Siamo la terra dei primati invertiti. Nonostante i messaggi rassicuranti diffusi dal premier e dal suo ministro Tremonti risultiamo ultimi nelle graduatorie europee per retribuzioni, assistenza ai disoccupati, sostegno ai minori e alle famiglie numerose o disagiate. Cronicamente afflitti dalla piaga del divario nord/sud che invece di assottigliarsi diventa ogni anno più profondo e incolmabile. Inferiori a qualsiasi altra nazione negli indicatori delle pari opportunità: benché si laureino con voti migliori, le donne giovani sono penalizzate persino nel lavoro precario rispetto ai colleghi uomini ed è frequentissimo che dopo la prima gravidanza non riescano a mantenere un´occupazione. Leggiamo poco, ci informiamo ancora meno, guardiamo troppa tv e siamo sempre meno attratti dalla politica. A dirlo, citando cifre, statistiche e classifiche, è il presidente della Commissione di indagine sull´Esclusione Sociale Marco Revelli: «Il numero degli indigenti ha ormai oltrepassato la soglia degli 8 milioni», sostiene. L´Italia del 2010 è un paese che sta diventando povero dal punto di vista economico e ancora di più da quello culturale, dominato com´è da quella che il direttore di Repubblica Ezio Mauro definisce “la grande anomalia berlusconiana”. E´ stato lui ieri a chiudere il convegno organizzato da Libertà e Giustizia e Passato e Presente. Una riflessione a 360 gradi su “Società e Stato nell´era del berlusconismo” promossa da Sandra Bonsanti, Paul Ginsborg e Gabriele Turi che ha riunito a Firenze per tre giorni studiosi, docenti universitari, esperti di comunicazione, giornalisti e sociologi. Al dibattito animato da associazioni create dalla società civile non ha assistito neppure un politico, ad eccezione del presidente della Regione Enrico Rossi, ieri seduto in platea, che insieme agli assessori della sua giunta ha contribuito con un´offerta personale alle spese dell´iniziativa. Peccato che nessuno dei parlamentari o degli amministratori toscani abbia mostrato un po´ di curiosità nei confronti del primo vero tentativo di analizzare in chiave scientifica un fenomeno che attraversa l´Italia da sedici anni, con cui la sinistra – questo il rilievo critico emerso in molti degli interventi, a cominciare da quello di Travaglio – ancora non sembra attrezzata a fare i conti.
«Da vent´anni camminiamo su un piano inclinato», spiega l´economista Revelli, «anche se fino all´esplosione della crisi le aziende facevano grandi profitti, che non producevano né aumenti di salario per i dipendenti né investimenti sul futuro». Sono i segni di un paese in declino, la sensazione di camminare verso un baratro oggi è forte e diffusa. E se persino noi cominciamo a dubitare di farcela, vista da fuori l´Italia di Berlusconi appare una sorta di schizofrenia istituzionale. «Com´è possibile che agli italiani non importi nulla del conflitto d´interessi del presidente del Consiglio?», si chiede Steve Scherer, giovane corrispondente in Italia di Bloomberg News, nativo dell´Indiana. «A livello internazionale Berlusconi è famoso per le sue gaffe e le sue avventure sessuali», racconta, «ma in America quello che fa più scalpore è che negli incontri con gli altri leader tratti i propri, senza che queste sue sbandierate amicizie producano effetti positivi sui commerci del paese».
C´è anche una parte di italiani che si ribella a questo dominio politico-economico-mediatico accentrato su una sola persona. Ma è alla società che invece sonnecchia distratta e indifferente che la presidente di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti lancia il suo appello: «Tutti noi abbiamo il dovere di mobilitarci, senza aspettare che siano i partiti a prendere l´iniziativa. La nostra voce, quando diventa un coro, riesce a fare molta paura. Difendere la democrazia, la legalità e la Costituzione è il nostro solo obiettivo».
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