Un altro aspetto, meno noto ma ugualmente grave, dello scandalo della cricca che faceva capo al costruttore Diego Anemone, appena scarcerato ma sempre in libertà vigilata, e al direttore generale dei Lavori pubblici Angelo Balducci, che invece resta ancora in carcere, attende da due anni esatti un chiarimento da parte del presidente del Consiglio in persona, Silvio Berlusconi. In pratica: sarebbe opportuno sapere se, come e quando il gruppo Anemone (consociate e subappaltatori compresi) era in possesso del Nosc, il famoso nulla osta sicurezza complessiva, senza il quale non si possono gestire appalti pubblici in edifici destinati a compiti istituzionali o comunque protetti dal segreto o da apparati appunto di sicurezza.
Già il 27 maggio 2008 il deputato del Pd Antonio Rugghia aveva sollevato la questione in una interrogazione bellamente ignorata dal Cavaliere. Ora Rugghia torna alla carica con un’altra interrogazione, questa volta molto documentata: date, luoghi d’intervento, cifre degli appalti. Dodici esattamente, almeno quelli a conoscenza del deputato democratico che sottolinea come l’inosservanza delle disposizioni (emanate dalla stessa presidenza del Consiglio e la cui esecuzione è affidata agli organi di intelligence) possa comportare danni all’economia, alla difesa e alla sicurezza dello Stato oltre che al patrimonio di tecnologie destinate a garantire l’inviolabilità. E veniamo agli appalti affidati ad Anemone tra il 2002 e il 2009.
– ristrutturazione degli ambienti destinati alla Sala Situazioni, all’area di crisi, agli uffici e all’archivio del ministero dell’Interno; valore dell’appalto: 2 milioni e 494mila euro; 19 settembre 2002;
– adeguamento dei locali sala stampa, sala conferenze e locali limitrofi di Palazzo Chigi, committente la presidenza del Consiglio; valore: 3 milioni e 102mila euro; 13 novembre 2002;
– sistemazione, ristrutturazione, riqualificazione della sala conferenze della palazzina Trevi e della palazzina della direzione dell’Istituto superiore della polizia; valore 999mila euro; 13 novembre 2002;
– ristrutturazione, adeguamento funzionale e finitura dell’edificio demaniale di Villa Madama in uso al cerimoniale diplomatico della presidenza del Consiglio; valore 776mila euro; 22 novembre 2002;
– risanamento igienico ed eliminazione infiltrazioni d’acqua del commissariato di Ps di Santo Stefano del Cacco a Roma, committente il ministero dell’Interno; valore 1 milione e 820mila euro; 30 dicembre 2002;
– riqualificazione scala e corridoi della palazzina dell’Unità di crisi della caserma dei carabinieri Palidoro a Tor di Quinto, Roma; valore 1 milione e 627mila euro; 5 febbraio 2003;
– realizzazione di un ambiente adibito a sala gestione Grandi crisi del ministero dell’Interno; valore 274mila euro; 16 novembre 2003;
– ristrutturazione, adeguamento funzionale e impianti integrati di sicurezza della caserma Zignani, sede del Sisde a Roma; valore circa 8 milioni e mezzo; 28 luglio 2004;
– integrazione degli impianti di sicurezza ancora caserma Zignani; valore 3 milioni e 221mila euro; 27 dicembre 2004;
– realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Sassari; valore 43 milioni e 824mila euro; 17 maggio 2006;
– riqualificazione della palazzina di piazza Galeno in Roma in uso al Comando generale della Guardia di finanza; valore 818mila euro; 11 gennaio 2008;
– costruzione del padiglione per i detenuti al 41-bis del carcere di Sassari; valore 14 milioni e 279mila euro; 25 novembre 2009.
E per finire, vi siete per caso chiesti perché sono citate sempre anche le date della concessione degli appalti? Quelle date corrispondono sempre (tranne in un caso: era in corso lo scambio delle consegne con Prodi) alla vigenza di un governo – il secondo, e poi il terzo, e poi quello in carica – presieduto da Silvio Berlusconi; e, particolare non meno significativo, ben spesso lavori appaltati dal ministero dell’Interno sono stati assegnati quando al Viminale c’era Claudio Scajola. Già, quello che acquistò la casa vista Colosseo con ottanta assegni staccati proprio da Anemone…
IL FEDERALISMO FISCALE E VESPASIANO
Questo FEDERALISMO fiscale viene osannato come una conquista riformatrice della Lega, fortissimamente voluto da Umberto Bossi.
Se posso dire amabilmente la mia, come Fantozzi la disse sulla “Corazzata Potëmkin, neL film “Il Secondo tragico Fantozzi”: «È UNA CAGATA PAZZESCA!».
Lo stesso penserei io del FEDERALISMO fiscale.
OPPOSIZIONE E LE CRITICHE- Un testo migliorato ma non soddisfacente per il capogruppo del Pd, Dario Franceschini che così spiega la scelta di astenersi del suo partito: «è utile mantenere l’unico spazio di confronto sul merito che abbiamo in Parlamento». …
Più dura la critica dei Verdi, sia sul contenuto sia sull’appoggio dato da Di Pietro al decreto. «Il Federalismo demaniale non è nient’altro che una mega svendita dei beni di stato consentendo una speculazione senza precedenti – dice il presidente dei Verdi Angelo Bonelli -. I Comuni, infatti nell’80% dei casi saranno costretti alla vendita non solo per ripianare il debito ma anche perché i deficit di comuni, province e regioni non consentono di sostenere i costi di manutenzione e gestione dei beni». Quanto all’Idv «la decisione è vergognosa. Sono inaudite sciocchezze quelle dette da Di Pietro per cui siccome i beni del Demanio rendono poco allora meglio venderli. Non viene in mente a Di Pietro che invece di regalare il patrimonio di Stato ai poteri forti si poteva fare una riforma per far pagare i giusti canoni per le concessione demaniali e le sorgenti idriche?» (Il Corriere).
Il demanio marittimo, nelle mani delle Regioni, Provincie o Comuni, frutterebbe introiti maggiori, costringendo gli affittuari a sborsare fior di milioni per le concessioni che arricchiscono i locatari ma non le Regioni.
Certo, sarà facile aumentare i balzelli a carico dei gestori delle concessioni demaniali, come sarà facile per i concessionari gravare sui cittadini che già oggi si vedono precludere l’accesso al mare divenuto COSTOSISSIMO.
Insomma, come tutti i salmi, anche con questo FEDERALISMO finiremmo in GLORIA: supertasse.
Anche l’aere è demanio pubblico: a quando un balzello sull’aria respirata?
Vespasiano ebbe la brillante idea di inventare i “VESPASIANI”, raccogliere l’urina per l’urea che sarebbe servita alle lavandaie a sbiancare i panni: lo Stato (l’Imperatore) ci fece un sacco di soldi.
Da qui la battuta ironica: “ pecunia non olet!”.
Risposta che Vespasiano diede al figlio Tito che criticava l’iniziativa fiscale, mettendogli una moneta appena riscossa dalla tassa sull’orina, sotto al naso.
Celestino Ferraro
Ma tutti questi appalti saranno stati dati sicuramente all’insaputa di Scajola!