ADESSO Silvio Berlusconi è solo davanti alla crisi di sistema che sta provocando. Anche se ha costretto i suoi parlamentari a firmare dimissioni in bianco per tentare un ultimo atto di forza che è in realtà una dichiarazione estrema di debolezza e di paura, è istituzionalmente solo.
La minaccia di un Aventino di destra ha infatti costretto il Capo dello Stato a denunciare “l’inquietante” strategia della destra, l’“inquietante” tentativo di forzare il Quirinale a sciogliere le Camere, la “gravità e l’assurdità” di evocare colpi di Stato e operazioni eversive contro Berlusconi, ricordando infine che le sentenze di condanna definitive si applicano ovunque negli Stati di diritto europei, così come Premier e Presidente della Repubblica non possono interferire con le decisioni di una magistratura indipendente, nel mondo in cui viviamo.
La gravità di questo richiamo, su elementari principi di democrazia, segnala l’emergenza istituzionale in cui siamo precipitati. Bisognava fermare per tempo — istituzioni, opposizioni, intellettuali, giornali, un establishment degno di questo nome — la progressione di un’avventura politica che costruiva se stessa come sciolta dalle leggi, dai controlli, dalle norme stesse della Costituzione: disuguale nella pratica abusiva, nel potere illegittimo e nella norma deformata secondo il bisogno. Ora si vedono i guasti, con la disperata pretesa di unire in un unico fascio tragico i destini di un uomo, del governo, del parlamento e del Paese, nell’impossibile richiesta di salvare dalla legge un pregiudicato per crimini comuni.
Bisogna fermarlo, subito. Tutte le forze che si riconoscono nella Costituzione devono dire basta, difendere i fondamentali della Repubblica, respingere l’estorsione politica, sconfiggere questa anomalia nel parlamento, nella pubblica opinione, nel voto. In Occidente non c’è spazio per questo sovvertimento istituzionale, per questa eversione bianca strisciante e ora firmata e conclamata.
Chi non la combatte è complice.
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