Di Matteo all’Antimafia/Le stragi, i mandanti e B.: “Riaprire le indagini”

17 Set 2017

Ci sono elementi nuovi, bisogna riaprire “immediatamente le indagini sui mandanti esterni a Cosa Nostra” che hanno voluto la morte di Paolo Borsellino. Le intercettazioni del boss stragista Giuseppe Graviano che in carcere parla di Silvio Berlusconi, vanno approfondite.

Lo ha detto ieri Nino Di Matteo, il pm del processo per la trattativa fra Stato e Cosa Nostra, ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia. Fu lui stesso, a luglio, a chiedere l’ audizione dopo che Fiammetta Borsellino – la figlia più giovane di Paolo Borsellino -, aveva detto che erano passati 25 anni inutilmente e aveva citato Nino Di Matteo come uno dei responsabili del depistaggio attuato attraverso il falso pentito Vincenzo Scarantino.

Di Matteo durante l’ audizione chiarisce, come vedremo in seguito, che non interrogò mai Scarantino. Ma la parte più importante della deposizione riguarda i mandanti esterni della strage. Il magistrato lo fa capire già con la sua premessa: “Spero di stimolare gli approfondimenti necessari anche in sede politica sul probabile coinvolgimento nella strage di soggetti esterni a Cosa Nostra.

Dire che sono stati persi 25 anni nella ricerca della verità è un’ affermazione profondamente ingiusta e pericolosa, perché utile a chi teme l’ accertamento completo della verità”. Il pm ricorda che durante il processo “Borsellino ter”, conclusosi nel 2003, per la prima volta venne fuori “la connessione tra la trattativa del Ros dei carabinieri con Vito Ciancimino (l’ ex sindaco di Palermo, ndr) e l’ accelerazione della strage”. Proprio in quel processo, il pentito Salvatore Cancemi disse che “Totò Riina, durante la riunione in cui si assunse la responsabilità di eseguire presto la strage, citò i nomi di Berlusconi e di Marcello Dell’ Utri come soggetti ‘da appoggiare ora e in futuro'”. Di Matteo aggiunge che “di recente questo spunto è stato alimentato da altre acquisizioni che a mio avviso dovrebbero portare alla immediata riapertura delle indagini sui mandanti esterni a Cosa Nostra”.

In passato le Procure di Caltanissetta (con Di Matteo e Luca Tescaroli) e Firenze hanno indagato su Berlusconi e archiviato la sua posizione.

Ma “nell’ ultimo periodo – ribadisce Di Matteo – le indagini da me condotte con altri pm a Palermo hanno fatto emergere elementi di prova che rafforzano il convincimento che la strage non fu solo di mafia.
Paradossalmente, però, in questo momento e non è un caso, l’ attenzione invece di concentrarsi sulla necessità di ulteriori approfondimenti in tal senso, si orientano a delegittimare il mio lavoro”.

Cita le intercettazioni di Graviano, ma prima di ricordarle vuole inquadrare alla Commissione il peso del capomafia di Brancaccio: “È il principale protagonista degli attentati del ’93 a Roma, Firenze e Milano, dell’ accordo con la ‘ndrangheta per gli attentati del ’94 ai carabinieri in Calabria, del fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma”.

Rammenta pure le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, ex uomo di fiducia di Graviano, colui che si è autoaccusato della strage di via D’ Amelio e ha rivelato l’ estraneità di Scarantino.
“Quando vennero rese note le dichiarazioni sull’ incontro al bar Doney di Graviano con Spatuzza (a Roma, nel gennaio del ’94, Graviano gli avrebbe detto: “Grazie a Berlusconi e al compaesano Dell’ Utri abbiamo il Paese nelle nostre mani”, ndr) si disse che la loro valenza era limitata perché si trattava di un de relato. Oggi, con le nostre intercettazioni ambientali, abbiamo ascoltato la viva voce di Graviano riferire di stragi fatte come ‘cortesia’ e di contatti con Berlusconi nel periodo delle stragi. Eppure la reazione è stata di indifferenza, di svilimento ingiustificato della valenza probatoria di quelle intercettazioni”.

E veniamo al capitolo Scarantino. Dopo le accuse di Fiammetta Borsellino, Di Matteo torna a raccontare quei tempi: “Quando vennero avviate le indagini, io non ero magistrato ma uditore Entrai a far parte del pool che seguiva le stragi di mafia solo nel novembre ’94, quindi due anni e 2 mesi dopo l’ arresto di Scarantino avvenuto sulla base di accuse di pentiti che mai ho interrogato e intercettazioni che mai ho ascoltato all’ epoca”. Di Matteo lascia anche alla Commissione interrogativi su cui, se vuole, può lavorare: “Si tratta di capire come mai queste dichiarazioni false, in quanto fatte da un soggetto non coinvolto nella strage, in parte coincidano con quelle di Spatuzza. Lascia ipotizzare che alcune informazioni vere erano arrivate a chi, per sfruttarle, ha fatto una cosa gravissima, mettendo in bocca a un soggetto che non sapeva nulla, informazioni che riteneva attendibili”.

Il pm ricorda che “a occuparsi delle stragi all’ epoca erano “il dottor Tinebra, il dottor Cardella e, forse ricordo male, ma al primo interrogatorio di Scarantino c’era anche la dottoressa Boccassini. Se c’ è stato un depistaggio, è la mia opinione, si è cominciato a realizzare prima del settembre ’92”. Ilda Boccassini, nell’ ottobre ’94, prima di lasciare Caltanissetta, scrisse una lettera al procuratore Tinebra esprimendo dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni di Scarantino, ma Di Matteo non ne seppe nulla per quasi un decennio, fino al “2011- 2012. Mai parlato di stragi con la Boccassini”. Il pm chiude l’ audizione con un auspicio: “Spero che possa servire a stimolare la prosecuzione del percorso di verità sulle stragi che oggi, lo dico con molta amarezza, è rimasto sulle spalle di pochi magistrati, pochi investigatori e pochi politici, nel disinteresse generalizzato”.

 Il Fatto Quotidiano, 14 Settembre 2017

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