La setta Wahabita in Arabia Saudita pratica un potere assolutista, fondato sull’islamismo sunnita (integrale). Il re e il mullah si sostengono reciprocamente e insieme investono ingenti capitali nell’espansione del fondamentalismo sia nel mondo occidentale che, in particolar modo, in quello musulmano. Anche nel vicino Qatar c’è un sultanato assolutista, anche se nel tempo le regole integraliste sono state attenuate, ma non l’aiuto concreto al fondamentalismo. In Iran , l’arrivo del musulmanesimo, dopo il culto di Zoroastro, comportò secoli di dominazione sunnita di origine turca e turcomanna ( mongoli ), che si concluse solo nel 1600 con l’avvento di una dinastia persiana. Questi nuovi re abbracciarono l’islamismo sciita, per una rivalsa contro le precedenti dominazioni. Queste due diverse genesi spiegano perché tra Arabia Saudita (e Qatar) e Iran ci sia una profonda rivalità religiosa (sunniti contro sciiti), che diventa politica nella contesa per la supremazia nell’area. Ma è un conflitto “indiretto”. L’Iran finanzia da tempo comunità sciite dell’area del Medio Oriente, in Libano (Hezbollah), in Sira (famiglia di Assad), in Yemen ecc. Mentre l’Arabia Saudita è accusata di sostenere nell’ombra proprio le milizie radicali jihadiste, nonostante le continue smentite ufficiali. Questi finanziamenti da parte di ambedue i contendenti significano l’acquisto di armi per la formazione di piccoli eserciti locali, che svolgono attività di controllo del territorio e di guerriglia contro gli avversari, in primis Israele. Ma proprio verso Israele ci sono importanti differenze nell’atteggiamento dei paesi arabi: manifestamente nemico l’Iran, ostili ma in sordina Arabia e Qatar. Per questi ultimi, infatti, la moderazione risiede nei legami commerciali e politici con gli USA , che a sua volta è un alleato strategico per Israele. La situazione è cambiata con la vicenda Afghanistan. Questo paese, retto in un recente passato da governi abbastanza filo sovietici ma laici, ha subito il potere delle forze integraliste sunnite , chiaramente armate da Arabia Saudita e Qatar, che hanno creato uno stato confessionale integralista e assoluto. L’Unione Sovietica , preoccupata dalla presenza di uno stato integralista ai confini delle sue repubbliche periferiche musulmane, ha reagito di forza, invadendo l’Afghanistan nel 1979. Molte persone, anche anti-comunisti, pensarono che l’URSS in quel momento difendeva i valori della civiltà occidentale. Invece gli USA vedevano in quella mossa solo un tentativo di espansione sovietica. Per fermare l’URSS , hanno armato e finanziato gli integralisti sunniti ( vedi Osama Bin Laden ), cioè il nucleo da cui è nata l’ISIS. Si tratta di uno dei tragici due grandi errori (il secondo è l’invasione dell’Iraq ) della politica estera degli Stati Uniti. Ovviamente commesso con il silenzio-assenso dell’Arabia Saudita, che vedeva così la possibilità di ripristinare un regime teocratico. Così è stato: respinta l’URSS , sono arrivati i talebani, precursori dei più sanguinari jihadisti del Daesh. La mossa di Mosca si è rivelata esiziale due volte, perché questo insuccesso ha accelerato la fine del comunismo nell’URSS . Ancora peggiore è stato l’impatto del secondo errore di Washington : l’invasione dell’Iraq. Non solo hanno dotato gli integralisti di armi, ma hanno accresciuto la loro consapevolezza di potersi organizzare e vincere, con le conseguenze che oggi siamo al Califfato. Cioè, il sogno e l’obbiettivo degli arabi sin dalla prima guerra mondiale. Non per niente in questi giorni vengono citate le promesse (in buona fede) di Lawrence e la ben diversa realtà derivante dal patto Sykes-Picot , che vanificavano le promesse della Grande Arabia . Così antiche dispute, unitamente alla goffaggine degli USA , hanno portato alla complicata situazione odierna. Fatta di odio religioso tra sunniti e sciiti (in Iraq il primo governo fantoccio era sciita, contro la maggioranza sunnita, in Siria Assad rappresentava la minoranza sciita ), rivalità politica tra Arabia Saudita e Iran. Tutto amplificato dalla ricchezza delle risorse naturali: il petrolio irakeno, la Siria che è un paese di passaggio obbligato per gas e petrolio , il Libano che è l’unico paese ricco d’acqua. In più, ci sono le aspirazioni territoriali di Israele e il desiderio della Grande Arabia che, se pur sopito dagli anni, è sempre latente. A rendere tutto infiammabile, c’è la povertà e la ineguaglianza sociale, e quindi il desiderio di cambiamento, anche se sotto la bandiera del terrore , trova un terreno più’ che fertile. Naturalmente va ricordato che l’integralismo islamico , anche se lontano dalla nostra mentalità ( ruolo delle donne ecc ) non significa necessariamente terrorismo : quest’ultimo ne è la degenerazione, ma se lo si vuole debellare occorre affrontare questa complicata partita a scacchi. (*) L’Ing. Stefano Valenziani ha una profonda esperienza internazionale acquisita in anni di lavoro all’estero ed è socio del Circolo di Roma
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