionali. E fanno bene a dubitare. La ragione dell’utilitarismo di parte è più calzante. Ma è così poco nobile che nessuno la vuole ammettere pubblicamente.

 

23 gennaio 2021

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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