Renzi procede con irruenza, senza scorgere la direzione verso cui procede. Una buona riforma costituzionale non si fa velocemente, e i maggiori poteri andrebbero dati al Parlamento, non certo all’esecutivo”. Gaetano Azzariti, professore di Diritto costituzionale all’università La Sapienza di Roma, è uno dei firmatari dell’appello di Libertà e Giustizia “contro il progetto di stravolgere la Costituzione”. Ieri si sono aggiunte altre firme: Rosetta Loy, Corrado Stajano, Giovanna Borgese, Alessandro Bruni, Sergio Materia, Nando dalla Chiesa, Adriano Prosperi e Fabio Evangelisti.
Professore, l’appello lancia l’allarme sul rischio di una “svolta autoritaria”. Perché?
La storia italiana ci ha insegnato quanto sia pericoloso l’effetto slavina: si inizia da una piccola frana, ovvero da una piccola riforma costituzionale, e poi si arriva a una valanga che travolge l’intero sistema. Lo conferma il fatto che siamo passati rapidamente dall’ipotesi di una nuova legge elettorale alla riforma del Senato e del Titolo V. E in questi ultimi giorni abbiamo letto di proposte che toccano anche la forma di governo, come quella sul premierato forte.
Il ministro per le Riforme Boschi ora smentisce. Pare invece che nella bozza di riforma ci sia la ghigliottina sui provvedimenti, cioè l’imposizione di un termine 60 giorni per varare i ddl del governo, pena la loro votazione senza modifiche…
Anche questo è un tentativo di limitare ulteriormente la voce del Parlamento. Se abbiamo un problema di crisi costituzionale è che negli ultimi 20 anni le Camere hanno contato sempre meno. Una buona riforma dovrebbe estendere i poteri del Parlamento, il contrario di quello che si tende a fare. La ghigliottina non è solo una metafora: è un modo di tagliare la testa al dibattito, una fiducia rafforzata, in un Paese dove il ricorso al voto di fiducia è assolutamente eccessivo.
Nella Direzione del Pd, Renzi ha sostenuto: “I cittadini non amano questo eccesso di livelli di governo. E poi mille parlamentari sono troppi”.
Si vuole scaricare sulla Carta la profondissima crisi della politica e del sistema dei partiti, della classe dirigente. Le Costituzioni hanno l’ambizione di limitare i poteri: capisco che questo ad alcuni poteri dia fastidio.
Il taglio della Province non è utile?
Il vizio principale di questo testo di riforma nasce dal fatto che l’unica logica è quella di tagliare le teste ai senatori e ai consiglieri provinciali. Ma la Carta pretende che innanzitutto si ragioni di funzioni: nessuno mi ha spiegato a chi andrebbero date quelle delle Province. E poi c’è il tema del Senato: vorrei sapere cosa se ne vuole fare.
Renzi però insiste e va di corsa. Le pare un uomo forte, o un uomo che prova a diventarlo?
Io spero che sia più attento alla Costituzione. Questa sua irruenza, questa sua volontà di velocità nel cambiamento, gli impedisce di vedere la direzione in cui procede. Per fare una riforma costituzionale di qualità non bisogna essere rapidi. E questo lo dimostra anche il continuo mutare della bozze, segno evidente della debolezza di questo progetto.
La Costituzione ha bisogno di aggiustamenti?
Come spiegava Leopoldo Elia, un costituzionalista raffinato, il vero tema è sempre quello dell’equilibrio dei poteri. Negli ultimi anni c’è stato un forte squilibrio a favore del governo, a colpi di voti di fiducia e maxiemendamenti, che va compensato. Bisogna ripartire dalla razionalizzazione della forma di governo, come sosteneva già il giurista Perassi nell’Assemblea costituente.
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