Negli ultimi anni gruppi politici e qualche settore della società civile hanno dimostrato una particolare attenzione a rivedere alcune norme della Carta costituzionale, modifiche che implicitamente danno un significato diverso ai principi e ai diritti in essa racchiusi.
L’Assemblea costituente, l’organo legislativo che si è occupato e preoccupato della stesura della Costituzione, ha creato uno strumento che può e deve essere adeguato a nuove situazioni, a nuove sensibilità, mantenendo però inalterati i suoi principi: si prevede la possibilità di adattare la Costituzione all’evoluzione della società, non alla volizione delle società, delle consorterie.
La sospensione delle tutele e dei diritti — tra i quali, a seguito dell’introduzione del «pareggio di bilancio», quello alla salute, all’istruzione, alla mobilità — crea cittadinanze diverse, perché i ricchi possono fare a meno dei servizi pubblici, rivolgendosi al privato per avere salute, scuola, trasporti, comunicazione e ciò che vorranno, mentre si calpesta il principio di uguaglianza — formale e sostanziale — enunciato dall’articolo 3 della Costituzione. Un altro articolo depauperato, assieme al primo, in un’Italia dove la finanza ha tolto lavoro e valore al lavoro, trasformando il nostro Paese da «una Repubblica democratica fondata sul lavoro» a una Repubblica monocratica affondata dalla finanza.
Roberta Corradini
condivido le sue opinioni. Se la può confortare, proprio di questi tempi l’associazione «Libertà e Giustizia» sta dedicando grande attenzione a tali temi, soprattutto in vista della prossima riforma costituzionale progettata dall’attuale maggioranza governativa e al cui interno vi è il principale obiettivo di dare maggiori poteri all’esecutivo (questione che, a mio giudizio, interessa più il potere partitico che i cittadini).
I principi fondanti della Costituzione sono sacri e sono anche obiettivi a cui tendere in un costante miglioramento. Svuotarli surrettiziamente è dunque anche per me una violazione della Costituzione che invece viene spacciato spesso per adeguamento ai tempi. La Costituzione, poi, parla chiaro anche a proposito dei referendum abrogativi e del loro valore. Ciò nonostante questo principio è stato bellamente aggirato. L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti — ad esempio — è stato voluto con un referendum dalla stragrande maggioranza dei cittadini. Cambiando la definizione ma non la sostanza, dai partiti è stato tuttavia mantenuto introducendo il rimborso elettorale. Idem, ad esempio, per l’abolito ministero dell’Agricoltura che continua a esistere sotto altro nome.
Come vede, le violazioni della Costituzione possono avere molte forme e come protagonisti gli stessi che dovrebbero difenderla. La conclusione è che tutti i cittadini che credono nella nostra Costituzione devono non solo vigilare ma anche farsi sentire ogni volta che la vedono in pericolo.