“Il sistema elettorale di oggi non regge, e non aiuta certo la politica a uscire dalle sue difficoltà”. Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, intervenendo ai corsi di aggiornamento per i giornalisti parlamentari che si svolgono settimanalmente a Montecitorio. “Il sistema attualmente in vigore con le liste bloccate – ha aggiunto con forte vis polemica – espropria il corpo elettorale di ogni possibilità di scegliere realmente i propri rappresentanti. E la Costituzione dice che il Parlamento viene eletto, non nominato”.
Mancino ha difeso il sistema proporzionale (o eventualmente misto, come il precedente sistema, il “mattarellum”) perché quello maggioritario “può diventare, in alcuni casi, l’anticamera della dittatura”. Oltretutto, ha notato, un altro limite dell’attuale sistema è quello di “non mettere un tetto oltre il quale scatta il premio di maggioranza. Così facendo si rischia di regalare il premio a chi prende sono il 33-35%”. Il vicepresidente del Csm ha poi ricordato di aver “combattuto duramente il sistema attualmente in vigore” ma di non esserne corresponsabile: “Ero sì ministro dell’Interno, ma il governo si considerava estraneo ad una scelta che non spettava all’esecutivo ma al Parlamento”.
Mancino ha quindi difeso l’attuale struttura e natura del Csm: “Sono caratteristiche che credo debbano essere mantenute, malgrado i pur legittimi progetti di riforma”. Respinte anche altre due ipotesi. No alla divisione in due del Consiglio (uno per i Pm, l’altro per i giudici): “L’unicità dell’organismo va mantenuta perché garantisce l’unità della cultura giurisdizionale che accomuna magistratura requirente e magistratura giudicante”. E no alla balzana idea del “sorteggio” tra tutti i magistrati in luogo della elezione dei componenti il Csm: “Sarebbe come pensare non di eleggere ma di sorteggiare chi deve fare il deputato e il senatore”. Infine, “ è positivo” l’attuale rapporto due terzi/un terzo tra togati e “laici”. Piuttosto per il vicepresidente del Csm “si potrebbe prevedere che il Capo dello Stato sia coinvolto nella scelta di una parte dei membri del Consiglio”.
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