Qualche giorno fa ci chiedevamo: ma il confronto sulla legge elettorale c’è davvero? Cioè, i partiti che dichiarano di voler cambiare quelle norme porcellum della Calderoli, stanno davvero lavorando per trovare una soluzione? Abbiamo proposto le domande e i dubbi di Libertà e Giustizia a Gianclaudio Bressa, il deputato Pd capogruppo in commissione Affari costituzionali, al quale il segretario Pierluigi Bersani ha affidato il compito di elaborare (insieme a Luciano Violante) le proposte tecnicamente adeguate per modificare la legge elettorale.
“Un confronto vero e proprio tra tutte le forze politiche non c’è stato, tuttavia abbiamo lavorato all’interno del Pd (c’è l’intesa) e fatto dei passi avanti nella ricerca delle soluzioni” spiega Bressa. “L’attuale legge elettorale è assolutamente inaccettabile non solo perché i cittadini non possono scegliere i parlamentari che vengono, invece, nominati; ma anche perché il premio di maggioranza così come viene regolato adesso è una mostruosità: se alle elezioni si presentano tre o più schieramenti importanti, può accadere che un partito o la coalizione vincente col 35 per cento, ottenga, con poco più di un terzo dei consensi, un premio del 20 per cento per raggiungere il 55 per cento, cioè 100 seggi in più. È un’assurdità inaccettabile, che, fra l’altro, consentirebbe al Polo vincente, anche di eleggere il Presidente della repubblica. In molti partiti e rappresentanti politici è ormai maturata la convinzione che un premio di maggioranza così spropositato, senza una soglia minima di voti ottenuti, rappresenta un unicum nel panorama internazionale ed è chiaramente contrario alle più elementari regole democratiche”.
Finalmente! Almeno tra i partiti di opposizione c’è adesso la consapevolezza che questa legge elettorale ferisce la Costituzione. Quali i prossimi passi, dunque?
“Nelle prossime settimane, se davvero si dovesse arrivare alla caduta del governo Berlusconi, l’eliminazione del premio di maggioranza come è regolato oggi, diventerebbe la pietra angolare attorno alla quale costruire una legge elettorale diversa e rispettosa della Costituzione e degli elettori. Che può essere fondata su collegi uninominali, doppio turno, recupero proporzionale, diritto di tribuna. Un premio di maggioranza che abbia legittimità, senza alterare la rappresentanza politica, non deve essere superiore al 10 per cento, a mio parere, quindi con una soglia minima di voti del 45-47 per cento (per ottenere il 55% dei seggi). È una soluzione. Il professor D’Alimonte, invece, pone la soglia al 40 per cento, quindi concedendo il 15 per cento di premio, e ciò potrebbe costituire una forte alterazione della volontà popolare”.
Ma le forze di maggioranza e il presidente del consiglio non solo non vogliono modificare la legge, ma addirittura propongono di peggiorarla, prevedendo il premio su base nazionale invece che regionale, com’è adesso al Senato, secondo Costituzione (per scongiurare il pericolo per il centrodestra di non vincere a palazzo Madama).
“Questa idea del Pdl è chiaramente una mossa tattica che mira a mantenere la legge elettorale com’è adesso. È una specie di batteria…. ‘contraerea’ per lasciare le cose immutate e garantire al meglio le aspettative di Berlusconi, che naturalmente è uno strenuo difensore di questa legge elettorale, che peraltro non ha garantito neppure la stabilità del governo (come è stato dimostrato nelle due più recenti elezioni nazionali). Non si capisce perciò perché continuare a votare con queste regole
abnormi e antidemocratiche”.
Non sarebbe più semplice tornare alla legge elettorale “Mattarellum”, approvando una norma di due righe che abolisce il “porcellum” e ripristina le regole precedenti (come ha suggerito anche il giurista Zagrebelsky)?
“Non avrei difficoltà verso questa soluzione, ma non tutte le forze politiche sono disponibili ad un ritorno al Mattarellum, anche nell’opposizione: l’Udc, per esempio, non è d’accordo, e l’Idv ha fatto capire che non sarebbe la scelta preferita. Eppure è stata una legge che aveva dato buona prova nelle consultazioni, aveva una sua coerenza come capacità di rappresentanza e di tenuta democratica”.
Il segretario Bersani ha detto che, sulla legge elettorale, “quando sarà l’ora, ci sarà la quadra”. E anche il leader dell’Udc Casini ha osservato che “nei seminari di studio, l’accordo non ci sarà mai, mentre al momento della crisi ci arriveremmo in dieci minuti”. Ma se Berlusconi non si dimette a metà dicembre, quali possibilità ci sono di approvare una nuova legge elettorale?
“Voglio essere chiaro: se Berlusconi cade e si riesce a formare un altro governo, di transizione o di responsabilità nazionale, sono sicuro che ce la faremo a varare le nuove norme. Con Berlusconi in carica, invece, andremo alle elezioni con questa legge elettorale”.
E sarebbe un altro colpo di piccone al sistema, e ai principi della Costituzione.