L’anno scorso Sandra Bonsanti e Matteo Renzi ebbero un vivace scontro politico sulle pagine fiorentine di Repubblica. Lei gli chiese di essere più chiaro sull’antiberlusconismo, lui rispose dicendo di non essere ossessionato dal Cavaliere, ma di volerlo battere politicamente. Da quel luglio 2012, ne sono capitate parecchie: oggi la leadership di Renzi è in crescita e Pd e Pdl governano insieme.
A Bonsanti, presidente di «Libertà e Giustizia» e tradizionalmente vicina alla sinistra italiana, chiediamo: è il tempo della pacificazione fra Pdl e Pd, ma partiti e ministri già litigano...
«Forse era sbagliato parlare di pacificazione fin dall’inizio. Le cose che hanno fatto nell’abbazia a Spineto le potevano fare a Palazzo Chigi. Mi viene in mente quello diceva mio padre, sindaco di Firenze, dopo una vita spesa sui libri: la cosa più difficile è costringere gli assessori a stare attorno a un tavolo a studiare….A meno che l’incontro sia servito per non fare andare i ministri del Pdl a qualche manifestazione in Italia…».
Che pensa di Guglielmo Epifani segretario del Pd?
«Nel Pd hanno cercato di trovare un accordo attorno a una figura che fosse fuori dalle liti, dalle fazioni, che nel Pd mi sembrano però più determinate che mai a non perdere neanche un po’ del loro potere. Quei 101 che non hanno votato Prodi nel segreto delle urne per il Quirinale pesano come un macigno sulla vicenda politica. Dovrebbero uscire allo scoperto».
Ora come possibile leader avanza Renzi…
«Proprio perché la sua leadership è sempre più riconosciuta da tutti, vorrei dargli un consiglio. Matteo, cerca di non crearti anche tu una corrente che diventi un nucleo di potere; dai l’esempio, sii trasversale».
Nel luglio dell’anno scorso lei duellò duramente con Renzi. Oggi che cos’è cambiato?
«In quella lettera chiedevo a Renzi di spiegare che cos’era questo suo ‘non detto’ su Berlusconi. Era andato ad Arcore, nessuno aveva ben capito il motivo di tanta segretezza nell’incontro. Oggi la situazione è molto più chiara: è vero che c’è un governo in cui si fanno le cose insieme, ma non mi pare che adesso Renzi abbia predicato un avvicinamento a Berlusconi».
Quindi Renzi non è più un berluschino?
«Non ho mai detto che fosse un berluschino, ho sempre cercato di chiedergli chiarezza. Continueremo a chiederla se dovessero esserci motivi di ambiguità».
La convince lo spostamento a sinistra di Renzi?
«Siamo tutti confusi, destra e sinistra. È inevitabile che lui parli di lavoro e disoccupazione; non può fare il sindaco di Firenze senza parlarne. È una città così duramente colpita, basta uscire di casa e vedi negozi che chiudono…».
Ma lui vuole fare il premier.
«Per ora è sindaco. Se questo governo durerà e poi salterà ci sarà uno scontro fra Renzi e Letta. A quel punto bisognerà vedere chi sosterrà la vecchia generazione del Pd».
Vorrebbe Renzi leader del Pd?
«Io desidero un partito totalmente diverso; questo Pd non mi interessa e non mi interessa neanche chi sono i suoi leader. Questo è un partito che si prefigge di fare la riforma della Costituzione con chi scende in piazza contro la magistratura. Non è il mio partito, anche se non ne ho un altro: in Toscana ho visto succedere di tutto».
A che cosa si riferisce?
«Mi riferisco alle distribuzione delle presidenze di commissione in Parlamento; sono fatte ingiustizie abbastanza evidenti. Susanna Cenni, una molto preparata per guidare la commissione Agricoltura, è stata sacrificata per altri interessi. E mi riferisco anche ai sottosegretari: la distribuzione dei posti nel Pd è ancora strenuamente costruita sulle incrostazione di potere. Alcune più vecchie, altre più recenti: sarebbe bene che non ci fossero».
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