Negli slogan “il personale è politico”, “modificazione di sé e del mondo”, c’era la sfida, la protesta estrema di una inedita cultura femminista che come scrisse Rossana Rossanda – si poneva «come antagonista, negatrice della cultura altra: «Non la completa, la mette in causa».
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Le esigenze radicali, che allora si rivelarono impossibili per ostacoli esterni ed interni al femminismo stesso, ricompaiono oggi, come spesso accade, in una situazione mutata e nel protagonismo di una generazione che, a differenza della nostra, non è “contro” le donne che l’hanno preceduta e in qualche modo fatta crescere.
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Nei report usciti dalle affollatissime assemblee bolognesi del 4/5 febbraio, il richiamo al femminismo, alle sue pratiche e all’autonomia con cui ha dato vita ad associazioni, consultori, centri antiviolenza, interventi formativi nelle scuole, è ricorrente. Sia per quanto riguarda i media e la necessità di un «osservatorio indipendente», sia in riferimento ai consultori autogestiti nati nella prima metà degli anni Settanta per iniziativa dei gruppi di Medicina della donne e poi istituzionalizzati nel 1975. Con il timore che la stessa sorte possa toccare ai centri antiviolenza: «…i consultori devono tornare a essere aperti e accoglienti, liberi e gratuiti, diffusi nel territorio….Vogliamo vivere i consultori come luoghi di aggregazione e centri culturali ( … ) capaci di accogliere e riconoscere le molteplici identità di genere che un individuo può sperimentare …».
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Data la giovane età, della storia del femminismo le nuove generazioni conoscono poco, ma sanno che da quella radice vengono le loro consapevolezze, la libertà e la forza collettiva che le ha fatte incontrare in tante e così inaspettatamente. Benché partito sull’onda di una rivoluzione che avrebbe dovuto investire il patriarcato e il capitalismo, liberare dai modelli interiorizzati del maschile e del femminile, sovvertire la divisione sessuale del lavoro, la politica separata, nel momento della sua diffusione il femminismo si è fatto quasi fatalmente, data l’ ampiezza dei suoi temi, frammentario. Le manifestazioni che si sono succedute nel tempo hanno sempre avuto un tema specifico -la legge 194, la violenza domestica, ecc.
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Lo Sciopero internazionale delle donne dell’ 8 marzo 2017 in Italia sembra averne ricomposto tutte le anime, in una visione di insieme che va dall’ autodeterminazione sessuale e riproduttiva alla precarietà del lavoro, dal partire da sé come pratica di presa di coscienza ai problemi riguardanti le migrazioni, dal femminicidio alla violenza maschile vista come “fenomeno culturale”, dal sessismo al razzismo, all’omofobia. La ricerca dei nessi tra sessualità e politica, tra patriarcato e capitalismo, che già compariva nei volantini degli anni Settanta, ma che era sembrata a lungo come l’Araba fenice, negli “8 punti” con cui da Bologna è partita la decisione di riscrivere il “Patto straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, ha trovato per la prima volta concretezza e radicalità nel tenere insieme obiettivi e lavoro sulle vite singole.
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il Manifesto, 7 marzo 2017