Affermazioni circa la non attualità della differenza tra sinistra e destra, “residui ideologici del secolo scorso”, non mi hanno mai convinto; le obiezioni però si sono collocate spesso al livello (peraltro rispettabile!) della teoria politica. Nei giorni scorsi, una plateale smentita è venuta dai fatti, in termini che devono essere convincenti anche per chi diffida della mera teoria.
Un capo di governo socialista in Spagna, un vice-Presidente del Consiglio leghista in Italia (nel silenzio del Presidente “tecnico” e dell’altro vice-Presidente indefinibile): le loro opposte scelte di fronte al dramma di una nave di profughi sanciscono una differenza politica che risale a una radicale differenza nei valori che sono alla base delle scelte stesse. Questi valori non sono un di più, un lusso che solo per le élites può condizionare la concretezza delle azioni di un governo: rappresentano la linea direttrice per la finalizzazione di tali azioni, che si collocano sempre nella prospettiva del modello di società, di vita collettiva, alla quale esse tendono.
La questione è così semplice, la correlazione tra le opzioni di fondo e le soluzioni adottate circa l’apertura o la chiusura dei porti è così evidente, che il discorso potrebbe anche chiudersi qui; voglio solo aggiungere un commento circa i rapporti con il sentire diffuso tra i cittadini. Molti hanno detto che la scelta di Salvini è stata “elettoralistica”, tesa a mostrare che il governo italiano appena insediato vuole soddisfare “il popolo”; ma il governo spagnolo, appena insediato anch’esso, non ha forse la stessa esigenza? Esso ha mostrato però che i governanti hanno il dovere di non guardare solo, demagogicamente, al consenso immediato (anche tra gli Spagnoli non vi è presumibilmente entusiasmo per una “invasione di immigranti”): emerge perciò il problema della “educazione civile”, che induce i cittadini a guardare oltre la contingenza del momento.
Impegnarsi in tale educazione dovrebbe essere una priorità per la vita politica del Paese. Priorità nel sistema istituzionale di istruzione, superando l’assenza, in esso, dell’obiettivo di formazione alla cittadinanza; priorità anche nell’azione di associazioni e movimenti, osservando quanto sia stata deleteria la fine di quelle “scuole di formazione politica” che un tempo i partiti caratterizzavano sì su basi ideologiche, ma che comunque utilmente attivavano.
“Libertà e Giustizia” ha avvertito da sempre questa esigenza, e ha dato vita a molte Scuole di politica, tutte orientate allo sviluppo di una sensibilità civica diffusa: i fatti dimostrano che è la strada da seguire, tenacemente.
(*) L’autore fa parte del Comitato dei Garanti di LeG