Zagrebelsky: per cambiare l’Italia i fondamenti scritti nella Costituzione

28 Maggio 2014

Gustavo Zagrebelsky anticipa in un video il discorso che terrà il 2 giugno a Modena. “Oggi ci convochiamo sotto il nome dell’onestà. Onestà che non è una parola moralistica. La politica non è il campo degli onesti, ma se la disonestà diventa una questione nazionale assume una dimensione che non è quella morale ma è quella politica”.

Sandra Bonsanti e Gustavo ZagrebelskyCi vediamo tutti quanti anche quest’anno al nostro appuntamento del 2 giugno a Modena. Per incontrarci tra di noi, per conoscerci e riconoscerci tenendo ferme le nostre ambizioni. Libertà e Giustizia, possiamo dircelo, è sempre stata coerente, ha rappresentato e continuerà a rappresentare un punto di riferimento per quella parte d’Italia che ha a cuore i fondamenti della nostra convivenza, quelli che stanno scritti nella nostra Costituzione. Oggi ci convochiamo sotto il nome dell’onestà. Onestà che non è una parola moralistica. La politica non è il campo degli onesti, ma se la disonestà diventa una questione nazionale assume una dimensione che non è quella morale ma è quella politica. Il governo si occupa di tante cose ma a noi pare che questa sia una dimensione della nostra vita che è lasciata ai margini. L’Italia deve cambiare, ma per cambiare deve ritrovare i fondamenti della vita comune, che sono fondamenti di dedizione al bene comune. Discuteremo di queste cose.Ci dicono che siamo degli integralisti perché richiamiamo questa dimensione del vivere comune, ma come diceva Sant’Agostino una società dove non esiste l’onestà, non è una società ma una banda di ladroni.
La lettura quotidiana delle notizie che ci provengono dai mezzi di informazione ci dimostra quanto sia capillarmente diffusa la mancanza del senso dello Stato. Che cos’è il senso dello Stato se non il prevalere degli interessi comuni sugli interessi particolari, che possono essere interessi di corporazione, interessi privati e trasmodare nel crimine individuale e organizzato? Oggi l’Italia è agli ultimi posti nella classifiche sulla diffusione della corruzione, non ci salviamo se non affrontiamo questo tema.
Non siamo dei “manettari”, come ogni tanto qualcuno ci accusa d’essere. Sappiamo benissimo che non è la giustizia penale che risolve questi problemi: l’intervento del giudice penale non li risolve, l’appello al diritto serve quando le deviazioni sono eccezionali, quando invece sono diventate la normalità dei comportamenti a livello pubblico, amministrativo, politico, l’intervento del giudice penale appare addirittura una anomalia perché la normalità è la diffusione della corruzione.
Bisogna riportare la situazione nel nostro Paese al punto in cui il rispetto delle leggi, la dedizione al bene comune, la correttezza nei comportamenti pubblici sia la normalità. E poi la giustizia penale interviene nei casi di deviazione, ma se la normalità è la deviazione, la giustizia penale è impotente.
Montesquieu, pozzo di saggezza e di sapienza, diceva che i cattivi costumi si combattono con i buoni costumi, non con la legge, che semmai interviene dopo.

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