Il caos politico e istituzionale conviene sempre a qualcuno e a un progetto che sul momento è difficile da individuare, ma che c’è. Bisogna farsene una ragione e dunque domandarsi, fin che siamo ancora in tempo, dove si va a finire e in quale compagnia.
Lasciamoci dunque alle spalle le giornate della vergogna con la condanna senza alcuna esitazione, delle parole e delle azioni violente che hanno occupato il Parlamento, il web, le trasmissioni televisive. Cerchiamo di superare il disagio per la forzatura del regolamento, che c’è stata. E rifugiamoci nella speranza che i giorni della vergogna non si ripetano, e che tutti abbiano imparato una lezione di democrazia. Difficile, ma proviamoci.
Fra quali cocci ci troviamo oggi a doverci muovere e quali sono le tappe più vicine di questo viaggio nel deserto a cui questa classe politica sta costringendo un paese già stremato come il nostro? Quali sono le macerie che ci lasciano in eredità i giorni della vergogna? Sono domande a cui è molto difficile dare una risposta, ma che forse ci aiutano a individuare quel progetto che fa di tutto per sfuggire dal nostro orizzonte.
E’ stata chiesta a gran voce una verifica di governo. Infatti è abbastanza scontato che non si capisce più quale sia la maggioranza, quale sia l’opposizione, che cosa sia che distingue, dopo l’accordo sulla legge elettorale, i rispettivi progetti in materie così importanti, come quelli istituzionali sui quali i cittadini elettori non hanno mai avuto la possibilità di esprimersi. Nel senso che progetti come le riforme di tutta la seconda parte della Costituzione non hanno fatto parte (se non in maniera molto generica e superficiale) di programmi elettorali. La direzione del Pd esaminerà tra poche ore i dettagli della riforma sulla quale nessun elettore del Pd, se non andremo a elezioni anticipate, avrà espresso un suo giudizio.
E siccome tutta questa materia dovrà passare attraverso l’esame e l’approvazione secondo l’articolo 138 della Costituzione, c’è da sperare che almeno su questi temi non si sperimentino scorciatoie o tentativi di bloccare o limitare la discussione e l’esame.
Sappiamo per ora in modo abbastanza vago che Matteo Renzi vuole l’abolizione del Senato come Camera eletta, sostituita da rappresentanti delle Regioni, dei comuni, e anche di una parte di cittadinanza. Il compito di questo nuovo senato sarebbe sostanzialmente quello di occuparsi delle questioni che riguardano il territorio nel senso delle Regioni e dei rapporti con lo Stato. Non si tratta dunque di una semplice “riduzione del bicameralismo perfetto”, utile per rendere più rapido il processo legislativo, ma di una vera e propria “rivoluzione” della Costituzione attuale. In linea, del resto, con il pesante giudizio che ne dette nel maggio scorso la J.P.Morgan, quando stigmatizzò le costituzioni europee nate dopo la dittatura fascista perché ree di produrre governi deboli, diritti sindacali protetti per Costituzione. E in Italia, in particolare, alla Costituzione si addebitava la nascita di partiti “populisti”. All’Italia si chiedeva di impegnarsi nell’anno a venire in una “meaningful political reform”.
Noi di Leg abbiamo già avuto modo di esporre la nostra avversione per la chiusura del Senato e la fine immediata delle garanzie importanti che l’esistenza di una seconda lettura ha sempre dato al nostro sistema parlamentare. Abbiamo invitato le forze politiche a cercare soluzioni possibili e abbastanza semplici che eliminino l’automatica doppia lettura lasciandola per casi eccezionali, leggi costituzionali, dichiarazioni di politica estera, diritti civili. E dando al Senato il compito importante di controllo su nomine pubbliche e commissioni d’inchiesta, ad esempio sulla corruzione che ci affoga.
Il progetto di Berlusconi, secondo quanto lui stesso ha riferito dopo l’incontro con Renzi, è invece il seguente: “Elezione diretta del Capo dello Stato; una sola Camera con meno componenti che impieghi al massimo 120 giorni per approvare una legge, modificare l’assetto della Costituzione; cambiare la composizione della Corte Costituzionale…”. Si dirà: è la solita zuppa, che ogni volta lui prova a far ingoiare.
Torniamo all’aria che tira, al caos in Parlamento e fuori dal Parlamento e chiediamoci allora dove si va a finire: i sondaggi, per quel che valgono, non escludono, se si votasse in questo tempo, una vittoria del centrodestra, questo centro destra.
Ecco perché la direzione del Pd di domani, che deve definire il progetto di riforma della Costituzione, è molto importante. Vorremmo sapere se esistono dei “paletti”, dei “non possumus” nel disegno renziano. Oppure se si va avanti alla cieca, consentendo al resuscitato cavaliere di resuscitare il suo antico progetto di mettere le mani nel profondo della Costituzione, facendone quello che fino ad oggi gli italiani gli hanno impedito di fare.
Il caos è sempre risultato utile soltanto a chi aveva finalità oscure e interessi particolari da portare a termine e la bagarre porta acqua al mulino di chi invoca l’uomo forte e meno garanzie per tutti. E’ proprio ciò che meno si addice allo “spirito costituente” di antica memoria. Ma è venuto il momento che questa “riforma” della Costituzione e gli accordi e le intese che sono stati presi attorno ad essa siano resi pubblici e siano a tutti leggibili sui documenti dei singoli partiti.
Sperando che si eviti di cadere ancora nelle trappole parlamentari tanto utili ai veri nemici della Costituzione.
La discussione, d’ora in poi, merita trasparenza, rispetto delle regole e anche rispetto dei cittadini. E la coscienza della posta in gioco: la Repubblica parlamentare.
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